Candidato sorpreso a copiare all’esame di stato: espulsione obbligatoria o discrezionale decisione della commissione?

Commento alle sentenze n. 391/12 e n. 4834/12 del Consiglio di Stato.

 

Si potrebbe anche intitolare “la contraddittoria giurisprudenza del Consiglio di Stato”. Infatti la VI sezione del Consiglio di Stato, a distanza di pochi mesi, ha emesso due sentenze che sanciscono criteri di comportamento molto diversi tra loro.

Con sent. n. 391 del 27.01.2012 la VI sezione ha, infatti, ritenuto legittima l’esclusione di un candidato il cui telefono cellulare aveva squillato durante la prova d’esame in conseguenza dell’attivazione della sveglia, senza che sia stato ritenuto necessario dimostrarne l’utilizzo al fine di mettersi in contatto con l’esterno.

Con sent. n. 4834 del 12.09.2012 sempre la VI sezione ha, invece, ritenuto ingiustificato il comportamento della commissione d’esame che aveva escluso una candidata sorpresa a copiare da un telefono cellulare palmare, in quanto la sanzione espulsiva avrebbe prescisso dal contesto valutativo dell’intera personalità e del percorso scolastico dello studente.

Per tentare di inquadrare le due diverse pronunce nel contesto giuridico appropriato, si deve partire dalla questione relativa alla normativa applicabile alla fattispecie rappresentata dall’utilizzo del telefono cellulare in sede di esame di stato.

Per gli esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore manca, infatti, una fonte giuridica di rango primario che disciplini gli adempimenti dei candidati durante lo svolgimento delle  prove: né la L. 425/1997 né il Regolamento attuativo contenuto nel DPR 323/1998 prevedono alcunchè sulla possibilità o meno di introdurre cellulari o altri dispositivi tecnologici in grado di consentire al candidato di mettersi in contatto con l’esterno o comunque di copiare la prova d’esame.

Tuttavia, ogni anno vengono emesse ordinanze o circolari ministeriali –cioè fonti normative secondarie- che richiamano il divieto di utilizzo di suddette apparecchiature.

Così è stato, ad esempio, con le circolari ministeriali emesse in occasione dei due esami di stato oggetto delle diverse pronunce del Consiglio di Stato. Sia la circolare n. 3614 dell’11.05.2010 che  l’Ordinanza Ministeriale n. 41/2012 prevedevano il divieto di portare a scuola telefoni cellulari di qualunque tipo nei giorni delle prove scritte, disponendo che “nei confronti di coloro che fossero sorpresi ad utilizzarli è prevista, secondo le norme vigenti in materia di pubblici esami, l’esclusione da tutte le prove”.

La fonte di rango primario può, invece, individuarsi nell’art. 13 del DPR 487/1994 (Regolamento sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e modalità di svolgimento dei concorsi), i cui commi 1, 3 e 4 così recitano: “1. Durante le prove scritte non è permesso ai concorrenti di comunicare tra loro verbalmente o per iscritto, ovvero di mettersi in relazione con altri, salvo che con gli incaricati della vigilanza o con i membri della commissione esaminatrice.

3. I candidati non possono portare carta da scrivere, appunti manoscritti, libri o pubblicazioni di qualunque specie. Possono consultare soltanto i testi di legge non commentati ed autorizzati dalla commissione, se previsti dal bando di concorso, ed i dizionari.

4. Il concorrente che contravviene alle disposizioni dei commi precedenti o comunque abbia copiato in tutto o in parte lo svolgimento del tema, è escluso dal concorso. Nel caso in cui risulti che uno o più candidati abbiano copiato, in tutto o in parte, l’esclusione è disposta nei confronti di tutti i candidati coinvolti.”

Come può notarsi, la legge del 1994 non fa menzione dei telefoni cellulari, che in Italia hanno cominciato ad avere ampia diffusione a partire dalla metà degli anni ’90, ma vieta a pena di esclusione taluni comportamenti – come quello di comunicare e mettersi in relazione con altri, portare appunti e pubblicazioni di qualunque specie –  la cui potenzialità inficiante l’autenticità dell’elaborato, e quindi l’idoneità dello stesso ad esprimere il livello di preparazione del candidato, risulta certamente esaltata dalle apparecchiature informatiche e telematiche oggi ampiamente diffuse.

Pertanto le circolari ministeriali, da questo punto di vista, non creano norme, ma si limitano ad attualizzare quelle già esistenti, prevedendo espressamente una loro applicazione estensiva che tiene conto dell’evoluzione tecnologica.

Il problema, semmai, potrebbe essere rappresentato dal fatto che la norma del 1994 è prevista per lo svolgimento dei concorsi relativi all’accesso al pubblico impiego e non è espressamente prevista per l’esame di stato al termine dell’istruzione secondaria superiore.

Ma questa apparente impasse è risolta da entrambe le sentenze in commento che, conformemente alla precedente giurisprudenza,  ritengono pacificamente applicabile anche agli esami di stato la normativa nata per disciplinare l’accesso ai pubblici impieghi, per l’evidente comunanza della ratio di tale disposizione.

Sin qui l’iter argomentativo appare chiaro e comune ad entrambe le sentenze, che invece divergono sull’interpretazione relativa alla vincolatività o meno delle conseguenze della contravvenzione al divieto.

La sentenza n. 391/12, infatti, pur ammettendo la scarsa chiarezza del precetto (“la locuzione «sorpresi ad utilizzarli», infatti, può ben essere ragionevolmente intesa nel senso che l’illecito si concretizzi solamente quando si sia colti in contatto con altri (sotto il profilo verbale o della comunicazione di dati, comunque avvenga), con esclusione dunque del caso in cui risulti la «mera disponibilità» di un telefono cellulare, acceso o spento che sia”), adotta un criterio molto rigido affermando che, se sulla base della suddetta interpretazione non si sarebbe potuta disporre l’esclusione in quanto il telefono aveva squillato solo perché si era attivata la sveglia, “tuttavia nel caso di specie [l’esclusione è corretta] perché il presidente della commissione d’esami, in apertura della prova, ha invitato i candidati «alla consegna obbligatoria di qualsiasi strumento di comunicazione con l’esterno», segnalando le specifiche conseguenze della violazione di tale prescrizione. Non avendo il candidato ottemperato a questo invito e avendo il suo telefono squillato (con conseguente verifica della inottemperanza), la commissione ha legittimamente stabilito di escluderlo dalle prove d’esame”.

All’opposto, la sentenza n. 4834/12 pur riconoscendo il carattere vincolante della sanzione rappresentata dall’esclusione dalle prove, prevista dalla normativa, ha però affermato che “detta norma [l’art. 12 della Ordinanza Ministeriale n. 41/2012] non esclude che la sanzione debba essere applicata motivatamente, non prescindendo dal contesto valutativo dell’intera personalità e del percorso scolastico dello studente” e ciò alla luce della finalità dell’esame di stato che è volto, ex art. 3 L. 425/97, ad accertare “le competenze e le conoscenze acquisite” nonché “le basi culturali generali” e “le capacità critiche del candidato”.

Pertanto, ad avviso della Corte, “non potevano ignorarsi, nel caso di specie, il brillante curriculum scolastico della candidata…né le peculiari circostanze che caratterizzavano il fatto contestato (svolgimento di una delle tracce previste per la prova di italiano e sola al termine di tale prova inizio di un nuovo elaborato, con l’ausilio appunto del palmare, per uno stato d’ansia probabilmente riconducibile anche a problemi di salute, attestati nella nota conclusiva del dirigente scolastico)”.

Entrambe le sentenze destano, invero, qualche perplessità: la prima (sent. n. 391) per l’eccessivo  rigorismo, in quanto equipara nei fatti la mera detenzione del cellulare al suo utilizzo quale strumento di comunicazione; la seconda (sent. n. 4834) per l’atteggiamento opposto.

Proprio con riferimento alla seconda sentenza ci si chiede come possa logicamente conciliarsi il riconoscimento del carattere vincolante del provvedimento espulsivo con la pretesa di darne un’applicazione “motivata” con riferimento “al contesto valutativo dell’intera personalità e del percorso scolastico dello studente”.

Infatti una fondamentale distinzione dell’azione amministrativa è quella che separa l’attività discrezionale da quella vincolata: quest’ultima è caraterizzata dal fatto che la norma d’azione non lascia alla pubblica amministrazione lo spazio per valutare quella che può essere la miglior scelta per soddisfare un interesse pubblico, limitando l’ambito di intervento all’accertamento della sussistenza dei requisiti o dei fatti che legittimano o impongono l’azione amministrativa. La PA è chiamata a svolgere una verifica tra quanto previsto in astratto dalla legge, come presupposto dell’azione, e quanto effettivamente presente nella realtà fattuale.

La natura vincolata del provvedimento amministrativo riduce conseguentemente anche l’ampiezza dell’obbligo motivazionale, che ben può essere adempiuto mediante la semplice enunciazione dei presupposti dell’azione posta in essere. Infatti se l’organo amministrativo che agisce non ha facoltà di scelta tra più soluzioni possibili e non deve comparare e bilanciare interessi pubblici con interessi privati, è evidente che la motivazione del suo operato dovrà limitarsi a dar conto di come è stata accertata una certa situazione al fine di evidenziare la correttezza del suo operato.

Ora, nel momento in cui la norma d’azione (l’art. 13 del DPR 487/1994, implicitamente richiamato dalle circolari ministeriali) dispone che “il concorrente che contravviene…è esplulso”, appare difficile dubitare del fatto che ci si trovi in presenza di un potere vincolato, ed infatti ciò viene riconosciuto dalla sent. n. 4834/12, e quindi appare difficile conciliare questo dato con l’asserito obbligo di motivare – ma meglio sarebbe dire, condizionare – l’esercizio del potere espulsivo con la situazione del percorso scolastico dello studente.

Il Consiglio di Stato sembra giungere a questa strana decisione partendo da una considerazione, di per sé, giusta: poiché l’esame di stato è volto ad accertare le competenze e le conoscene acquisite nell’ultimo anno del corso di studi in relazione alle basi culturali ed alle capacità critiche del candidato, la valutazione non può fondarsi solo sulle prove sostenute nei giorni dell’esame, ma deve tenere in giusta considerazione anche il complessivo curriculum scolastico del candidato; pertanto la violazione di un obbligo comportamentale idoneo ad inficiare una singola prova, non può comportare un provvedimento che determini il mancato superamento dell’esame.

Ma questo ragionamento sembra compiere un salto logico, dal momento che il mancato superamento dell’esame non dipende dalla mancata valutazione del curriculum o della personalità dell’esaminando, ma dal fatto che la legge ha imposto la sanzione espulsiva dei candidati sorpresi a tenere un comportamento fraudolento.

A tacere poi del fatto che una delle fondamentali finalità del secondo ciclo del sistema educativo è quella di “promuovere l’educazione alla convivenza civile, la crescita educativa…l’esercizio della responsabilità personale e sociale” (come recita l’art. 1 D.Lgs. 226/05 – Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relative al secondo ciclo del sistema educativo) e che il comportamento fraudolento tenuto proprio in sede di esame conclusivo del corso di studi secondari, appare di per sé espressivo del mancato raggiungimento di quel fondamentale obiettivo generale.

Avv. Gianluca Dradi