Corte dei Conti – Sicilia – Sentenza n. 260 del 05-02-2010

Ancora una pesante condanna della Corte dei Conti sezione giurisdizionale della Regione Siciliana nei confronti di una docente, condannata a risarcire il danno erariale per aver falsamente asserito di essere in possesso di titolo polivalente per il sostegno, in virtù del quale aveva ottenuto varie supplenze dal 2002 al 2007.

L’insegnante si era difesa, sostenendo che è possibile insegnare sul sostegno anche senza titolo e che pertanto la richiesta di restituzione delle somme non era legittima.

Di diverso avviso la Corte dei Conti, che -seguendo un indirizzo inaugurato con la sentenza n. 1794/2009, pubblicata in questo sito – ha ritenuto che “la prestazione resa dal soggetto privo delle particolari cognizioni tecnico-culturali, tassativamente prescritte dalla legge e conseguibili soltanto attraverso la frequenza dell’apposito corso di specializzazione, non può affatto qualificarsi come “insegnamento di sostegno” in senso tecnico”.

Affermata dunque l’illiceità della causa del contratto, per contrarietà a norme imperative, l’insegnante è stata condannata a restituire tutte le retribuzioni percepite (oltre 40 mila Euro), con interessi e rivalutazione monetaria.

( Avv. Francesco Orecchioni)

 

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Insegnamento di sostegno – carenza di titolo idoneo – assenza di utilità per l’amministrazione – obbligo di restituzione delle retribuzioni.

 

La prestazione resa dal soggetto privo delle particolari cognizioni tecnico-culturali, tassativamente prescritte dalla legge e conseguibili soltanto attraverso la frequenza dell’apposito corso di specializzazione, non può affatto qualificarsi come “insegnamento di sostegno” in senso tecnico.

Pertanto, l’attività lavorativa che sia stata, in qualche modo, svolta non può ontologicamente aver prodotto (a causa dell’oggettiva carenza dello <standard> di capacità professionale occorrente) la specifica utilità che l’Amministrazione aveva preventivato di ricevere in sede di stipulazione del contratto individuale di lavoro.

Ne consegue che il rapporto sinallagmatico tra la prestazione lavorativa specializzata ed il compenso correlativamente pattuito con l’Amministrazione risulta irrimediabilmente inficiato dalla carenza nel docente incaricato della peculiare professionalità richiesta dalla normativa vigente, e che le retribuzioni percepite sono giuridicamente prive di “giusta causa”.

 

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

composta dai magistrati:
dott. LUCIANO PAGLIARO Presidente
dott. VALTER DEL ROSARIO Consigliere- relatore
dott. GIUSEPPE COLAVECCHIO Primo Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA 260/2010
nel giudizio per responsabilità amministrativa iscritto al n. 51244 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore Regionale della Corte dei Conti per la Sicilia nei confronti di XXX, nata a [omissis] , ivi residente in via [omissis], difesa dall’avv. [omissis] (con studio legale in via [omissis]);

visti: il T.U. 12.7.1934, n.1214; il R.D. 13.8.1933, n.1038; il D.L. 15.11.1993, n.453, convertito, con modificazioni, in L. 14.1.1994, n. 19; la L. 14.1.1994, n.20; il D.L. 23.10.1996, n.543, convertito, con modificazioni, in L. 20.12.1996, n.639;
visti tutti gli atti e documenti di causa;

uditi nella pubblica udienza del 24.6.2009 il relatore dott. Valter Del Rosario, il Pubblico Ministero dott.ssa Adriana La Porta e l’avv. [omissis] per la convenuta XXX XXX.

FATTO

Con l’atto di citazione in epigrafe indicato, ritualmente notificato alla controparte in data 25.11.2008, il Procuratore Regionale della Corte dei Conti per la Sicilia ha convenuto in giudizio di responsabilità amministrativa XXX, al fine d’ottenerne la condanna al risarcimento del danno, quantificato in € 42.159,45 (da maggiorarsi di rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio), da lei ingiustamente cagionato al Ministero della Pubblica Istruzione.

A tal proposito il P.M. ha riferito che, con nota prot. n.2817/P/D del 9.4.2008, il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Caltanissetta segnalò che la XXX, negli anni scolastici 2002/2003, 2003/2004, 2004/2005, 2005/2006 e 2006/2007, era riuscita ad ottenere il conferimento di incarichi di supplenza, in qualità d’insegnante di sostegno nelle scuole materne, mediante la produzione di falsa dichiarazione sul possesso del titolo di studio prescritto.

In particolare, era emerso che la XXX in data 19.3.2002 aveva inoltrato una domanda al suddetto Ufficio Scolastico Provinciale per essere inclusa nella graduatoria permanente per il conseguimento di incarichi a tempo determinato od indeterminato nelle scuole materne.

Nella medesima istanza la XXX aveva, altresì, chiesto d’essere inserita negli appositi elenchi degli insegnanti di sostegno per alunni <portatori di handicap>, a tal fine dichiarando espressamente d’aver conseguito in data 6.12.2001 presso l’Università degli Studi di Macerata il diploma di “specializzazione polivalente”, occorrente per l’espletamento delle attività di sostegno in questione.

Essendo stata inclusa, sulla base di tale specifica dichiarazione, nei suddetti elenchi, la XXX ottenne il conferimento di vari incarichi di supplenza nell’arco temporale dal 2002 al 2007.

Con nota n. 5702/D del 18.9.2007 il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Caltanissetta comunicò alla XXX che doveva procedersi alla verifica dell’effettivo possesso del titolo di studio (diploma di specializzazione polivalente), da lei, a suo tempo, dichiarato al fine d’ottenere l’inserimento nelle graduatorie degli insegnanti di sostegno.

In risposta all’invito rivoltole dall’Amministrazione, la XXX esibì una fotocopia del certificato sostitutivo del diploma di specializzazione.

Avendo l’Ufficio Scolastico Provinciale chiesto alla Segreteria dell’Università di Macerata di confermare l’avvenuto conseguimento del diploma da parte della XXX, l’Ateneo, con nota prot. 11328 del 5.11.2007, comunicò che:
la XXX non era mai stata ivi iscritta come studentessa né tanto meno aveva mai conseguito il titolo di studio in questione;
il certificato da lei esibito era palesemente falso.

Conseguentemente, l’Ufficio Scolastico Provinciale, riscontrata la totale falsità delle dichiarazioni della XXX nonchè del certificato che ella aveva recentemente prodotto, escluse la medesima da tutte le graduatorie in cui era iscritta ed effettuò le doverose denunzie alle competenti magistrature penale e contabile.

Secondo la Procura della Corte dei Conti, dal fraudolento conseguimento “sine titulo” da parte della XXX degli incarichi come insegnante di sostegno di alunni <handicappati> è scaturito un notevole danno erariale, pari al complesso delle retribuzioni (€ 42.159,45) da lei percepite (di cui: € 1.849,17 nell’anno 2002; € 4.590,24 nell’anno 2003; € 2.706,98 nell’anno 2004; € 5.851,40 nell’anno 2005; € 13.931,66 nell’anno 2006; € 13.230,00 nell’anno 2007).

A tal proposito, il P.M. ha sottolineato che:

l’insegnante di sostegno è un docente a tutti gli effetti, che svolge la sua funzione didattica non soltanto, com’è ovvio, in favore degli alunni disabili affidati alle sue cure ma anche di tutta la classe in cui essi sono inseriti, partecipando alla programmazione ed al coordinamento dell’attività educativa in posizione di pari dignità istituzionale rispetto agli altri insegnanti;

la figura dell’insegnante di sostegno va, quindi, nettamente distinta da quella del semplice “assistente educatore”, il quale non espleta una funzione didattica ma svolge un servizio di supporto materiale individualizzato, onde consentire agli alunni disabili di partecipare alle attività scolastiche e formative;

quindi, proprio per le peculiari caratteristiche della sua funzione didattica, il docente di sostegno (oltre che essere fornito dell’ordinaria abilitazione all’insegnamento) dev’essere necessariamente in possesso del diploma di specializzazione previsto dalla normativa vigente in materia, titolo di studio che può essere conseguito soltanto al termine della frequenza di un apposito corso biennale di formazione istituito presso scuole di livello universitario riconosciute dal Ministero della Pubblica Istruzione;

d’altronde, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha sempre sancito (anche in varie recenti sentenze) che il servizio non di ruolo svolto da insegnanti di sostegno che siano risultati privi del prescritto titolo di specializzazione non può essere valutato ai fini del loro eventuale inquadramento nel ruolo del personale docente.

Ciò premesso, la Procura ha chiesto che la XXX sia condannata a risarcire il danno cagionato al Ministero della Pubblica Istruzione, in misura pari alle retribuzioni illecitamente riscosse, sottolineando quanto segue.

Dato che la normativa vigente ha previsto che il possesso del diploma di specializzazione costituisce requisito indispensabile per l’espletamento dell’attività d’insegnante di sostegno, non può riconoscersi alcun valore giuridico (neppure residuale) alle prestazioni lavorative rese dalla XXX in carenza del titolo di studio tassativamente prescritto.

Infatti, dall’attività che sia stata (in qualche modo) svolta dal soggetto privo delle cognizioni culturali e della capacità professionale specificamente richieste dall’ordinamento giuridico (per l’acquisizione delle quali occorre la frequenza con profitto di un apposito corso di formazione ed il superamento del relativo esame finale) non può ontologicamente essere scaturita alcuna utilità giuridicamente apprezzabile ai fini del concreto soddisfacimento del particolare interesse pubblico prefissato dalla legge.

In sostanza, secondo il P.M.:
le retribuzioni percepite dalla XXX debbono ritenersi palesemente prive di “giusta causa”, dato che il rapporto sinallagmatico tra la prestazione lavorativa specializzata, prevista in sede di stipula del contratto di lavoro, ed il compenso correlativamente pattuito con l’Amministrazione risulta irrimediabilmente inficiato dalla carenza nel docente incaricato della peculiare professionalità richiesta dalla normativa vigente;
da ciò è derivato un notevole danno finanziario per l’Amministrazione scolastica, che dev’essere risarcito.

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XXX s’è costituita in giudizio con il patrocinio dell’avv. [omissis].

Secondo la convenuta:

l’espletamento delle mansioni d’insegnante di sostegno non sempre e non necessariamente richiederebbe la specifica capacità professionale legata al possesso del titolo di studio prescritto dalla legge (v. pag. 4 della memoria);

infatti, in base a (non meglio precisate né allegate) istruzioni impartite dal Ministero della Pubblica Istruzione, sarebbe possibile, ove risultassero ormai esauriti gli elenchi del personale abilitato, il conferimento di supplenze in qualità d’insegnante di sostegno a soggetti privi del diploma di specializzazione oppure ad individui ormai prossimi a conseguirlo (v. pag. 5 della memoria);

tale circostanza consentirebbe d’escludere che le prestazioni lavorative rese dagli insegnanti privi del titolo di specializzazione prescritto dalla legge possano ritenersi, di per sé, sfornite di qualsiasi utilità per l’Amministrazione scolastica.

Ciò premesso, la XXX ha sostenuto che ella, essendo in possesso della “comune abilitazione all’insegnamento nella scuola materna”, avrebbe proficuamente svolto, benchè non avesse mai conseguito l’apposito diploma di specializzazione, le “mansioni d’insegnante di sostegno” nelle classi a cui era stata assegnata, fornendo sia agli alunni disabili sia agli altri scolari l’apporto didattico e pedagogico occorrente per il conseguimento degli obiettivi formativi ed educativi programmati (v. pagg. 5 e 7 della memoria).

D’altronde, le situazioni di “handicap”, in cui versavano alcuni degli alunni che le erano stati affidati nel corso degli anni scolastici, non sarebbero state così gravi da richiedere il possesso di conoscenze specialistiche superiori alle ordinarie cognizioni didattico-pedagogiche di cui sono comunemente dotati tutti gli insegnanti di scuola materna (v. pag. 7 della memoria).

La XXX ha, altresì, sostenuto che il P.M. non avrebbe fornito adeguata prova che le prestazioni lavorative da lei rese non avessero raggiunto il medesimo <standard> qualitativo di quelle che avrebbe potuto fornire un insegnante di sostegno munito del diploma di specializzazione (v. pag. 7 della memoria).

Conclusivamente, la XXX ha chiesto d’essere prosciolta da ogni addebito o, comunque, di poter fruire del “potere riduttivo” di cui all’art. 52 del R.D. n.1214 del 1934.

DIRITTO

L’art. 8 del D.P.R. 31.10.1975, n. 970, e l’art. 325 del D.L.vo 16.4.1994, n. 297, e successive modificazioni, hanno espressamente stabilito che gli insegnanti di sostegno, incaricati di svolgere attività didattica nelle classi in cui sono inseriti alunni portatori di <handicap>, debbono essere in possesso di uno specifico diploma di specializzazione, che può essere conseguito soltanto al termine della frequenza di un apposito corso teorico-pratico di durata biennale presso Istituti di rango universitario, riconosciuti dal Ministero della Pubblica Istruzione.

In base a tale normativa appare evidente che l’espletamento dell’attività d’insegnante di sostegno a favore di alunni disabili presuppone il possesso di una preparazione professionale di tipo specialistico, la quale deve aggiungersi a quella ordinariamente richiesta al “docente comune”.

Proprio per questo motivo gli aspiranti insegnanti di sostegno vengono inseriti in appositi elenchi, stilati e tenuti dall’Ufficio Scolastico Provinciale, a seconda della specializzazione da essi rispettivamente conseguita e delle particolari tipologie di alunni che dovranno seguire.

Le specializzazioni possono essere, infatti, di vario tipo: monovalente per minorati psicofisici in genere; monovalente per soggetti affetti da menomazioni visive; monovalente per soggetti affetti da menomazioni uditive; polivalente; finalizzato all’applicazione del “metodo Montessori” ecc..

Pertanto, quando l’Amministrazione scolastica affida un incarico di sostegno ad un insegnante, essa non si limita a richiedere l’espletamento di una qualsiasi attività didattica bensì pretende che sia resa una prestazione professionale particolarmente qualificata, per l’esecuzione della quale la legge impone, come regola generale, il possesso di uno specifico titolo di studio.

Ne consegue che:

la prestazione resa dal soggetto privo delle particolari cognizioni tecnico-culturali, tassativamente prescritte dalla legge e conseguibili soltanto attraverso la frequenza dell’apposito corso di specializzazione, non può affatto qualificarsi come “insegnamento di sostegno” in senso tecnico;

l’attività lavorativa che sia stata, in qualche modo, svolta non può ontologicamente aver prodotto (a causa dell’oggettiva carenza dello <standard> di capacità professionale occorrente) la specifica utilità che l’Amministrazione aveva preventivato di ricevere in sede di stipulazione del contratto individuale di lavoro.

Passando all’esame della fattispecie oggetto del presente giudizio, risulta inequivocabilmente provato che:

XXX ha ottenuto il conferimento di incarichi di supplenza come insegnante di sostegno presso scuole materne statali soltanto mediante la produzione di false dichiarazioni sul possesso del titolo di specializzazione prescritto dalla legge;
infatti, ella non è mai stata iscritta alla scuola di specializzazione istituita presso l’Università degli Studi di Macerata (né presso altri Istituti del genere) e quindi non ha mai conseguito il relativo diploma;

nel momento stesso in cui l’Ufficio Scolastico Provinciale di Caltanissetta è venuto a conoscenza di tali circostanze, la XXX è stata immediatamente esclusa dagli elenchi degli insegnanti di sostegno e non ha più potuto conseguire alcun incarico del genere.

Deve, pertanto, affermarsi che:

il rapporto sinallagmatico tra la prestazione lavorativa specializzata (che avrebbe dovuto essere resa dalla XXX ai fini del soddisfacimento dell’interesse pubblico prefissato dalla legge) ed il compenso correlativamente pattuito con l’Amministrazione (in conformità al C.C.N.L. di categoria) risulta irrimediabilmente inficiato dalla carenza nel docente incaricato della peculiare professionalità richiesta dalla normativa vigente;

non può esservi alcun dubbio sul fatto che le retribuzioni percepite dalla XXX (per effetto del fraudolento conseguimento da parte sua, in violazione di norme imperative, degli incarichi come insegnante di sostegno) siano giuridicamente prive di “giusta causa”.

Né può assumere rilevanza in contrario l’argomentazione addotta dalla XXX, secondo cui, sulla base di circolari diramate dal Ministero della Pubblica Istruzione, sarebbe stato possibile, ove fossero risultati ormai esauriti gli elenchi dei docenti specializzati, il conferimento di supplenze in qualità d’insegnante di sostegno a soggetti ancora privi dell’apposito diploma prescritto dalla legge.

A parte il fatto che la XXX non ha menzionato né allegato alcuna specifica circolare ministeriale, deve evidenziarsi che:

l’ipotesi contemplata in tali (fantomatiche) circolari avrebbe, comunque, un carattere d’eccezionalità (in quanto verosimilmente correlata all’impossibilità di provvedere altrimenti ad una, sia pur limitata e provvisoria, tutela degli interessi scolastici degli alunni disabili) rispetto alla regola generale della necessità che l’incarico come insegnante di sostegno venga conferito soltanto a chi sia già in possesso del diploma di specializzazione prescritto dalla legge;

nella fattispecie oggetto del presente giudizio non risulta, comunque, dimostrato che, alle epoche in cui la XXX ottenne gli incarichi di supplenza come insegnante di sostegno, gli elenchi tenuti dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Caltanissetta fossero esauriti e, quindi, non vi fossero più docenti specializzati disponibili.

Deve conclusivamente affermarsi, in conformità alla consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti (v. ex plurimis: Sez. Lazio n. 16/1998; Sez. Puglia n. 14/2000; Sez. III^ Centrale d’Appello n. 279/2001; Sez. d’Appello per la Sicilia n. 154/2006), che la percezione della retribuzione da parte di un soggetto, come la XXX, che abbia svolto un’attività lavorativa senza essere in possesso dello specifico titolo di studio prescritto dalla legge (ed, anzi, affermando falsamente d’essere fornito di tale essenziale requisito, al fine di trarre in errore l’Amministrazione), si configura come foriera di danno erariale e fonte di responsabilità amministrativa.

Né, al fine di legittimare (in qualche modo) la riscossione dei compensi da parte della XXX, potrebbero invocarsi i principii generali desumibili dall’art. 36 della Costituzione o quelli contenuti nell’art. 2126 del c.c..

Infatti, il combinato disposto dell’art. 2126 del c.c. (secondo cui: “La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa”) e dell’art. 1343 del c.c. (secondo cui: “La causa del contratto è illecita quando è contraria a norme imperative, all’ordine pubblico od al buon costume”) preclude qualsiasi tutela in favore della XXX, dato che ella ha ottenuto l’affidamento degli incarichi di supplenza tenendo un comportamento illecito, avente rilevanza penale, finalizzato a trarre in errore l’Amministrazione (in ordine al possesso, da parte sua, della specializzazione professionale occorrente per lo svolgimento dell’attività d’insegnante di sostegno) e ad eludere in tal modo l’applicazione di norme imperative vigenti in un settore, quale quello dell’organizzazione scolastica, avente fondamentale rilevanza pubblicistica.

Per mera completezza, il Collegio Giudicante deve rilevare che la XXX (al di là di labiali e generiche affermazioni contenute nella memoria) non è stata, comunque, in grado di fornire alcuna concreta dimostrazione della sussistenza di una qualche specifica utilità, giuridicamente apprezzabile, insita nell’attività da lei svolta nell’ambito delle scuole materne cui è stata assegnata.

La gravità dell’illecito dolosamente commesso dalla XXX preclude l’applicabilità in suo favore del “potere riduttivo dell’addebito”, di cui all’art. 52 del R.D. n.1214/1934.

PER QUESTI MOTIVI

la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando:

CONDANNA XXX al pagamento, in favore del Ministero della Pubblica Istruzione, della sorte capitale di € 42.159,45, corrispondente al coacervo delle retribuzioni da lei illecitamente percepite “in qualità d’insegnante di sostegno” (in carenza degli specifici requisiti di professionalità prescritti dalla legge) negli anni scolastici 2002/2003, 2003/2004, 2004/2005, 2005/2006 e 2006/2007;

STATUISCE che, con riferimento a ciascuna delle mensilità retributive indebitamente riscosse, la XXX è obbligata a versare (oltre che la sorte capitale) quanto dovuto a titolo di rivalutazione monetaria, da calcolarsi con decorrenza dalle date dei singoli pagamenti eseguiti in suo favore dall’Amministrazione Scolastica e sino alla pubblicazione della presente sentenza di condanna;

DISPONE che sull’onere risarcitorio, così rivalutato, la XXX debba corrispondere gli interessi legali, con decorrenza dalla data di pubblicazione di questa sentenza e sino all’integrale soddisfo, da parte sua, del credito erariale;

CONDANNA, infine, la medesima convenuta al pagamento, in favore dello Stato, delle spese del presente giudizio, che, a tutt’oggi, vengono quantificate in € 135,06.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 24.6.2009.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to dott. Valter Del Rosario F.to dott. Luciano Pagliaro

sentenza pubblicata a Palermo in data 5 febbraio 2010

Il Funzionario di Cancelleria
F.to Dr.ssa Rita Casamichele