Pari opportunità nei concorsi pubblici – Non invocabile da parte di concorrente di sesso maschile la violazione dell’art. 9, comma 2, del d.p.r. n. 487-1994

La violazione dell’art. 9, comma 2, del d.p.r. n. 487/1994 non può essere fatta valere dal candidato escluso dal concorso o dal concorrente insoddisfatto della propria posizione di graduatoria, in quanto la violazione di tale disposizione secondo la giurisprudenza consolidata risulta rilevante laddove ci si trovi in presenza di una condotta discriminatoria posta in essere dalla commissione di concorso in danno dei soli concorrenti di sesso femminile.

 

La normativa

Art. 9, comma 2, d.p.r. n. 487/1994 (Commissioni esaminatrici)

“Le commissioni esaminatrici di concorso sono composte da tecnici esperti nelle materie oggetto del concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime e non possono farne parte, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546, i componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione interessata, coloro che ricoprano cariche politiche o che siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali. Almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso, salva motivata impossibilità, è riservato alle donne, in conformità all’art. 29 del sopra citato decreto legislativo. Nel rispetto di tali princìpi, esse, in particolare, sono così composte: a) per i concorsi ai profili professionali di categoria o qualifica settima e superiori: da un consigliere di Stato, o da un magistrato o avvocato dello Stato di corrispondente qualifica, o da un dirigente generale od equiparato, con funzioni di presidente, e da due esperti nelle materie oggetto del concorso; le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario appartenente alla ottava qualifica funzionale o, in carenza, da un impiegato di settima qualifica. Per gli enti locali territoriali la presidenza delle commissioni di concorsi può essere assunta anche da un dirigente della stessa amministrazione o di altro ente territoriale; b) per i concorsi per la quinta e la sesta qualifica o categoria: da un dirigente o equiparato, con funzioni di presidente, e da due esperti nelle materie oggetto del concorso; le funzioni di segretario sono svolte da un impiegato appartenente alla settima qualifica o categoria;

  1. c) per le prove selettive previste dal capo terzo del presente regolamento, relative a quei profili per il cui accesso si fa ricorso all’art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modifiche ed integrazioni: da un dirigente con funzioni di presidente e da due esperti nelle materie oggetto della selezione; le funzioni di segretario sono svolte da un impiegato appartenente alla sesta qualifica o categoria”.

 

Art. 57 d.lgs. 165/2001 (Pari opportunità)

“(..)1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro:

  1. a) riservano alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso, fermo restando il principio di cui all’ articolo 35, comma 3, lettera e); in caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità superiore qualora la cifra decimale sia pari o superiore a 0,5 e all’unità inferiore qualora la cifra decimale sia inferiore a 0,5;
  2. b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità fra uomini e donne sul lavoro, conformemente alle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica;
  3. c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando modalità organizzative atte a favorirne la partecipazione, consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare;
  4. d) possono finanziare programmi di azioni positive e l’attività dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, per la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio.”

 

Lo stato attuale della giurisprudenza

La prevalente giurisprudenza amministrativa ha più volte affermato che la mera circostanza che una commissione non rispetti la proporzione di genere nella composizione della commissione di concorso non esplica effetti vizianti delle operazioni concorsuali, salvo non denoti una condotta discriminatoria in danno dei concorrenti di sesso femminile.

Altro principio cardine ormai da tempo affermato dalla giurisprudenza amministrativa si ravvisa nel fatto che la violazione della normativa sulle pari opportunità può essere contestata soltanto dalle possibili beneficiarie della stessa.

Secondo tale orientamento, in assenza di una espressa disposizione normativa contraria, la violazione della normativa di settore non esplica per sé effetti invalidanti sulle operazioni concorsuali ed è rilevante soltanto in presenza di una condotta discriminatoria del collegio in danno dei ricorrenti di sesso femminile.

In tal senso si segnalano le seguenti pronunce: Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 3240/2015; Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 703/2015 e n. 3040/2016; Tar Sardegna, sede di Cagliari, Sezione Seconda n. 00518/2016; Tar Toscana, Firenze, Sentenza n. 256/2016; Tar Lazio, sede di Roma, Sezione Prima Bis n. 5557/2015.

 

Il recente caso esaminato dal TAR Emilia Romagna, Sede di Parma con sentenza n. 633/2016

Con il ricorso il ricorrente lamentava fra i vari vizi denunciati la mancata presenza della componente femminile nella commissione di concorso, prevista dall’art. 9 del d.p.r. 487/94 e dall’art. 17 del Regolamento Comunale per l’accesso agli impieghi.

Secondo il TAR Parma la censura è infondata, in quanto la normativa sulle pari opportunità è “è preordinata a garantire nel senso più ampio le possibilità di occupazione femminile, sicché la sua violazione non può venir contestata altro che dalle possibili beneficiarie della stessa. In assenza di una esplicita disposizione normativa che preveda il contrario, la violazione della normativa di settore non esplica di per sé effetti vizianti delle operazioni concorsuali ed è rilevante soltanto in presenza di una condotta discriminatoria del collegio in danno dei concorrenti di sesso femminile”.

Secondo i giudici il concorrente di sesso maschile non sarebbe il titolare del bene tutelato dalla normativa sulle pari opportunità e non potrebbe quindi invocare a suo favore alcun vizio della procedura concorsuale.

Nel caso in esame del mancato rispetto della normativa sulla quota di componenti femminili nella Commissione d’esame si duole un concorrente di sesso maschile, il quale non è il titolare del bene tutelato dalla previsione, né allega circostanze di fatto in base alle quali tale composizione avrebbe avuto effetti discriminanti sulla valutazione delle sue prove d’esame” (TAR Emilia Romagna, Parma, Sezione Prima, sentenza 23 novembre 2016, n. 333).

Avv. Maria Cristina Fabbretti