Corte dei Conti – Sezione terza Appello – Sentenza n. 399 del 02-10-2009

Assenze reiterate per malattia – violazione del generale principio della continuità didattica – mancata realizzazione delle finalità proprie del servizio pubblico istruzione – danno erariale – sussistenza.

 

La reiterata condotta di un docente, caratterizzata da assenze ad intermittenza per malattia, compromette il percorso formativo degli studenti in considerazione dell’accentuata frammentazione del rapporto con gli stessi, con conseguente negazione in concreto del principio di continuità didattica e, quindi, in un cattivo utilizzo delle ingenti risorse pubbliche che, in quanto attinte dalla fiscalità generale, costituisce danno erariale.

 

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REPUBBLICA ITALIANA 399/09

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE TERZA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO

 

composta dai signori magistrati :
Dott. Ignazio de MARCO Presidente
Dott. Luciano CALAMARO Consigliere
Dott. Amedeo ROZERA Consigliere Rel.
Dott. Fulvio Maria LONGAVITA Consigliere
Dott. Salvatore NICOLELLA Consigliere
ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

sul ricorso in appello iscritto al n. 32892 del registro di segreteria proposto da XXX avverso la sentenza n. 209 del 21 marzo 2008 pronunciata dalla Sezione giurisdizionale per la regione Lombardia;
Visto l’atto d’appello;
Esaminati tutti gli altri documenti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del giorno 8 luglio 2009, con l’assistenza del Segretario Lucia Bianco, il relatore Consigliere dott. Amedeo Rozera, l’Avv. …….. per delega dell’Avv. ………. ed il P.M. in persona del Vice Procuratore Generale dott. Paolo Luigi Rebecchi.
Ritenuto in

 

FATTO

 

Con l’impugnata sentenza il sig. XXX è stato condannato al pagamento della somma di Euro 50.000,00, oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio, nei confronti dell’Amministrazione scolastica quale parte di danno della somma complessivamente richiesta dal Procuratore regionale (euro 124.200,59) per i danni ad essa arrecati: con la medesima sentenza è stato assolto il sig. ……….

L’addebito posto a carico del XXX, titolare dell’insegnamento di economia aziendale in un Istituto tecnico di ………., era relativo a diminuzione patrimoniale da disservizio per il mancato raggiungimento della finalità istituzionale, a causa dei seguenti fatti individuati nei confronti del predetto docente: a) numero elevatissimo di assenze dal servizio e loro collocazione strategica in determinati periodi dell’anno; b) gravi difficoltà e carenze di apprendimento lamentate dagli studenti, e confermate dalle valutazioni insufficienti riportate da intere classi, a causa dell’inadeguato impegno del docente, anche sul piano didattico.

La posta di danno ipotizzata in connessione con tali mancanze era stata quantificata in €. 58.261,83, per l’incidenza negativa sul generale funzionamento del servizio scolastico ed in €. 65.938,76, a titolo di danno diretto, in termini di emolumenti percepiti e non giustificati.

La Sezione regionale, considerato l’apporto causale di altri soggetti e l’infondatezza della componente di danno inerente alla mancata resa del servizio, attesa la congruenza tra certificazioni sanitarie e le assenze dal servizio, è pervenuto alla condanna in via equitativa quantificata come sopra, valutando il complessivo comportamento tenuto dal docente in rapporto al principio di continuità didattica radicato nell’ordinamento, che ha prodotto un danno correlato al cattivo utilizzo delle ingenti risorse pubbliche investite nell’attività didattica.

Avverso la sentenza ha proposto appello, con il patrocinio degli avv.ti …… e ….., il XXX, osservando: a) le assenze dal servizio non hanno, mai, costituito il dato preminente della propria carriera lavorativa e, in ogni caso, le stesse sono sempre state giustificate: inoltre, le certificazioni prodotte non sono state oggetto di querela di falso; b) in ordine alla qualità del servizio prestato, non sono mai stati adottati nei suoi confronti provvedimenti riguardanti la sua capacità didattica, non contraddicendo con ciò l’inflitta sanzione della sospensione per quindici giorni, riguardante, invece, “violazione dei doveri, delle responsabilità e della correttezza inerenti alla funzione docente”; c) la sentenza è viziata per ultrapetizione, in quanto mentre i fatti posti a base dell’impianto accusatorio sono “tutti diretti dimostrare l’inesistenza della malattia che, di conseguenza, è l’effettiva causa petendi”, il primo giudice fonda il suo convincimento “non sulla inesistenza/falsità della malattia ma sul suo esatto contrario”; d) la sentenza è contraddittoria, in quanto da un lato, si conclude per l’autenticità delle patologie lamentate, dall’altro si eccepisce in ordine alla collocazione temporale delle conseguenti assenze; e) la motivazione si fonda su un falsa rappresentazione della realtà, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, il XXX ha trascorso la maggior parte dei periodi di assenza a Milano e non in Sicilia; di essere stato quasi sempre sostituito da supplenti esterni; di aver adottato con la massima diligenza ogni misura intesa al miglioramento delle proprie condizioni di salute; f) non risultano specificati gli elementi di fatto ed i criteri posti a base della valutazione equitativa, mentre risulta omesso l’obbligo di ripartizione delle responsabilità per non avere il giudicante addebitato ad ogni colpevole la rispettiva quota di responsabilità; conclusivamente, l’appellante chiede, nel merito, la riforma della sentenza, con conseguente assoluzione dalla domanda attrice; in via istruttoria, chiede l’ammissione di prova testimoniale; il tutto, con vittoria di spese ed onorari dei due gradi di giudizio.

Il Procuratore generale ha depositato le proprie conclusioni scritte in data 167 dicembre 2008, osservando: a)le ripetute e numerose assenze del XXX, data la loro particolare collocazione in alcuni periodi dell’anno scolastico, con l’impossibilità per il Preside di provvedere alla nomina di supplenti creando gravi difficoltà e carenze nell’apprendimento degli studenti, hanno inciso sulla qualità del servizio prestato in violazione del principio di continuità didattica; b) nella complessiva valutazione del comportamento del XXX, emerge la circostanza che il medesimo continuava a recarsi sempre presso le stesse località, senza avere cura di sottoporsi, fra i vari episodi di malattia, ad alcun trattamento terapeutico: c) appaiono infondate le contestazioni del ricorrente circa la regolarità dei certificati medici, atteso che questo punto non ha subito contestazioni specifiche; d) appare altresì irrilevante sia l’assenza di provvedimenti a sua carico circa la capacità didattica sia il richiamo alla prolungata attività di docente esente da critica; e) non si può parlare di ultrapetizione, in quanto il primo giudice ben poteva rielaborare il fatto dannoso sulla scorta degli elementi prospettati dal P.R., dando una diversa qualificazione all’evento, senza alterare i termini della questione; f) l’addebito è stato ridimensionato in relazione all’apporto causale dell’appellante, stralciando le somme di cui avrebbero dovuto rispondere altri soggetti; g) non sussiste né la contraddittorietà della motivazione né la falsa rappresentazione della realtà, attesa l’attenta analisi del giudicante, svolta sulla base della documentazione acquisita; h) è infondata, infine, la censura che attiene alla mancata specificazione dei criteri adottati per la valutazione equitativa, tenuto conto della meticolosa valutazione delle condotte che ha portato all’esclusione della responsabilità dell’altro soggetto chiamato in giudizio; conclusivamente, il P.G. chiede il rigetto dell’appello.

In data 16 giugno 2009 il XXX ha depositato altra memoria con la quale contesta le conclusioni del P.G. e conferma le richieste già formulate con l’atto d’appello.

All’odierna pubblica udienza, sia l’Avv. ……. che il P.M. hanno concluso confermando, con ulteriori argomentazioni, il contenuto degli atti scritti.
Considerato in

 

DIRITTO

 

L’appello è infondato e deve essere respinto, con conferma integrale della sentenza di primo grado.
La motivazione del primo giudice, invero, appare del tutto razionale e coerente, perché, mentre da un lato esclude qualsiasi ipotesi di danno e conseguente responsabilità del docente in relazione all’alterazione del rapporto sinallagmatico tra resa dell’attività lavorativa ed attribuzione dello stipendio, dall’altro, valutando le assenze del medesimo sotto il profilo qualitativo e funzionale, ne afferma la responsabilità nel più ampio contesto della mancata realizzazione delle finalità proprie del “servizio pubblico istruzione”: ciò in chiara violazione del generale principio della continuità didattica (istituzionalizzato nell’art. 3 della l. 53/2003), cardine del modulo organizzatorio dell’istruzione pubblica, che, ove svuotato di qualsiasi significato pedagogico, si risolverebbe in una mera attività burocratica, in evidente violazione del principio del diritto all’istruzione e del principio del buon andamento dell’amministrazione, canonizzati negli artt. 34 e 97 Cost.-

Il che è quanto si è verificato in fattispecie, atteso che, come ha ampiamente dimostrato il giudicante, la reiterata condotta del XXX, caratterizzata da assenze ad intermittenza per malattia, ha compromesso il percorso formativo degli studenti in considerazione dell’accentuata frammentazione del rapporto con gli stessi, con conseguente “negazione in concreto del principio di continuità didattica” e, quindi, “in un cattivo utilizzo delle ingenti risorse pubbliche” che, in quanto attinte dalla fiscalità generale, costituisce danno erariale: in tale contesto, la particolare gravità della condotta posta in essere dal XXX è stata ricondotta dal primo giudice, con condivisibile motivazione, al fatto di non aver assunto iniziative volte ad evitare o ridurre il rischio dell’alta frequenza di interruzione della prestazione del servizio e nella “costante maggior durata” dell’assenza nei casi in cui la malattia si manifestasse lontano dalla sede di servizio. Anzi, risulta che a fronte di tali atteggiamenti omissivi – in ordine ai quali, fra l’altro, non è provato neppure che il docente si sia sottoposto ai necessari trattamenti curativi – il medesimo ha addirittura chiesto di essere autorizzato allo svolgimento di un’attività professionale libera in via cumulativa con quella di insegnamento.

Così delineato il quadro generale nel cui ambito il primo giudice ha individuato con ampio supporto probatorio la responsabilità del XXX, il Collegio, nel condividere, come già ricordato, le argomentazioni addotte dal giudicante, ed esaminando le specifiche doglianze svolte dall’appellante, ritiene le medesime totalmente infondate e/o irrilevanti, in conformità delle conclusioni rese dal Procuratore Generale.

Il numero particolarmente rilevante delle assenze e la loro collocazione in particolari periodi dell’anno, con gli evidenti riflessi negativi sulla qualità del servizio, emerge in tutta evidenza dagli atti causa e, in particolare, sia dalla nota con cui in data 15 marzo 2005 il Dirigente Scolastico dell’Istituto presso cui insegnava il XXX informava il C.S.A. – Ufficio Disciplina della situazione creatasi presso la scuola per il comportamento del docente, sia dalla relazione ispettiva in data 1 luglio 2005 e svolta dal Servizio Ispettivo dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia: orbene, senza richiamare i singoli aspetti riguardanti il comportamento del XXX (ed ampiamente esaminati e valutati dal primo giudice), ciò che emerge in termini indiscutibili è il complesso di assenze per malattia -il cui decorso nella maggior parte dei casi si è svolta nelle medesime località della Sicilia, in cui si presentava una riacutizzazione delle lamentata patologia artrosica – collocate in determinati periodi dell’anno ( a ridosso dei giorni liberi o delle festività); la dislocazione di tali assenze in maniera tale da impedire al Preside di nominare un supplente, con conseguenti, ulteriori risvolti negativi sulla continuità e sulla produttività dell’attività didattica; l’insufficienza e/o la mancanza di terapie specifiche (salvo limitati casi) volte a curare la lamentata patologia artrosica; le carenze di apprendimento lamentate dagli studenti, le cui lettere di proteste, unitamente a quelle dei loro genitori e di altri docenti, hanno ulteriormente evidenziato la gravissima situazione di disagio determinata, sul piano didattico, dall’inadeguato ed insufficiente impegno del XXX; la evidente contraddizione tra lo stato di salute del medesimo e la richiesta, reiterata ogni anno, di autorizzazione allo svolgimento dell’attività di commercialista.

Né è opponibile, in tale contesto, la ritenuta regolarità dei certificati medici, atteso che tale profilo non ha costituito oggetto di contestazione da parte del primo giudice che, come ricordato, ha escluso la fondatezza del primo addebito ( alterazione del rapporto sinallagmatico fra resa dell’attività lavorativa e retribuzioni percepite), proprio sulla base della non evidenziazione nelle certificazioni stesse di particolari incongruenze.

Per quanto riguarda il richiamo dell’appellante all’assenza di provvedimenti a suo carico in merito alla propria capacità didattica, è appena il caso di osservare, con riferimento al provvedimento disciplinare di cui al decreto n.447 del 2006, che la sanzione della sospensione dal servizio per quindici giorni gli è stata comminata per “carenze sul piano didattico”, “inosservanza della gerarchia scolastica” e “reiterate assenze ingiustificate dal servizio e irregolarità nella presentazione della relativa documentazione”: ciò, in quanto “i comportamenti tenuti dal predetto docente costituiscono violazioni dei doveri, delle responsabilità e della correttezza inerenti alla funzione docente”. Per le medesime mancanze, ed in particolare per l’assenza ingiustificata dal servizio e per l’irregolarità nella presentazione della relativa giustificazione, al XXX era già stata inflitta la sanzione disciplinare della censura con D.D. n.314/Ris del 31 maggio 2004.

Riguardo, poi, al trasferimento “per incompatibilità di permanenza presso la sede di titolarità”, disposto con decreto dirigenziale dell’8 febbraio 2007 n. 1715 – in disparte qualsiasi considerazione di carattere formalistico in ordine alla natura cautelare (come sostiene l’appellante) o disciplinare del provvedimento stesso – emerge per tabulas che detta misura è stata disposta in quanto la sua ulteriore permanenza presso tale sede “nuoce al prestigio dell’istituzione scolastica, compromettendone pesantemente il regolare funzionamento ed il buon andamento e danneggiando gravemente, altresì, il percorso formativo degli studenti”: ciò, sulla base del parere espresso dal Consiglio di disciplina con nota del 26 gennaio 2007 che fa riferimento sia alla “..ricaduta negativa sul comportamento degli studenti”, stante, fra l’altro, la “saltuarietà dell’impegno” ed il “mancato rispetto delle regole”, tali da determinare, come evidenziato dai genitori nei loro esposti, “un mito negativo” per gli studenti stessi.

Come si vede, anche le varie motivazioni poste a base dei diversi provvedimenti disciplinari adottato carico del XXX, concorrono a delineare un quadro di gravissimi comportamenti che, ponendosi in evidente contrasto con il ricordato principio della continuità didattica, hanno certamente compromesso nella specie, in misura particolarmente rilevante, il regolare funzionamento del servizio pubblico “istruzione”.

Riguardo alla censura di “ultrapetizione”, ricorda il Collegio sul piano generale che il principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato fissato dall’art. 112 c.p.c. non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti di causa, alla stregua delle risultanze processuali, autonome e difforme rispetto a quella prospettata dalle parti, nel contesto di una valutazione unitaria delle risultanze processuali, pur se in base ad argomentazioni o considerazioni non prospettate dalle parti. Orbene, nella specie, il primo giudice, attraverso un’articolata e puntuale verifica dei vari profili attinenti alla questione dedotta in giudizio e senza alterare i termini della questione, ha dato ampia dimostrazione dell’iter logico-argomentativo seguito per pervenire alla pronuncia resa, utilizzando tutti gli elementi di causa emergenti dagli atti ritenuti più attendibili ed idonei alla risoluzione della controversia. E proprio tale verifica, logicamente e coerentemente condotta sulla base della documentazione in atti, induce il Collegio rigettare anche l’ulteriore censura svolta dall’appellante in ordine alla presunta contraddittorietà della motivazione e della falsa rappresentazione della realtà.

Per quanto attiene, infine, alla censura riguardante la mancata specificazione dei criteri posti a base della valutazione equitativa ed il mancato riferimento alle singole responsabilità, è appena il caso di ricordare la puntuale ricostruzione svolta dal primo giudice in merito alle singole condotte che hanno determinato l’assoluzione dalla domanda attrice dell’……. ed alla quantificazione del danno a carico del XXX tenendo conto della possibile incidenza di altri soggetti non convenuti in giudizio.

Alla luce delle esposte argomentazioni, l’appello deve quindi essere respinto, con conferma integrale della sentenza impugnata.
La pronuncia resa assorbe ogni altro profilo di gravame.
Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

La Corte dei conti – Sezione Terza Centrale d’Appello, definitivamente pronunciando, respinge l’appello proposto da XXX avverso la sentenza in epigrafe.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio e che ammontano ad Euro 118,53 (centodiciotto/53).
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio dell’ 8 luglio 2009.

 

IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Dott. Amedeo Rozera F.to Dott. Ignazio de Marco
Depositata nella segreteria della Sezione il giorno 2 ottobre 2009

IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
IL DIRIGENTE
F.to Dott. Maurizio Arlacchi