Tar Lazio – Sentenza n. 7643-2018 del 09 luglio 2018

IL DOCENTE PRECARIO NON PUO’ PARTECIPARE AL CONCORSO PER DIRIGENTE SCOLASTICO

(Tar Lazio – Sentenza 7643 del 26.06.2018 pubblicata il 09.07.2018)

Come è noto Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.90 del 24-11-2017 il Bando relativo al Corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali.

Il bando prevedeva, all’art. 6, comma 1, che “Al concorso per l’accesso al corso di formazione dirigenziale può partecipare il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative statali assunto con contratto a tempo indeterminato, confermato in ruolo ai sensi della normativa vigente, purché in possesso di diploma di laurea magistrale, specialistica ovvero di laurea conseguita in base al previgente ordinamento di diploma accademico di secondo livello rilasciato dalle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica ovvero di diploma accademico di vecchio ordinamento congiunto con diploma di istituto secondario superiore, che abbia effettivamente reso, nelle istituzioni scolastiche ed educative del sistema nazionale di istruzione, un servizio di almeno cinque anni, ove il servizio di insegnamento, anche se maturato antecedentemente alla stipula del contratto a tempo indeterminato, si intende prestato per un anno intero se ha avuto la durata di almeno centottanta giorni o se sia stato prestato ininterrottamente dal primo febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale”.

Risultavano esclusi dalla partecipazione al Concorso, dunque, i docenti neoimmessi in ruolo, i docenti di ruolo che ancora non hanno superato l’anno di prova e i docenti precari abilitati purché in possesso di laurea (magistrale, specialistica o del vecchi ordinamento, oppure di diploma accademico di II livello o diploma accademico di vecchio ordinamento) che hanno prestato almeno 5 anni di servizio utile.

Nel caso in questione il ricorrente, docente precario abilitato con 13 anni di servizio, era stato ammesso in via cautelare al concorso con la seguente motivazione:

“ad un sommario esame della presente fase, i profili di censura non appaiono manifestamente infondati sulla base dell’interpretazione dell’art. 1 comma 618 della legge 296/2006 conforme agli approdi a cui è pervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza pubblicata in data 8/9/2011 confermata anche con successiva decisone della stessa Corte di Giustizia (Sesta Sezione) del 18 ottobre 2012, situazione alla quale può equipararsi quella del docente che maturi il requisito di anzianità durante il periodo di servizio pre-ruolo (TAR Lazio, terza bis, n.3288/2017)”.

Mutando l’orientamento espresso in sede cautelare il TAR LAZIO ha dichiarato la legittimità della clausola del bando concorsuale così testualmente affermando:

“L’orientamento in questione, tuttavia, non ha ricevuto l’avallo del Consiglio di Stato (Cons. Stato 2343/2018; Cons. Stato 2859/2018) il quale ha, diversamente e con orientamento che il collegio ritiene di condividere, osservato che la scelta, dovuta direttamente al legislatore – perché espressa dall’art. 1 comma 217 della l. 208/2015 – di riservare la partecipazione al concorso ai dipendenti con una data anzianità di servizio, purché confermati in ruolo, appare non manifestamente irragionevole in particolare sotto il profilo del rispetto del principio di uguaglianza. Com’ è noto infatti la “conferma in ruolo” del personale docente ovvero educativo non si risolve in un mero adempimento burocratico, ma presuppone, al termine del cd anno di prova, una valutazione positiva di tutto il percorso svolto dall’interessato, relativamente agli aspetti culturali, disciplinari, progettuali, didattici e relazionali delle diverse attività svolte ed esperienze maturate ai sensi degli artt. 4 e 16 del D.M. 27 ottobre 2015 n.850. Pertanto, al dipendente confermato in ruolo si riconosce secondo logica una professionalità superiore, perché specificamente accertata, rispetto a quello che abbia semplicemente prestato un servizio, anche se per lungo periodo. Analoghe considerazioni portano ad escludere il contrasto con la normativa europea a protezione dei lavoratori a termine, dato che il servizio precario, che corrisponde appunto a contratti di tal tipo, è valutato al pari del servizio prestato a tempo indeterminato per conseguire il requisito dell’anzianità quinquennale richiesta, e quindi non viene discriminato. Ciò posto, la scelta di richiedere anche l’ulteriore requisito della conferma in ruolo appare costituire “ragione obiettiva” per un diverso trattamento, ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia, per tutte sez. V 9 novembre 2014 C 98/15.

Sulla base di tali argomentazioni deve pertanto ritenersi che l’esclusione dei docenti titolari di contratto a tempo determinato e non confermati in ruolo sia giustificata e coerente con le finalità della normativa e non contrastante con i principi europei e nazionali.”.

Tale motivazione che poggia sulla giurisprudenza recentissima del Consiglio di Stato sarà sicuramente oggetto di dibattito tra i legali e le associazioni sindacali che si sono spese per l’affermazione di un diritto del docente precario, anche in questo caso, inesorabilmente negato.

Avv. Pietro Siviglia, Giurista del Lavoro ed Esperto di Diritto Scolastico