Consiglio di Stato – Sentenza n. 3257 del 27 giugno 2014

 

Concorso DS Calabria: Non vi era alcuna incompatibilità dei membri della Commissione esaminatrice

 

Con la sentenza n. 3257-2014 depositata ieri, 26.06.2014, il Consiglio di Stato sez. VI, ha statuito che non vi era alcuna incompatibilità nè del presidente della Commissione esaminatrice nè di altro componente della stessa.

Ciò ha stabilito il Supremo Consesso Amministrativo attraverso le seguenti motivazioni: “L’art. 51, primo comma, Cod. proc. civ., prevede che il giudice ha il dovere di astenersi nei seguenti casi: 1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto; 2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; 3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; 4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; 5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.

Il secondo comma dello stesso art. 51 dispone, infine, che il giudice ha la facoltà di richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi in ogni altro caso in cui ravvisi gravi ragioni di convenienza.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che le cause d’incompatibilità sancite dall’art. 51, c.p.c., estensibili, in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi dell’azione amministrativa, rivestono però carattere tassativo e, come tali, sfuggono all’estensione analogica, stante l’esigenza di assicurare la certezza dell’azione amministrativa (es. Cons. Stato, VI, 30 luglio 2013, n. 4015, e le altre sentenze ivi citate) e di evitare un pretestuoso ricorso ad elementi invalidanti che non sia basato su un effettivo conflitto di interessi.

Chiarito ciò, Consiglio di Stato ha poi, avuto riguardo a quanto stabilito dall’art. 51, identificato alcuni parametri da osservare in specifici settori e, in particolare, in quello dei concorsi pubblici. In particolare, si è affermato che:
– «la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d’incompatibilità normativamente cristallizzate, salva la spontanea astensione di cui al capoverso dell’art. 51, c.p.c. »;
– «la conoscenza personale e/o l’instaurazione di rapporti lavorativi ed accademici non sono di per sé motivi di astensione, a meno che i rapporti personali o professionali non siano di rilievo ed intensità tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali»;
– «perché i rapporti personali assumano rilievo deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro ed allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio», essendo «rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente/allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità d’interessi di carattere economico» (Cons. Stato, sez. VI, n. 4015 del 2013, cit.).

In definitiva, affinché sussista l’obbligo di astensione deve essere dimostrata la sussistenza di un rapporto di lavoro o professionale stabile con la presenza di interessi economici; ovvero di un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità.

Nella fattispecie in esame non sembra ricorrano, o quanto meno che siano concretamente dimostrate, tali condizioni.

Non risulta, infatti, la sussistenza effettiva di una connessione tra corso di perfezionamento e il concorso in esame tale che risulti da fare presumere in equivocamente l’esistenza di una tale relazione professionale di rilevanza economica. Ciò in quanto: i) il corso in contestazione è un corso non di formazione per la partecipazione al concorso in esame, ma è un corso di perfezionamento di trentasei ore (non sufficienti ai fini concorsuali), istituito con accordo del 16 dicembre 2010 intercorso tra l’Università degli studi della Calabria di intesa con l’Ufficio scolastico regionale nel rispetto delle modalità prefigurate dal decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162 (Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento); ii) il corso di perfezionamento è stato indetto con bando del 5 gennaio 2011 mentre il concorso è stato indetto con bando del 13 luglio 2011. In quest’ottica, il pagamento della quota di iscrizione non assume rilevanza; iii) non risulta che le tracce oggetto del concorso siano state oggetto di trattazione del corso, non essendo sufficiente affermare che la prima prova scritta abbia riguardato «l’argomento della governance» oggetto di trattazione nel corso, attesa l’ampiezza dell’argomento inserito, tra l’altro, in una traccia di più ampia formulazione.

Nemmeno il corso si è svolto in modo tale da dar certezza che si possa essere creato un rapporto personale così intenso da indurre il commissario a violare le regole di imparzialità nella conduzione della prova orale.

In mancanza di elementi probatori concreti, assume rilievo la circostanza che il prof. [omissis] ha svolto il ruolo di direttore, coadiuvato da un comitato scientifico, ma non ha svolto alcune delle dodici lezioni in programma. Ma anche qualora avesse svolto, come affermano le appellanti, talune lezioni, indicate nell’atto di appello, ciò non sarebbe comunque sufficiente ad integrare una causa di astensione.

In relazione alla causa di incompatibilità del dott. [omissis], è sufficiente rilevare che non basta una mera ed ipotetica conoscenza personale conseguente al fatto di prestare attività lavorativa – con mansioni, peraltro, diverse – nell’ambito della stessa istituzione scolastica. In assenza, pertanto, di più concreti elementi di valutazione deve ritenersi priva di fondamento anche tale parte della censura”.

Alla luce di tanto, le censure rivolte avverso il provvedimento di nomina della Commissione Esaminatrice, sono state integralmente rigettate.

Avv. Giuseppe Policaro