Ministero del Lavoro e delle politiche sociali – Interpello n. 43 del 21 dicembre 2012

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Ministero del Lavoro e delle politiche sociali

Direzione generale per l’Attività Ispettiva

 

INTERPELLO N. 43/2012

 Roma, 21 dicembre 2012

Prot. 37/0024252

 

All’ANCI

 

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151/2001 – congedo per assistenza coniuge convivente di soggetto con handicap.

 

L’ANCI ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla portata applicativa dell’art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151/2001 concernente il congedo del coniuge convivente per l’assistenza al soggetto portatore di handicap.

In particolare, l’istante chiede precisazioni in ordine alla corretta interpretazione della disposizione normativa di cui sopra, nella parte in cui contempla le ipotesi di “mancanza, decesso, o (…) presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente”, quali causali che legittimano la richiesta di fruizione del congedo in esame da parte di soggetti diversi dal coniuge stesso.

A tal proposito, l’interpellante pone la questione afferente alla possibilità di considerare l’età avanzata del coniuge convivente – superiore agli 80 anni – quale fattispecie presuntiva di uno stato invalidante, ovvero se, anche in quest’ultima circostanza, sia comunque necessaria una certificazione medica attestante l’eventuale stato patologico.

Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Relazioni Industriali e dei Rapporti di Lavoro, si rappresenta quanto segue.

In via preliminare, occorre muovere dalla lettura della citata norma, nella sua nuova formulazione, a seguito dell’emanazione del D.Lgs. n. 119/2011 – attuativo dell’art. 23 comma 1, L. n. 183/2010 – che ha introdotto importanti modifiche alla disciplina in argomento sia in relazione ai soggetti possibili fruitori, che alle modalità di accesso all’agevolazione medesima.

Nello specifico la norma stabilisce che “il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità (…) ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, (…). In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi”.

Per quanto attiene all’esatta interpretazione della suddetta disposizione, nella parte in cui si riferisce alle patologie invalidanti, appare utile richiamare quanto già chiarito dalle circolari della Funzione Pubblica n. 13/2010 e 1/2012 e dalla circolare INPS n. 28/2012.

Dalla lettura delle menzionate note si evince che, per quanto concerne la nozione di patologie invalidanti, in presenza delle quali risulta possibile accordare il congedo, occorre attenersi alla casistica indicata dall’art. 2, comma 1, lett. d), del decreto interministeriale n. 278/2000.

Si può, pertanto, affermare che la legge consente l’ampliamento della platea dei familiari legittimati a fruire del congedo di cui all’art. 42, comma 5, solo in presenza di una delle situazioni individuate dal medesimo decreto, comprovate da idonea documentazione medica. Ciò in quanto si ritiene che i soggetti affetti da tali patologie non siano in grado di prestare un’adeguata assistenza alla persona in condizioni di handicap grave (cfr. circ. 1/2012, par. 3; circ. 28/2012, par. 1.1. citate).

In base a quanto sopra è possibile dunque sostenere che il diritto a fruire dei congedi in questione possa essere goduto da un soggetto diverso dal precedente “titolare” solo in ragione delle ipotesi tassativamente indicate dal Legislatore, fra le quali rientra quella legata alla presenza di “patologie invalidanti”. In tal senso, pertanto, l’età avanzata del titolare del diritto non costituisce un requisito sufficiente per legittimare il godimento del congedo da parte di altri soggetti titolati.

Tale orientamento è del resto confermato dalla circostanza secondo cui, laddove il Legislatore ha inteso individuare il requisito anagrafico quale elemento utile al riconoscimento del diritto alla fruizione di permessi per assistere disabili, lo ha fatto espressamente.

In tal senso è possibile richiamare l’art. 33 della L. n.104/1992 – da ultimo modificato dall’art. 24, L. n. 183/2010 – che assegna il diritto a fruire dei 3 giorni di permesso mensile in primo luogo al “lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, per individuare solo in un secondo momento il terzo grado di parentela qualora, tra l’altro, “i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età (…)”.

IL DIRETTORE GENERALE

(f.to Paolo Pennesi)