Tribunale di Catania – Ordinanza del 28 ottobre 2013

Il Tribunale rimette alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la questione sulla giurisdizione in materia di selezioni pubbliche per il conferimento di incarichi di docenza a tempo determinato.

 

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R E P U B B L I C A  I T A L I A N A

IL TRIBUNALE DI CATANIA

Seconda Sezione Civile – Lavoro

in composizione monocratica, nella persona del Magistrato ordinario dott. Mario Fiorentino, in funzione di Giudice del Lavoro, sciogliendo la riserva che precede, ha emesso la seguente

 o r d i n a n z a

di Rimessione alle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione

ex art. 59, comma terzo, l. 69/2009

nella causa iscritta al n. R.G.L 5481/2013, avente ad oggetto: ricorso in riassunzione ex art. 11 Cod. proc. Amm., per l’annullamento della graduatoria pubblica relativa alla selezione indetta dal M.I.U.R – Alta Formazione Artistica e Musicale – Accademia delle Belle Arti di Catania, per il conferimento di incarichi di docenza a tempo determinato;

promossa da

[OMISSIS], con l’Avv.to  [OMISSIS], giusta procura in atti;

RICORRENTE

contro

M.I.U.R. – ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI di CATANIA,  in persona del l.r. pro tempore, con l’Avvocato dello Stato;

       RESISTENTE

e nei confronti di

[OMISSIS]

           CONTROINTERESSATA CONTUMACE

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 1.   Premessa.

Con ricorso in riassunzione ex art. 11, comma secondo, d.lgs. 104/2010, depositato il 30 maggio 2013, parte ricorrente ha inteso proseguire l’azione inizialmente esercitata innanzi al Tribunale Amministrativo per la Regione Sicilia, per l’annullamento, previa adozione delle misure cautelari più idonee, della graduatoria definitiva di merito per docenti con contratto di diritto privato per l’anno accademico 2012-2013, approvata dall’Accademia delle Belle Arti di Catania in data 4 dicembre 2012 e relativa all’insegnamento “tecnica della carta“.

Evidenzia, a tale riguardo, che, con sentenza succintamente motivata, in data 27 marzo 2013, il T.A.R. Sicilia – sez. Catania ha pronunciato il proprio difetto di giurisdizione, in favore della giurisdizione del giudice ordinario; che quanto statuito dal T.A.R. non appare condivisibile, alla luce della giurisprudenza della Suprema Corte; che, tuttavia, per esigenze di celerità del giudizio, appare preferibile riassumere il giudizio, nel termine perentorio previsto dall’art. 11 Cod. proc. Amm..

Con decreto ex art. 415 c.p.c., veniva fissata l’udienza di discussione ex art. 420 c.p.c., e, preliminarmente, venivano invitate le parti a discutere la questione di giurisdizione, alla luce della giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. Sez. Unite 15 gennaio 2010 n. 529).

All’udienza così fissata, la parte presente veniva invitava a discutere la predetta questione.

 2.   Dichiarazione di contumacia.

Va, preliminarmente, dichiarata la contumacia di [OMISSIS], unica contro interessata (v. graduatoria, doc. 1), ritualmente evocata in giudizio e non costituitasi.

3.   Ammissibilità della questione di giurisdizione.

Nel caso di specie, la questione che si solleva in questa sede appare ammissibile, tenuto conto che la domanda di riassunzione ex art. 11 Cod. proc. Amm. è stata presentata nel rispetto del termine perentorio previsto dalla legge, che non risultano pronunzie della Suprema Corte riunita a Sezioni Unite, che la questione è stata posta alle parti già in sede di decreto ex art. 415 c.p.c., ribadita all’udienza del 3.10.2013, in epoca anteriore alla prima udienza fissata per la trattazione del merito.

Dispone, invero, l’art. 59, comma terzo, l. 8 giugno 2009, n. 69, che “Se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito. Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione”.

4.   (segue): la natura del presente giudizio e la qualificazione dell’odierno ricorso ex art. 11 Cod. proc. Amm.

Il ricorso presentato in questa sede, a prescindere dall’ambiguità terminologica della relativa epigrafe “ricorso ex art. 700 c.p.c. in riassunzione/traslatio iudicii a seguito di difetto di giurisdizione pronunciato dal T.A.R. Catania”, appare volto, non solo alla fruizione di una tutela in via d’urgenza (tutela già chiesta innanzi al Giudice Amministrativo), ma alla prosecuzione dello stesso giudizio di merito già instaurato innanzi al T.A.R. Catania.

Parte ricorrente, invero, dichiara di riportarsi interamente al contenuto del ricorso proposto al Giudice Amministrativo (v. pag. 1), rappresentando espressamente di volere riassumere il  giudizio ai sensi dell’art. 11, comma secondo, d.lgs. 104/2010 (in tal senso, v. ricorso, p. 2), anziché impugnare la sentenza innanzi al C.G.A.R.S..

La stessa parte, per di più, oltre a richiedere, in via d’urgenza, la rettifica della graduatoria (ma sul punto v. infra), ne chiede anche l’annullamento, riproponendo, sotto tale profilo, la medesima domanda formulata in seno al ricorso di merito proposto in sede amministrativa.

Inoltre, nell’ambito della discussione orale, parte ricorrente ha evidenziato che sarebbe venuto meno l’interesse in merito alla domanda cautelare (dato il tempo trascorso e l’avvenuto espletamento dell’incarico agognato), mentre ha decisamente insistito per l’accertamento dell’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione, anche ai fini  della domanda di risarcimento del danno.

Sicché, non sembra possano residuare dubbi sulla natura del presente procedimento, che va qualificato come giudizio ordinario ex art. 414 – 420 c.p.c., in riassunzione ex art. 11, comma secondo, Cod. proc. Amm., con contestuale domanda cautelare in corso di causa (quest’ultima da ritenersi successivamente rinunciata, per sopravvenuta carenza di interesse).

Sul potere-dovere del giudice di merito di qualificare giuridicamente l’azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un nomen juris diverso da quello indicato dalle parti si rinvia alla giurisprudenza della Suprema Corte (tra cui, Cass. civile, sez. III, 03 agosto 2012, n. 13945).

5.   L’oggetto della domanda riassunta ex art. 11 Cod. proc. Amm.

La domanda riassunta innanzi a questo Ufficio è volta all’annullamento della graduatoria definitiva relativa alla “procedura comparativa pubblica per titoli per la costituzione di graduatoria di destinatari di contratti di diritto privato per l’insegnamento” indetta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Alta Formazione Artistica e Musicale- Accademia delle Belle arti di Catania (v. bando di selezione,  doc. 3, fascicolo ricorrente).

Parte ricorrente, invero, censura la suddetta procedura valutativa, deducendo la violazione degli articoli 97 Cost., 3, comma 1, L. 241/1990 (violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa),  2, comma 3, D.M. 89/2009, l’eccesso di potere (per incongruità ed illogicità della valutazione e dei giudizi espressi), contestando, pertanto, l’operato della commissione giudicatrice e la legittimità dell’impugnata graduatoria.

6.   La pronunzia del T.A.R. SICILIA sez. Catania

Il T.A.R. Sicilia – sez. Catania, con sentenza depositata il 27.3.2013, proc. N. REG. RIC. 559/2013 (doc. B, fascicolo ricorrente), ha declinato la propria giurisdizione, in favore del giudice ordinario, poiché “la procedura di selezione indetta da un’amministrazione pubblica per il conferimento di un incarico di collaborazione a tempo determinato è di natura privatistica e non può essere ricondotta alla figura del pubblico concorso, con  consequenziale mancato radicarsi della giurisdizione del giudice amministrativo a mente dell’articolo 4 d.lgs. 165/2001. Tale procedura, infatti, rappresenta esercizio di quei poteri del privato datore di lavoro di cui all’articolo 5, secondo comma, del citato decreto legislativo, che non costituiscono estrinsecazione di una potestà pubblicistica e che, pertanto, radicano la giurisdizione del giudice ordinario…”.

7.   La questione di giurisdizione.

Ritiene questo Tribunale che, anche tenendo conto degli indirizzi espressi dalla Suprema Corte, sussistano i presupposti per sollevare la questione di giurisdizione innanzi alle Sezioni Unite, non risultando condivisibile la decisione del Tribunale Amministrativo per le ragioni di seguito esposte.

7.1.   (segue): i caratteri della procedura bandita dall’Amministrazione.

Come si desume dal relativo bando del 24.9.2012, prot. N. 2148 (doc.3, fascicolo ricorrente), la graduatoria impugnata costituisce l’atto finale della procedura comparativa pubblica, indetta dal Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca-Alta formazione artistica e musicale-Accademia di Belle Arti di Catania, per la stipula di contratti di diritto privato (occasionali, di collaborazione professionale o coordinati e continuativi) per l’insegnamento per l’anno accademico 2012-2013.

Dal preambolo del bando si evince che  tale procedura si è resa necessaria per garantire, per il detto periodo, “il numero di insegnamenti previsto dall’offerta formativa complessiva dell’Accademia di Belle Arti di Cataniaconstatato che all’interno dell’istituto non vi sono tutte le risorse disponibili a tal fine…”, mediante contratti ex art. 7, comma sesto, d.lgs. 165/2001[1].

L’analisi delle previsioni del bando consente di ritenere che trattasi di procedura che presenta le caratteristiche tipiche del “pubblico concorso”: trattasi di procedura comparativa per titoli alla quale possono partecipare i candidati che risultino muniti dei requisiti generali di ammissione (art. 2); la procedura è aperta al pubblico, non essendo contemplate riserve ovvero preclusioni all’esterno; la partecipazione alla selezione avviene mediante la proposizione, nel termine perentorio previsto, di apposita domanda (art. 3); gli aspiranti devono allegare il proprio curriculum, l’autocertificazione attestante il possesso dei titoli dichiarati, l’elenco dei titoli o dei documenti che ritengono utili ai fini della propria valutazione (tra cui le eventuali pubblicazioni); per ciascun settore, è prevista l’istituzione di apposite commissioni giudicatrici, composte da tre docenti titolari (art. 4); le commissioni giudicatrici determinano i criteri e le procedure per la valutazione comparativa dei titoli, basandosi prioritariamente – dunque, non esclusivamente – sulle tabelle di valutazione analiticamente rappresentate (art. 5) e provvedono alla valutazione comparativa dei titoli dei candidati; la procedura si conclude con il provvedimento di approvazione degli atti emesso dal Direttore (art. 6); sulla base delle graduatorie così approvate vengono poi individuati i destinatari degli incarichi di docenza (art. 7); l’amministrazione si riserva di disporre in autotutela rettifiche ad eventuali errori (art. 6).

Come sembra potersi evincere dalle suddette disposizioni della lex specialis, la procedura comparativa in questione, aperta al pubblico, si caratterizza per la “concorrenzialità” tra i candidati, nonché per la presenza di un certo tasso di discrezionalità (quantomeno tecnica) nella valutazione dei titoli e nella predeterminazione dei criteri (“le commissioni giudicatrici determinano i criteri e le procedure per la valutazione comparativa dei titoli prodotti dai candidati basandosi prioritariamente sulla seguente griglia di punteggi”). La valutazione risulta destinata a sfociare in una graduatoria con la nomina dei vincitori e/o degli idonei, la quale è soggetta all’approvazione finale da parte del Direttore dell’Istituto ed è suscettiva di provvedimenti di secondo grado in sede di “autotutela”.

Trattasi perciò di procedura che inizia con l’emanazione di un bando e risulta caratterizzata dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria, la cui approvazione, individuando i “vincitori”, rappresenta l’atto terminale del procedimento.

La posizione giuridica di cui i partecipanti risultano titolari appare così ascrivibile nell’ambito della categoria degli interessi legittimi.

Alla luce di quanto premesso, non pare davvero possibile annoverare tale procedura tra gli atti di esercizio dei poteri del privato datore di lavoro di cui all’art. 5 del d.lgs 165/2001, atteso che, in essa, non appare possibile scorgere “atti di gestione” di rapporti già in essere, essendo la stessa, invece, preordinata, attraverso le modalità tipiche delle procedure concorsuali comparative per titoli, all’individuazione dei candidati a cui successivamente conferire gli incarichi di lavoro temporanei (occasionali, di collaborazione professionale o coordinati e continuativi).

La procedura in questione si inquadra, perciò,  nell’ambito delle procedure di reclutamento del personale ex art. 7, comma sesto, e 36 d.lgs. 165/2001 ed è, come tale, annoverabile nell’ambito del “pubblico concorso”.

L’art. 36 d.lgs. 165/2001, infatti, prevede che “per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35” e che, tuttavia, per rispondere “ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti”.

Ciò significa che, tranne che nelle ipotesi eccezionalmente previste dalla legge, anche le assunzioni per esigenze temporanee ed eccezionali devono essere precedute dai sistemi di reclutamento previsti per le assunzioni a tempo indeterminato (ovverosia da prove concorsuali) e che la natura “occasionale” o “flessibile” ovverosia “privatistica” dell’incarico non può, per ciò stesso, modificare la natura della relativa procedura di reclutamento, nel caso di specie, come visto, tipicamente concorsuale e pubblica.

Quanto premesso, si ritiene, risulta confermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte che di seguito si riporta.

7.2.   (segue): la nozione di pubblico concorso nella giurisprudenza della Suprema Corte.

Secondo la giurisprudenza della Sezioni Unite della Corte (v., nel dettaglio, infra),  la circostanza che la procedura di selezione pubblica sia destinata alla stipula di contratti di lavoro a tempo determinato o di natura coordinata e continuata ovvero finalizzata al conferimento di incarichi di natura eminentemente privatistica, non giustifica, per ciò stesso, la devoluzione al Giudice ordinario delle controversie relative alla formazione delle rispettive graduatorie, dovendosi distinguere, anche in questi casi, le controversie che si incentrano sulla validità della graduatoria (che risultano devolute al giudice amministrativo ex art. 63 d.lgs. 165/2001), da quelle che concernono le fasi successive, che presuppongono una graduatoria già formata e non oggetto di discussione (che risultano devolute al giudice ordinario, cfr., al riguardo, da ultimo, Cass. Sez. Unite, 23 settembre 2013 n. 21671; ad es., domanda di assunzione, basata sulle risultanze di una graduatoria divenuta inoppugnabile).

Sul punto, si ritiene pertinente segnalare la pronunzia n. 529/2010 resa dalle Sezioni Unite il 15.1.2010, secondo cui “In tema di impiego pubblico, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 63, comma 4, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione a tempo determinato di personale di una Comunità montana, posto che a dette procedure si applicano le norme generali, discendenti dal principio di cui al comma 3 dell’art. 97 cost., che governano la gestione dei concorsi pubblici, le quali non hanno ragione di essere derogate per il solo fatto che l’assunzione sia stata effettuata con contratti a termine, in funzione dell’esecuzione di uno specifico progetto, ed il bando di concorso abbia considerato una selezione per soli titoli, senza prevedere lo svolgimento di prove d’esame”.

La Corte ha evidenziato che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, confermando quanto già previsto dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 68 nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 29, attribuisce al giudice amministrativo (in sede di giurisdizione generale di legittimità) le controversie in materia di “procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni“, anche con riferimento ai rapporti di lavoro privatizzati o flessibili”.

I giudici di legittimità, invero, hanno ricordato che, a mente del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 1, nelle amministrazioni pubbliche le assunzioni avvengono in genere mediante concorso, in attuazione del principio dettato dall’art. 97 Cost., comma 3 (che consente la deroga alla regola del concorso nei “casi stabiliti dalla legge”), e precisamente “tramite procedure selettive conformi ai principi del comma 3“, mentre la procedura di concorso non e’ necessaria soltanto per le “qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo“, per le quali si ricorra all’avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento.

La Corte, inoltre, ha precisato che, in assenza di distinzioni operate dalla legge, dette regole sono applicabili in genere anche alle ipotesi di assunzioni con contratti a termine (principi affermati in merito al conflitto di giurisdizione negativo relativo alla selezione pubblica destinata al conferimento di incarico privatistico per la stipula di un “contratto di collaborazione a progetto”), dovendo, peraltro, il termine “assunzione” ex art. 63 d.lgs. 165/2001 intendersi estensivamente” (Cass. Sez. unite, 29 maggio 2012,  n. 8522).

La Corte, ancora, ha rimarcato che la selezione “per soli titoli” non determina l’estraneità della stessa dalla nozione di concorso.

Infatti, “neanche può fondatamente affermarsi che nel caso concreto la predeterminazione dei criteri per l’assegnazione dei punteggi ai vari titoli escluda completamente una sfera di valutazioni discrezionali, in quanto, se ciò è vero per taluni tipi di titoli (per esempio, per i titoli di studio e per la durata di iscrizione all’ufficio di collocamento), non lo è invece per altri aspetti del curriculum, per i quali è necessaria quanto meno la valutazione della effettiva inerenza del titolo al tipo di esperienze valorizzate dal bando (e non apparirebbe esclusa neanche la graduazione del punteggio nei limiti del massimo previsto per lo specifico profilo)” (Cass. Sez. Unite, n. 529/2010, cit.; conf. Cass. Sez. Unite, 29 maggio 2012,  n. 8522).

Peraltro, secondo la Corte, ai fini della sussunzione di una procedura di selezione nell’ambito concettuale e giuridico del concorso, e specificamente ai fini della soluzione delle questioni di giurisdizione, non appare rilevante un sindacato sulla presenza o meno di margini di discrezionalità nella valutazione dei titoli.

Infatti, “i concreti criteri di selezione possono non irrazionalmente essere correlati alle specificità sia delle qualità richieste per la posizione lavorativa, sia della obiettiva natura e idoneità discriminatoria dei titoli, e non deve trascurarsi che i problemi di giurisdizione hanno rilievo preliminare rispetto ad eventuali contestazioni del bando proprio sotto il profilo dei criteri dallo stesso adottati per la selezione concorsuale” (Cass. Sez. Unite, n. 529/2010, cit.;  nel precedente in esame, la Corte richiama Cass. Sez. Unite n. 5453/2009 che, risolvendo una questione di giurisdizione, ha rilevato che persino l’adozione del criterio selettivo del mero “sorteggio”, per quanto singolare, non snatura la natura concorsuale della procedura).

L’irrilevanza della natura privatistica dell’incarico ai fini della giurisdizione, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R. Sicilia, è stata ribadita nella materia delle procedure per il conferimento degli incarichi ai medici della medicina generale in regime di convenzione da parte delle unità sanitarie locali (qualificati come costitutivi “di rapporti di prestazione d’opera professionale connotati dalla collaborazione continuativa e coordinata”).

Al riguardo, le Sezioni Unite della Corte hanno evidenziato che “poichè nella fase di individuazione delle zone carenti, che l’amministrazione intenda ricoprire, e nella formulazione delle graduatorie vi sono spazi per valutazioni discrezionali, cui corrispondono posizioni di interesse legittimo degli aspiranti, le eventuali relative controversie sono attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, mentre la giurisdizione del giudice ordinario è configurabile invece con riferimento alla fase successiva all’approvazione di tali graduatorie in cui l’amministrazione deve procedere alle convenzioni di diritto privato (costitutive di rapporti di prestazione d’opera professionale connotati dalla collaborazione continuativa e coordinata) sulla base dell’ordine progressivo della graduatoria, senza che residuino spazi per l’esercizio di un potere discrezionale (in tal senso, Cass. Sez. Unite, 30 marzo 2011, n. 7187, che ha risolto il conflitto negativo di giurisdizione, cassando la sentenza del T.A.R. Sicilia – sez. Catania, ivi altra giurisprudenza conforme; cfr. pure Cass. Sez. Unite 2 aprile 2007, laddove è stata affermata la giurisdizione del G.O. poiché la controversia non riguardava l’illegittimità della graduatoria, ma il mancato utilizzo della stessa, a scapito dell’unico candidato utilmente posizionatosi).

Ebbene, sia dalla lettura della sentenza n. 529/2010, sia dall’esame della successiva n. 7187/2011, si trae conferma che la natura privatistica del contratto (atto successivo all’approvazione della graduatoria, che determina l’instaurazione del rapporto,  momento a partire dal quale è possibile configurare atti di gestione dello stesso ex art. 5 d.lgs. 165/2001) non esclude la natura pubblica e concorsuale della selezione comparativa finalizzata all’individuazione dei candidati idonei per la stipula dello stesso e, dunque, alla formazione della relativa graduatoria, dovendosi procedere, anche per la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato ed occasionale – escluse le eccezioni previste dalla legge, che nel caso in scrutinio non ricorrono –  mediante pubblico concorso ex art. 35, 36 d.lgs 165/2001, a nulla potendo rilevare che questo venga svolto soltanto mediante la valutazione dei titoli o addirittura per sorteggio.

Tali principi sono del resto coerenti con quelli da tempo affermati dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass., Sez. Unite 20 giugno 2007 n. 14290[2]; conforme anche Cons. Stato, VI, 9 febbraio 2010, n. 1401[3]; da ultimo, cfr. Cass. Sez. Unite, 29 maggio 2012,  n. 8522), dovendosi, peraltro, rilevare che anche nel pubblico impiego “privatizzato”, a seguito del pubblico concorso,  il rapporto si instaura mediante la stipula di contratti di diritto privato (cfr., art.  2, comma terzo, d.lgs. 165/2001).

Per i motivi sopra esposti, non si ritiene possibile giungere alle conclusioni rese dal T.A.R. SICILIA – sezione Catania, nella sentenza che, nella procedura in questione, ha declinato la propria giurisdizione, in favore del giudice ordinario, essendo la procedura impugnata, per le caratteristiche sue proprie, come sopra evidenziate (si rinvia al § 7.1.), annoverabile nella nozione di “pubblico concorso” ed essendo in contestazione la legittimità della relativa graduatoria, con conseguente devoluzione della relativa controversia al Giudice Amministrativo.

Si ritiene, pertanto, indispensabile, sollevare la questione innanzi alla Suprema Corte ai sensi dell’art. 59 l. 69/2009, disponendo, nel contempo, la sospensione del processo.

P.Q.M.

visto l’art. 59 l. 69/2009;

SOSPENDE il processo;

RIMETTE la questione di giurisdizione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, affinché queste ultime vogliano definitivamente accertare che la controversia in scrutinio, riassunta ex art. 11 Cod. proc. Amm., a seguito della sentenza del T.A.R. Sicilia – sez. Catania del 27.3.2012, rientra nella giurisdizione del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 63, comma quarto, d.lgs. 165/2001;

DISPONE che la Cancelleria curi la trasmissione degli atti, previa copia degli stessi, alla Suprema Corte di Cassazione.

Si comunichi alle parti.

Catania, 26/10/2013

IL GIUDICE DEL LAVORO

(Dott. Mario Fiorentino)

 

Depositato il 28/10/2013

IL CANCELLIERE


[1]  Si riporta per comodità l’art. 7, comma sesto, d.lgs. 165/2001:

Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità :

a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;

b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilita’ oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non e’ ammesso il rinnovo; l’eventuale proroga dell’incarico originario e’ consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico;

d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica , ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.

Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati e’ causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Il secondo periodo dell’articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, e’ soppresso. Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 36, comma 3, del presente decreto”.

[2] Secondo cui “La giurisdizione amministrativa sulle controversie inerenti a procedure concorsuali per l’assunzione, contemplata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, è limitata [e dunque si riferisce] a quelle procedure che iniziano con l’emanazione di un bando e sono caratterizzate dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria, la cui approvazione, individuando i “vincitori”, rappresenta l’atto terminale del procedimento”.

[3] Secondo cui “Rientrano nella nozione di “procedure concorsuali”, … tutte le sequenze procedimentali, aperte a soggetti in possesso di predeterminati requisiti soggettivi, caratterizzate da concorrenzialità fra i partecipanti alla selezione, da effettuarsi in base al possesso di titoli predeterminati dal bando o a mezzo di prove rivelatrici del livello di preparazione culturale e/o di idoneità ed esperienza professionale dei candidati”.