Consiglio di Stato – Sentenza n. 1057 del 04 marzo 2015

 

Concorso DS prova preselettiva definitivamente salva

 

Con la sentenza n. 1057-2015 il Consiglio di Stato, sez. VI, depositata il 04/03/2015, si è nuovamente pronunciato su tutte le questioni agitate in merito alle presunte “anomalie” registratesi nel corso e sulle modalità di svolgimento della prova preselettiva del Concorso Ds, rigettando ogni eccezione, anzi, definendo le stesse delle “mere illazioni”.

Ciò ha fatto attraverso le seguenti motivazioni: ”

I) Gli appellanti, in epigrafe indicati, chiedono la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto il ricorso proposto avverso la mancata ammissione alle prove scritte del concorso per dirigente scolastico bandito con decreto dirigenziale del 13 luglio 2011.

Espomgono che dopo che numerosi quesiti ritenuti errati sono stati eliminati dal Ministero pochi giorni prima dell’espletamento della prova preselettiva, questa si è tenuta il 12 ottobre 2011, mediante il sorteggio delle relative domande, alle quali i candidati dovevano rispondere mediante l’annerimento delle caselle riportate su un foglio a lettura ottica, previa ricerca su un apposito libro.

All’esito della prova i ricorrenti non sono stati ammessi alla successiva fase concorsuale.

Il ricorso presentato avverso tale esito, e i motivi aggiunti relativi al successivo sviluppo della procedura, fino al risultato delle prove orali e alla conseguente graduatoria dei vincitori, sono stati respinti dal Tribunale amministrativo con la sentenza oggetto dell’odierno appello, sentenza che merita conferma, anche alla luce delle decisioni di questo Consiglio di Stato, pronunciate su casi attinenti alla medesima procedura concorsuale (per tutte, sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4670) .

II.1) Non è fondato il primo motivo d’appello, relativo alla pretesa farraginosità della procedura e all’esiguità del tempo a disposizione dei candidati per rispondere alle domande.

Le modalità di espletamento delle prove preselettive, che si concretizzavano nella risposta mediante barramento della casella corrispondente previa ricerca sul cosiddetto “librone”, sono in parte infondate e in parte inammissibili per genericità, e in ogni caso, essendo relative al merito della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, non sono sindacabili nel giudizio amministrativo, una volta appurato che non hanno comportato alcuna violazione del principio della par condicio tra i concorrenti; di conseguenza, infondate sono le censure di violazione dell’articolo 8 del bando di concorso. Del pari infondata è la censura relativa alla pretesa esiguità del tempo a disposizione per rispondere alle domande, posto che, come ha rilevato il Tribunale amministrativo, l’adeguata preparazione domestica ben avrebbe garantito il sapiente impiego del tempo a disposizione (impiego che è esso stesso un metro di giudizio), come hanno dimostrato i candidati che hanno superato la preselezione.

II.2) Neppure la successiva censura, attinente alla circostanza che il “librone” riportava anche i quesiti errati già eliminati dal Ministero è condivisibile.

Come ha rilevato la sentenza impugnata, l’eventuale incertezza determinata da tale circostanza non inciderebbe sulla par condicio dei concorrenti, tutti chiamati a rispondere sui medesimi quesiti. Al riguardo è da rilevare che l’Amministrazione ha esaurito il suo compito di assicurare un corretto andamento della prova preselettiva proprio con la rettifica dei test, che hanno posto tutti i concorrenti, come si è detto, dinanzi alla medesima prova.

II.3) Con un successivo gruppo di censure i ricorrenti deducono la mancata contestualità delle prove, che avrebbero avuto inizio in orario non identico nella diverse Regioni, con conseguente violazione del principio di segretezza. In assenza di qualsivoglia elemento probatorio circa le interferenze che si sarebbero verificate sia tra le varie sedi, o circa le circostanze di fatto che possano aver consentito o siano idonee a supportare tale asserzione, la censura è genericamente formulata e quindi inammissibile; è inoltre anche infondata, data la ragionevole eventualità che situazioni concrete giustifichino eventuali ritardi. Per analoghi motivi sono da respingere la censura attinente alle pretese interferenze tra candidati e personale addetto alla vigilanza, determinate dal fatto che molti candidati hanno espletato la prova presso la sede dove prestano servizio, e quella relativa alla possibilità di apertura delle buste da parte dei componenti del comitato di vigilanza, censure che non superano la soglia della mera illazione.

II.4) Gli appellanti ripropongono poi motivi attinenti alla correttezza della valutazione delle risposte fornite dai candidati, e all’incompletezza e/o cattiva formulazione delle domande.

Anche sotto tale aspetto l’appello è infondato, posto che, come è stato rilevato nella rammentata sentenza n. 4670 del 2014, le risposte esatte ritenute tali dall’Amministrazione sono state pubblicate in anticipo e la loro conoscenza era acquisibile da tutti i candidati . Perciò, la valutazione che l’Amministrazione ha seguito nella procedura in esame non è censurabile in giudizio dato che, nel solco di una giurisprudenza da cui il Collegio non intende discostarsi (ex multis, Consiglio di Stato, sezione VI, 5 aprile 2013, n. 1883) rientra nelle competenze valutative specifiche degli organi dell’Amministrazione a ciò preposti individuare la risposta corretta, tutte le volte che, come nella fattispecie in esame, essa sia frutto di una visione culturale, scientifica e professionale e rimanga nei limiti complessivi della attendibilità obiettiva e della non manifesta incongruenza/travisamento/illogicità rispetto ai fatti assunti a presupposto.

II.5) L’appello è infondato anche con riguardo alle ulteriori censure.

Invero, come ha rilevato il Tribunale amministrativo:

– non sussiste alcuna incompatibilità tra la funzione di componente del comitato di esperti che ha predisposto i quiz e l’incarico di docente nei corsi di preparazione al concorso per dirigenti scolastici, posto che, per costante e condiviso indirizzo giurisprudenziale, una tale situazione di incompatibilità si può ravvisare solo nei casi in cui tra esaminatore e concorrente sussista un sodalizio di interessi economici, di lavoro o professionali talmente intenso da ingenerare il sospetto che la valutazione del candidato non sia oggettiva e genuina, ma condizionata da tale cointeressenza (Consiglio di Stato, sezione III, 20 settembre 2012, n. 5023), fattispecie che non si realizza nel caso in esame;

– la violazione del principio dell’anonimato a causa della ipotetica trasparenza delle buste piccole contenenti i dati identificativi dei candidati è censura sfornita da qualsiasi principio di prova e dedotta genericamente, anche tenuto presente che tali buste piccole dovevano essere inserite in quelle più grandi, contenenti il risultato della prova, in ordine alla cui trasparenza i ricorrenti nulla deducono;

– il tempo assegnato per la prova non appare insufficiente, alla luce delle circostanze già esposte, e in particolare della avvenuta pubblicazione delle risposte esatte in data antecedente all’espletamento della prova stessa;

– l’abitudine a sfogliare libri anche voluminosi e a esercitare la memoria costituiscono attitudine che ben può essere valutata al fine della selezione di dirigenti scolastici.

– tutte le altre censure sono, in realtà, mere illazioni o si risolvono in deduzioni generiche e sfornite di prova.

III) In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto, con integrale conferma della sentenza impugnata.

A tanto, è seguita una sonora condanna alle spese: “Le spese del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.Condanna gli appellanti, in solido, a rifondere alle parti private resistenti le spese del giudizio, nella misura di 5.000 (cinquemila) euro, oltre IVA e CPA, con solidarietà passiva“.

Ciò posto, a giudizio delle scrivente, può affermarsi che è stato – finalmente- e definitivamente calato il sipario sulla vicenda assai avversata in sede giudiziaria.

Avv. Giuseppe Policaro