Tribunale di Terni – Ordinanza 24 giugno 2009

Crocifisso esposto nell’aula scolastica – rimozione da parte del docente nelle proprie ore di lezione – volontà contraria alla rimozione della classe – diffida del Dirigente scolastico – condotta discriminatoria – non sussiste.

 

Tribunale Civile di Terni. Ordinanza 24 giugno 2009
(Ordinanza tratta da: Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose (www.olir.it))

 

TRIBUNALE DI TERNI

Il Giudice designato, dott.ssa Barbara Di Giovannantonio,
sciogliendo la riserva che precede;
letti gli atti ed i documenti di causa, nonché le note autorizzata depositate dalle parti nei termini indicati dal Giudice;
letto il ricorso proposto da C.F. ex art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216;
rilevato che la tutela giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti di cui all’art. a del citato decreto legislativo si svolge nelle forme previste dall’art. 44, commi da 1 a 6, 8 e 11 del testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina della immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 2S luglio 1998, n. 286;
viste le istanze istruttorie formulate dalla sola parte resistente Ministero dell’Istruzione e Istituto Professionale di Stato per i Servizi “A.C.”;
ritenuto che i dedotti atti di istruzione non siano indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto;
ritenuto infatti adeguatamente istruito il procedimento dalle produzioni documentali versate in atti;
rilevato che parte resistente ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per difetto del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’art. 4, comma 3 del decreto legislativo n. 216/a003;
ritenuto che ai sensi del terzo comma dell’art. 4 del citato decreto legislativo, chi intende agire in giudizio per il riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni di cui all’art. 2 può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 410 c.p.c. o ai sensi dell’art. 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per i rapporti di lavori con le amministrazioni pubbliche;
ritenuto che il dettato normativo appare strutturato nel senso di ritenere facoltativo (può) e non obbligatorio il preliminare tentativo di conciliazione;
ritenuto, conseguentemente, che il mancato esperimento del tentativo di conciliazione non determini alcuna improcedibilità del ricorso proposto;
ritenuto dunque di dover esaminare il merito della questione prospettata dal ricorrente;

 

OSSERVA

Il Prof. F. C., insegnante di lettere per la classe di concorso A050 presso l’istituto “F. R.” di Reggio Emilia è in assegnazione provvisoria presso l’Istituto Professionale di Stato per i Servizi”A.C.” di Terni ed insegna alla classe 3A del medesimo Istituto.

A fine settembre 2008 alcuni studenti chiedevano al Dirigente Scolastico l’affissione di un crocifisso, di proprietà della scuola, sulla parete dell’aula retrostante la cattedra dell’insegnante. Il Dirigente acconsentiva alla richiesta.

Il prof. C. rappresentava quindi con nota del 2.10.2008 al dirigente scolastico le motivazioni di coscienza che gli impedivano di fare lezione alla presenza del simbolo religioso del crocifisso, per i convincimenti ateistici professati, nonché per motivazioni didattiche, di garanzia di libertà religiosa, di insegnamento e di rispetto del principio costituzionale di laicità dello stato: in particolare il C. riteneva che l’ostentazione di un particolare simbolo religioso non garantiva la libera espressione per tutti e la definizione di un ambiente aperto ed inclusivo. Da qui la decisione di togliere il crocifisso durante le proprie ore di lezione e di riposizionarlo sulla parete al termine della lezione svolta.

In data 18.10.2008 l’assemblea degli studenti della classe 3 A decideva l’affissione del crocifisso durante tutte le ore di lezione (“la classe, dopo ampia discussione, decide di tenere affisso il crocifisso durante tutte le ore di lezione”).

In conseguenza di ciò, il Dirigente scolastico con la circolare n. 25/65 del 21 ottobre 2008 invitava tutti i docenti della classe 3 A a rispettare la decisione degli studenti.

Il Prof. C., firmando per ricevuta la comunicazione, annotava sul documento la propria “riserva di intervenire sull’oggetto a difesa ed in tutela della libertà di insegnamento”.

Tuttavia, nei giorni successivi, il prof. C. continuava ad insegnare nell’aula della classe 3 A provvedendo a rimuovere il crocifisso all’inizio della lezione per poi riposizionarlo sulla parete al termine della stessa. Ciò veniva comunicato dai rappresentanti di classe al Dirigente scolastico, il quale con la nota del 23.10.2008 diffidava formalmente il prof.. C. dal continuare alla rimozione del crocifisso “che sta creando negli studenti frustrazioni, incertezze e preoccupazioni”.

Il Consiglio di classe del 3.11.008 si concludeva con la presa d’atto della volontà degli studenti di mantenere il crocifisso nell’aula della classe 3 A.

Seguiva nuova diffida del Dirigente Scolastico, datata 6.11.2008, ove il dirigente Scolastico sottolineava come la rimozione del crocifisso “sta umiliando la volontà degli studenti, espressa con forza e con chiarezza, il Consiglio di classe e l’intera comunità. scolastica”.

Intanto il Dirigente Scolastico interessava della vicenda la Direzione Scolastica Regionale e la Procura della Repubblica.

Il Consiglio di istituto riunitosi il 24.11.2008 esprimeva un forte dissenso e una decisa condanna al comportamento del docente” perché “convinto che la scuola debba favorire il confronto, la partecipazione, il rispetto delle regole, il rispetto degli altri e la crescita consapevole delle competenze decisionali reputa che con il comportamento del docente queste siano state avvilite e mortificate”.

Con comunicato stampa del 9.12.2008 gli studenti dell’Istituto C. esprimevano “indignazione” per il gesto del prof. C. che “invece di investire in un serio e condiviso ragionamento con gli studenti della sua classe cercando di elaborare un pensiero condiviso, ha forzato con un atto unilaterale e non molto educativo”.

Dalla descritta ricostruzione dei fatti, risultante dall’esame della documentazione versata in atti, il ricorrente fonda la richiesta di accertamento della condotta discriminatoria del Dirigente Scolastico con ordine di cessazione del comportamento lamento lamentato e conseguente richiesta risarcitoria per danni morali.

Lamenta, infatti, il ricorrente che la condotta della Amministrazione scolastica, consistente nell’imporgli di insegnare sotto il crocifisso, nel minacciare e nel sollecitare l’attivazione di sanzioni disciplinari e l’intervento della Procura della Repubblica a fronte del rifiuto dell’insegnante prof. C., costituisca condotta discriminatoria ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo n. 216 del 2003.

Occorre dunque accertare se la condotta tenuta dal dirigente Scolastico nei confronti del Prof. C., come sopra compiutamente descritta, possa o meno configurare una discriminazione diretta o indiretta a danno del ricorrente o almeno una molestia.

Il ricorrente, in particolare, richiama l’applicazione della normativa di cui al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante disposizioni relative all’attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle condizioni personali, dagli handicap, dall’età , dall’orientamento sessuale per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro.

A tal fine la stessa norma descrive cosa debba intendersi per principio di parità di trattamento: l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, dell’età o dell’orientamento religioso.

Si ha discriminazione diretta quando, per religione, per convinzioni personali, per handicap, per età o per orientamento sessuale, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga.

Ebbene, a ben vedere il Dirigente Scolastico non ha trattato il Prof. C. meno favorevolmente rispetto agli altri docenti, avendo egli recepito la volontà degli studenti, manifestata chiaramente nella decisione della Assemblea di classe del 21.10.2008 e confermata nel Consiglio di classe successivo, e avendo diramato a tutti gli insegnanti, indipendentemente da orientamenti religiosi, convinzioni personali, una circolare ove invitava appunto tutti i docenti a rispettare la volontà degli studenti, e quindi a garantire la presenza del crocifisso nell’aula della classe 3 A.

Allo stesso modo non appare ravvisabile nel comportamento della Amministrazione scolastica una condotta discriminatoria indiretta, che si concretizza quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone che professano una determinata religione, ideologia di altra natura….. in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.

Il dirigente scolastico, adottando gli atti e le decisioni sopra descritti, non ha posto il Prof. C. in una situazione di particolare svantaggio rispetto agli atri insegnati: il comportamento del dirigente è stato indirizzato dalla esclusiva esigenza di garantire il pluralismo culturale e religioso, di rispettare la coscienza morale e religiosa espressa dagli alunni della classe 3 A, invitando tutti i docenti a rispettare la volontà espressa dal consiglio di classe.

Ancora meno può ravvisarsi, nei fatti sopra rappresentati, una ipotesi di molestie, descritte al comma 3 dell’art. 2 del decreto legislativo n. 216/2003, come quei “comportamenti indesiderati, posti in essere per uno dei motivi di cui all’art 1. aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile e degradante, umiliante ad offensivo”.

La norma tende a sanzionare quindi quei comportamenti posti in essere nell’intento di discriminare determinate persone a causa della religione professata, delle convinzioni personali, dell’età, ecc … e quindi garantisce la parità di trattamento fra le persone.

Ebbene, la condotta dell’Amministrazione scolastica non è connotata da alcun intento discriminatorio ma è più semplicemente tesa a rispettare la scelta culturale e religiosa espressa dalla classe nella assemblea del 18.10.2008; recepita nel consiglio di classe del 6.11.2008 e ribadita nel comunicato stampa del 9.12.:2008, invitando formalmente in tal modo tutti gli insegnati ad improntare la relazione con gli studenti nel segno del reciproco rispetto, della tolleranza e della condivisione.

Deve sottolinearsi, infatti, che la laicità e la libertà di insegnamento si fonda sulla libertà dì espressione, di pensiero e di religione e quindi sul rispetto reciproco di tutte le persone indipendentemente dal loro orientamento religioso, di pensiero e di coscienza. Ed è questo il più alto valore della laicità: il rispetto delle religioni altrui e la tolleranza di tutti gli orientamenti religiosi. Ed è proprio nel rispetto di tale principio che il dirigente scolastico ha posto in essere la condotta oggi lamentata, senza alcun intento di carattere discriminatorio.

Non può non rilevare, comunque, in questa sede, come il Prof. C., a fronte di una asserita discriminazione per motivi religiosi, non ha atteso il pronunciamento di una autorità giurisdizionale, ma ha sistematicamente rimosso durante le proprie ore di lezione il crocifisso esposto nell’aula.

In definitiva, dunque, per le argomentazioni sopra esposte, il Tribunale ritiene che non sussista alcun atto discriminatorio ai sensi del decreto legislativo n. 216/2003 della Amministrazione scolastica nei confronti del ricorrente, per cui il ricorso proposto dal prof. C. F. deve essere rigettato in quanto infondato.

Da ultimo, si osserva come esula dalla questione sottoposta a questo Giudice , la problematica relativa alla sussistenza o meno di un obbligo di esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche: la questione è stata già affrontata da altri Tribunale (provvedimento Tribunale dell’Aquila del 22.10.2003) con motivazioni anche astrattamente condivisibili, che comunque attengono ad un profilo giuridico assolutamente estraneo alla presente controversia,

In considerazione della complessità e delicatezza della questione oggetto della considerazione appare equo compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso proposto da C. F.; compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio.
Si comunichi.

Terni, 22 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2009