Sulla tempestività della valutazione in caso di prova orale

 

DIRITTO DELLO STUDENTE DI CONOSCERE TEMPESTIVAMENTE L’ESITO DELLE VERIFICHE E RICORRENZA DEL REATO DI “INGIURIA AGGRAVATA”, SENZA ESIMENTE DI PROVOCAZIONE, PER L’INSEGNANTE CHE RISPONDA DEFINENDOLO “PRESUNTUOSO” O “IGNORANTE”.

 

di Davide Gambetta

Undergraduate in Law at LUISS “Guido Carli” University

 

SOMMARIO    1.     Premesse e principali riferimenti normativi.  2.   Perimetro della nozione di “tempestività” della valutazione.  3.    Necessaria continenza del linguaggio nella reazione del docente alla segnalazione di violazione del diritto e conclusioni.

 

1.       Premesse e principali riferimenti normativi.

Il legislatore assegna alla scuola il ruolo di attore fondamentale nella realizzazione del diritto all’istruzione, positivamente sancito dall’art. 26 della Costituzione.

Con la consapevolezza di quanto delicato e complesso sia il tema dell’istruzione “obbligatoria”, la legge non manca di disciplinare analiticamente i diversi profili dell’universo “scuola”, in particolare con riguardo al rapporto tra docenti e studenti.

Lo studente è infatti individuo attivo all’interno della comunità scolastica, con un patrimonio di conoscenze e competenze in maturazione ed una infrastruttura comportamentale ancora duttile e parzialmente indefinita.

Tra i tanti soggetti che gli studenti incontrano (e con i quali si confrontano) durante il proprio percorso formativo, i docenti rappresentano certamente l’interlocutore principale e più prossimo, stante anche la condivisione di periodi di tempo consistenti ed ampiamente articolati.

L’atto normativo che codifica i diritti  e i doveri degli studenti, inquadrandoli nell’ottica del citato precetto costituzionale  e sostanziando il ruolo del “discepolo” all’interno della comunità scolastica, è lo “Statuto degli studenti e delle studentesse”, il D.P.R. 249 dl 1998, integrato da ultimo nel 2007.

Si lasciano a margine, nell’economia della presente disamina, i regolamenti specifici dei singoli istituti scolastici, i quali possono ampliare e definire la trama normativa nella quale si inserisce la figura dello studente, ma non possono legittimamente derogare i principi di legge.

Il caso che si verrà ad esaminare riguarda principalmente il profilo dell’assegnazione della valutazione relativa ad una verifica orale.

Lo Statuto, all’art. 2, prescrive che “lo studente ha inoltre diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca a individuare i propri punti di forza e di debolezza e a migliorare il proprio rendimento”.

Raramente la prosa del Legislatore è così limpida, per quanto la norma abbia indubbiamente una formulazione di ampio respiro.

 

2.       Perimetro della nozione di “tempestività” della valutazione.  

Nel 2011 la Corte Suprema di Cassazione, sezione quinta Penale, ha discusso il ricorso di un docente avverso sentenza di condanna per “ingiuria aggravata”.

Nel caso di specie il docente aveva omesso di comunicare ad uno studente l’esito di una prova orale.

Il rappresentante di classe degli studenti aveva pacatamente segnalato all’insegnante la contrarietà della condotta al diritto di cui in premessa, con un intervento pacificamente ritenuto corretto ed educato dagli astanti testimoni.

Il docente aveva risposto allo studente con la frase “Non sei una persona perbene, sei un presuntuoso e un ignorante”.

Analizzando la mancata “tempestività” della valutazione, primo profilo di criticità, viene in rilievo una duplice funzione della prescrizione normativa.

La valutazione, trasparente e puntuale, riveste funzioni tanto organizzative, dato che consente allo studente di progettare il proprio studio futuro con gratificante incremento dell’efficienza, quanto autovalutative, stante la possibilità dell’individuo di esaminare i propri profili di debolezza e di focalizzarsi sul perfezionamento della propria preparazione.

Su quale sia l’effettiva ampiezza della nozione di “tempestività” non può rilevarsi una sistemazione definitiva.

In assenza di espressa disciplina sul tema, è probabilmente corretto supporre che intempestiva sia la valutazione la quale giunga con ritardo tale da cagionare una menomazione grave degli interessi tutelati dal citato art. 2 dello Statuto.

Se il ritardo ha compromesso l’organizzazione dello studio dello studente e non gli ha consentito di condurre una consapevole autoanalisi che rilevasse punti di forza e debolezza, inficiandone sostanzialmente il rendimento, può quindi dirsi ricorrente una violazione di un diritto positivo dello studente.

Con riguardo alla prova orale, sebbene la prassi ordinaria preveda la formulazione del voto direttamente al termine della verifica, sembra non potersi ritenere illegittima la dilazione nella comunicazione del medesimo, ma solo nel caso in cui sia giustificata e contenuta entro limiti temporali  convenienti.

Ricorre invece la violazione qualora i detti limiti temporali si dilatino a tal punto da incontrare la fattispecie di menomazione degli interessi tutelati di cui si è anzi discusso.

 

3.       Necessaria continenza del linguaggio nella reazione del docente alla segnalazione di violazione del diritto e conclusioni.

Nel caso di specie il rappresentante degli studenti, cui la disciplina normativa delega il difficile ruolo di portatore degli interessi della classe considerata nel suo complesso, aveva pacificamente segnalato l’avvenuta violazione al docente.

Nulla di illegittimo è da rilevarsi sul punto, considerando anche l’inserimento fisiologico di tale figura nel dialogo continuo con il personale docente.

La Corte ha quindi respinto la richiesta dell’esimente della “provocazione”, valutata l’assenza di qualsivoglia comportamento che possa definirsi “ostile” nei confronti del docente.

È condivisibile l’orientamento del Tribunale di primo grado, riproposto dalla Corte d’Appello e confermato nella sostanza dalla Cassazione, per cui la reazione dell’insegnante, immotivata e certamente sproporzionalmente aggressiva in relazione alla pacata segnalazione del rappresentante, integra gli estremi del reato di “ingiuria” con aggravante.

A norma del 594 C.P. “Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516”.

La frase pronunciata da parte soccombente, nella quale sono utilizzati termini della portata di “ignorante” e “presuntuoso”, nonché, con negazione, “perbene”, può limpidamente ricomprendersi nel novero delle fattispecie descritte da tale articolo.

Il legislatore non manca di precisare che “ Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone”, circostanza senza dubbio ricorrente nel caso di specie, considerato che il docente aveva apostrofato lo studente innanzi all’intera classe.

Il docente doveva infatti limitarsi a proporre le proprie ragioni pacatamente ed in modo deontologicamente corretto, con continenza di linguaggio e con l’apertura al dialogo che si conviene ad un soggetto professionalmente qualificato nella situazione di relazionarsi con giovani studenti.

Tale condotta si profila ancor più indicata in considerazione della maggiore esperienza operativa del docente e della sua preparazione tecnica in tema di “paideia”.