Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione autonoma Valle D’Aosta – Sentenza n. 6/2009

A fronte di una richiesta di risarcimento del danno all’immagine, il momento di decorrenza della prescrizione quinquennale va individuato nel disvelamento del fatto illecito e nell’emergere del conseguente pregiudizio per l’amministrazione di appartenenza, al più tardi alla data di conclusione del relativo procedimento disciplinare con decreto di irrogazione della sanzione.

 

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SENT. 6/09

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA

 

composta dai signori magistrati
Sergio Annunziata Presidente
Paolo Maria Cominelli Giudice
Gerardo de Marco Giudice relatore
ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio iscritto al n. 686 del registro di Segreteria, promosso dalla Procura Regionale, in persona del Procuratore Regionale Maurizio Mirabella, nei confronti del signor XXX., difeso dagli Avv.ti ………… e ……… del Foro di Casale Monferrato nonché dall’Avv. ………. del Foro di Aosta.

PREMESSO CHE

– il signor XXX è stato condannato penalmente, in primo grado, con sentenza del Tribunale di omissis n. omissis, alla pena di anni due di reclusione ed alla multa di euro 3.000,00 ai sensi degli artt. 81 e 600-ter c.p., “per avere, con più azioni esecutive di un medesimo [disegno] criminoso, distribuito e/o divulgato per via telematica materiale pedopornografico, connettendosi tramite computer, detenuto presso la scuola media di omissis, alla rete Internet sulla quale (…) scambiava con un agente della Polizia Postale di omissis 17 files aventi ad oggetto foto a contenuto pedopornografico nell’aprile 2001 e successivamente, il 04.06.2001, 50 files con immagini del medesimo contenuto (…)”;

– la suddetta sentenza penale ha formato oggetto di appello da parte del signor XXX dinanzi alla Corte d’Appello di omissis, con giudizio tuttora pendente (secondo quanto riferito a questa Corte dal legale dell’interessato);

– pendente il giudizio d’appello nella sede penale, il signor XXX è stato convenuto in giudizio davanti a questa Corte dei conti per essere condannato al risarcimento di un danno all’immagine liquidabile in 15 mila euro, oltre accessori e spese, in favore della Regione Autonoma Valle d’Aosta e dell’Istituzione scolastica omissis – sede associata di Scuola Media di omissis;

– osserva, al riguardo, la Procura che “l’esposta vicenda è stata ampiamente riportata dai giornali, a livello locale e nazionale, ed ha avuto una notevole risonanza nell’opinione pubblica dell’intero Paese, anche in seguito al reintegro, dopo un periodo di sospensione, del suddetto insegnante nelle sue funzioni, fatto che ha suscitato polemiche tali da indurre finanche i vertici regionali e statali dell’Amministrazione scolastica ad esprimersi in merito”;

– il convenuto si è costituito nel presente giudizio, per il tramite dei propri legali, con memoria depositata in data 05.11.2008, nella quale ha eccepito, in sintesi: la necessità di sospendere il giudizio contabile in attesa della conclusione di quello penale; l’assoluta assenza di prove a proprio carico; l’assenza di nesso di causalità tra la condotta contestata e il danno all’immagine (in quanto le polemiche giornalistiche alle quali fa riferimento la Procura sarebbero state conseguenti agli illegittimi provvedimenti ed atteggiamenti “persecutori” assunti tra il 2007 e il 2008 dalla Regione nei confronti dell’imputato, spezzando così il nesso di consequenzialità logico-giuridica con i fatti del 2001); l’imputabilità allo stesso creditore dei danni che questi avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (art. 1227 c.c.); la prescrizione dell’azione amministrativo-contabile (essendo abbondantemente trascorso il quinquennio di legge dalla diffusione delle prime notizie di stampa concernenti l’inchiesta penale e la conseguente sospensione disciplinare dal servizio del signor XXX);

– in esito all’udienza pubblica del 26 novembre 2008, la Sezione in via istruttoria ha ordinato al Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 14 del Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti (approvato con regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038), di depositare in giudizio copia di tutti gli atti relativi al citato procedimento penale (indagine, rinvio a giudizio, dibattimento) a carico del signor XXX, con rinvio della trattazione della causa all’udienza pubblica del 23 aprile 2009; ciò al fine di acquisire al processo tutti gli elementi indispensabili a giudicare della fondatezza delle opposte domande formulate dalle parti;

– la Procura ha tempestivamente ottemperato alla richiesta istruttoria con tre distinte note di deposito (nn. 3, 4 e 5 ); tra gli altri documenti, in particolare, sono state prodotte in giudizio le spontanee dichiarazioni rese dal signor XXX in occasione delle perquisizioni domiciliari eseguite il 17 luglio 2001 (presso la scuola e presso l’abitazione) nonché, su supporto informatico, la registrazione del dibattimento penale svoltosi presso il Tribunale di omissis; è stata altresì prodotta una nota della Regione in cui l’amministrazione dichiara di non essere mai stata “notiziata” dalla Procura della Repubblica di omissis nella fase di pendenza delle indagini preliminari (nota prot. 13048 del 27.03.2009);

– all’udienza pubblica del 23 aprile 2009, udito il Giudice relatore, sono intervenuti l’Avv. … nonché il Procuratore Regionale Maurizio Mirabella i quali, alla luce della nuova documentazione in atti, hanno insistito per l’accoglimento delle rispettive domande;

CONSIDERATO CHE
– l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa del convenuto è fondata e va accolta per i motivi di seguito illustrati;
– com’è noto, in tema di decorrenza della prescrizione del “danno all’immagine” della pubblica amministrazione la giurisprudenza della Corte dei conti non ha tuttora maturato un orientamento pacifico;

– alcune pronunce hanno individuato nel “pubblico scandalo” o clamor fori (cioè nella diffusione della notizia concretamente lesiva dell’immagine pubblica, a prescindere dalla circostanza che la diffusione stessa avvenga prima, durante o dopo l’eventuale processo penale) il momento in cui l’effetto dannoso si concretizza e diviene, di conseguenza, azionabile il diritto al relativo risarcimento (App. Prima, sent. 305 del 19.10.2001; cfr. Veneto, sent. 1272 del 20.09.2005; Basilicata, sent. 57 del 21.03.2005; v. anche App. Prima, sent. 94 del 16.04.2007; Umbria, sent. 498 del 19.10.2002);

– altre pronunce, piuttosto, hanno affermato che il “fatto dannoso” si verifica con la sentenza penale irrevocabile di condanna con cui sia definitivamente accertata la responsabilità personale dell’imputato e la connotazione penale dei fatti addebitatigli (App. Sicilia, sent. 89 del 10.04.2006; Lombardia, sent. 155 del 14.03.2007; App. Seconda, sent. 285 del 09.10.2003; App. Terza, sent. 274 del 16.10.2001);

– in questo senso può ad esempio citarsi, da ultimo, App. Prima, sent. 97 del 24.02.2009, secondo cui la condanna penale si pone come “fatto costitutivo della fattispecie di danno erariale” (v. anche App. Prima, sent. 202 del 07.05.2008);

– non mancano sentenze che fanno riferimento alla data del deposito in cancelleria (anziché al passaggio in giudicato) della sentenza penale di condanna (cfr. App. Prima, sent. 358 del 23.10.2007; App. Seconda, sent. 234 del 10.07.2007);

– altre danno rilievo al momento dell’arresto del responsabile (cfr. Emilia-Romagna, sent. 869 del 08.11.2007);

– un orientamento intermedio adotta il criterio della data del rinvio a giudizio, quale momento in cui gli elementi a carico del presunto responsabile acquistano per così dire una obiettiva conoscibilità o comunque una maggior “consistenza” sul piano giuridico in conseguenza del (pur sommario) vaglio giurisdizionale (cfr. App. Prima, sent. 137 del 13.03.2008; Id., sent. 171 del 20.06.2007; Id. sent. 28 del 30.01.2002; App. Terza, sent. 10 del 16.01.2002);

– vi sono, infine, sentenze che hanno fatto coincidere il momento del clamor fori con la data del rinvio a giudizio penale (cfr. App. Prima, sent. 57 del 16.03.2007) o che attribuiscono pari dignità, in astratto, ad entrambi i momenti (Trento, sent. 48 del 30.10.2007);

– al riguardo, è convinzione di questa Sezione che, come confermato dalla varietà di soluzioni cui è fin qui pervenuta la giurisprudenza, per la responsabilità amministrativa in generale, e per il danno all’immagine in particolare, non possa adottarsi un criterio “automatico” ed universalmente valido per l’individuazione del momento di decorrenza della prescrizione;

– infatti, le nozioni di “data in cui si è verificato il fatto dannoso” (art. 1, co. 2, legge 14 gennaio 1994, n. 20) e di “giorno in cui il diritto può essere fatto valere” (art. 2935 c.c.) mal si conciliano con gli automatismi e le rigidità applicative; si tratta, piuttosto, di nozioni in sé elastiche che vanno necessariamente declinate in concreto, con separato riferimento ad ogni fattispecie singolarmente presa in esame dal Giudice;

– ne consegue che, a fronte di una richiesta di risarcimento del danno all’immagine, il Giudice dovrà individuare il momento in cui può essere fatto valere il relativo diritto (in cui, cioè, il danno si è già compiutamente verificato ed esteriorizzato nei suoi aspetti essenziali) tenendo conto, in fatto, di tutte le circostanze che caratterizzano il caso concreto nonché, in diritto, delle domande, delle eccezioni e delle prospettazioni rispettivamente svolte dalle parti;

RITENUTO CHE

– nel caso di specie, come ha correttamente dedotto il legale del convenuto, tra il 2001 e il 2002 si erano già perfezionati ed esteriorizzati tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa, tra cui il danno all’immagine con relativo clamor fori (come attestano i molteplici articoli di stampa pubblicati all’indomani della perquisizione nella scuola), il rapporto di servizio, la condotta palesemente illecita in rapporto di occasionalità necessaria con il servizio svolto, il nesso causale, l’elemento psicologico del dolo, l’individuazione univoca del responsabile (il quale già in occasione della perquisizione aveva fornito, con le proprie dichiarazioni spontanee rese agli ufficiali di polizia giudiziaria, piena ed inequivoca ammissione dei fatti illeciti contestatigli);

– in particolare, questa Corte non può ignorare che, in esito a rituale procedimento disciplinare, la Regione Autonoma Valle d’Aosta (quale datore di lavoro) già in data omissis con decreto prot. omissis aveva irrogato al docente, in via definitiva, la sanzione della sospensione dall’insegnamento per sei mesi, nel presupposto espresso che questi si era reso responsabile di una “grave inosservanza dei doveri inerenti alla funzione docente per l’aver compiuto atti di grave pregiudizio per la comunità, l’istituzione e l’Amministrazione scolastica utilizzando i sistemi informatici e di collegamento in rete (…) per ricercare, detenere (mediante registrazione su disco rigido) e presumibilmente distribuire (per posta elettronica) materiale fotografico pedo-pornografico, di illecita provenienza”;

– nelle motivazioni del decreto di irrogazione della sanzione in parola l’amministrazione aveva richiamato, tra l’altro, il decreto di perquisizione emesso dalla Procura della Repubblica di omissis, i verbali delle perquisizioni eseguite il 17 luglio 2001 (da cui, per l’appunto, erano emersi indizi di reità a carico del signor XXX per i reati di cui agli artt. 600-ter e 600-quater del codice penale), la comunicazione della Procura della Repubblica di omissis del omissis prot. omissis, concernente l’iscrizione del signor XXX nel registro degli indagati;

– l’amministrazione scolastica, inoltre, aveva “considerato che le richiamate ipotesi di reato attinenti alla sfera della pornografia minorile assumono particolare rilevanza e gravità per la funzione educativa svolta dal prof. XXX nei confronti di alunni minorenni”;

– pertanto, l’amministrazione aveva provveduto già a cavallo tra il 2001 e il 2002 a sanzionare in via definitiva l’insegnante;

– la stessa Regione Autonoma, nella propria memoria di costituzione in giudizio dinanzi al Giudice del lavoro di omissis, nel ricostruire preliminarmente lo svolgimento dei fatti in questione, aveva precisato di aver avuto notizia della perquisizione del 17 luglio 2001 (nel corso della quale il signor XXX aveva rilasciato dichiarazioni spontanee indizianti), di aver poi ricevuto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di omissis due comunicazioni relativamente al procedimento penale in parola (rispettivamente in data 01.10.2001 e 20.11.2001; comunicazioni che, peraltro, la Regione nella nota prot. omissis del omissis nega di aver mai ricevuto), cui avevano fatto seguito “ulteriori accertamenti sui fatti in oggetto dai quali risultava che il prof. XXX aveva usato indebitamente per fini privati ed illeciti beni aventi finalità didattiche di proprietà della scuola, per aver effettuato collegamenti telematici del tutto estranei alla didattica ed alla funzione ricoperta, mediante l’utilizzo della postazione informatica della scuola con accesso alla rete; risultava inoltre che il docente aveva utilizzato i sistemi informatici precedentemente citati per ricercare e detenere materiale fotografico pedo-pornografico con grave inosservanza dei doveri inerenti alla funzione docente e grave pregiudizio per la comunità, l’istituzione e l’Amministrazione scolastica”; la stessa Regione ha confermato, dinanzi al Giudice del Lavoro, che al XXX tanto “veniva formalmente contestato con lettera del 05.12.2001 di inizio del procedimento disciplinare”;

– giova rammentare che con sentenza n. omissis del omissis (depositata il omissis) il Giudice del Lavoro – con ineccepibili motivazioni, condivise da questa Sezione – ha ritenuto “evidente che i fatti oggetto della contestazione datoriale e dell’applicazione di sanzione disciplinare nel 2002 sono gli stessi per i quali vi è stata poi condanna nel 2007”;

– per quanto qui interessa, anche i fatti dannosi posti a fondamento della domanda di risarcimento dei danni oggi avanzata dal Pubblico Ministero contabile sono esattamente gli stessi che la Regione, a suo tempo, aveva posto a fondamento dell’irrogazione della sanzione disciplinare;

– ne discende, all’evidenza, che così come all’epoca è stato esercitato il potere disciplinare ben poteva essere azionata, trattandosi degli stessi fatti illeciti, la connessa domanda risarcitoria, quanto meno attraverso un atto di “messa in mora” del debitore in relazione al contestatogli “grave pregiudizio per la comunità, l’istituzione e l’Amministrazione scolastica”;

– al contrario, addebitando al docente gli illeciti disciplinari in parola ma tralasciando, al tempo stesso e per tutto il successivo quinquennio, di richiedere al docente medesimo il risarcimento dei relativi danni, l’amministrazione ha dimostrato chiaramente di non aver alcuna intenzione di esercitare il diritto in questione (a maggior ragione laddove si consideri che la Regione: né si è costituita parte civile nel giudizio penale; né ha fatto denuncia del “danno” alla Procura della Corte dei conti affinché quest’ultima agisse nel proprio interesse) sicché, essendo ormai inesorabilmente decorso il termine quinquennale di legge, il diritto in giudizio va dichiarato estinto per prescrizione (art. 2934 c.c.);

– del resto, non essendovi alcuna pregiudizialità tra il giudizio penale e quello civile o amministrativo per il risarcimento del danno, gli stessi elementi di fatto e di diritto che tra il 2001 e il 2002 avevano già consentito di irrogare la sanzione disciplinare parimenti consentivano, fin da subito, alla Regione (in mancanza di altri impedimenti di rilievo giuridico) l’esercizio di ogni opportuna tutela risarcitoria nelle sedi competenti;

– né avrebbe senso, nel caso di specie, attendere un ipotetico giudicato penale definitivo considerato che, alla luce dei tempi fin qui richiesti per addivenire alla conclusione del primo grado di giudizio nonché dei tempi ragionevolmente previsti per la conclusione degli ulteriori due gradi, pare assai probabile – se non addirittura certo – che il processo penale si concluda con un proscioglimento per prescrizione;

– per gli stessi motivi, inoltre, ove per assurdo si accedesse alla tesi (non condivisa) che reputa la sentenza definitiva di condanna quale “elemento costitutivo” della fattispecie di danno all’immagine, è fin troppo evidente che, in mancanza di una sentenza definitiva di condanna, per paradosso il danno all’immagine non potrebbe mai essere risarcito dai responsabili;

– cade opportuno precisare che lo stesso Pubblico Ministero, in citazione, aveva affermato che “nel caso del danno all’immagine il fatto lesivo si ha con il clamor fori quale conseguenza delle notizie fornite dai mezzi di comunicazione di massa in relazione a condotte che possono essere state tenute anche in anni precedenti”; in quest’ottica, il Pubblico Ministero aveva poi rilevato che “nel caso specifico, come risulta in atti, la divulgazione delle notizie relative alla condotta del sig, XXX è avvenuta a seguito della sentenza penale di condanna del Tribunale di omissis del omissis e in occasione del rientro a scuola del sig, XXX”;

– tuttavia, la ricostruzione del Pubblico Ministero in merito alla divulgazione della notizia lesiva dell’immagine dell’amministrazione è stata documentalmente confutata dal convenuto (il quale ha dimostrato che il “pubblico scandalo” v’era stato già nel 2001);
– ciò posto, va anche precisato che gli articoli di stampa prodotti in giudizio dal Pubblico Ministero si riferiscono, in gran parte, alla notizia del reintegro nel posto di lavoro disposto dal Giudice del Lavoro in favore del signor XXX (e, pertanto, non costituiscono voce di danno “ingiusto”); per la esigua parte relativa alla condanna (provvisoria) del 2007, come già osservato, nulla si aggiunge in termini di “voci di danno” rispetto a quello derivante dagli articoli di stampa già apparsi nel 2001, trattandosi di un mero “aggravamento” o “sviluppo” di un danno all’immagine dell’amministrazione scolastica già compiutamente manifestatosi in precedenza, come conferma ad abundantiam l’adozione del menzionato provvedimento disciplinare per gli stessi fatti in esame;

– in definitiva, la richiesta di condanna del signor XXX va respinta per prescrizione, essendo stata notificata al responsabile la prima richiesta di risarcimento dei danni solo nel maggio 2008, ad opera del Pubblico Ministero, ben oltre i cinque anni dal disvelamento del fatto illecito e dall’emergere del conseguente pregiudizio per l’amministrazione di appartenenza (da individuare, al più tardi, nella data di conclusione del relativo procedimento disciplinare con decreto di irrogazione della sanzione nel maggio 2002, provvedimento con cui l’amministrazione ha dimostrato di essere pienamente consapevole degli evidenti danni, anche d’immagine, subiti in conseguenza dei deplorevoli fatti in discussione);

– peraltro, l’evidente fondatezza, nel merito, della domanda risarcitoria della Procura (che non può trovare accoglimento esclusivamente a motivo della prescrizione), è senz’altro valutabile quale giusto motivo di compensazione delle spese del giudizio (in termini, cfr. Sezioni Riunite, sent. 3/QM del 27.06.2008);

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la regione autonoma Valle d’Aosta, con pronuncia definitiva

DICHIARA

intervenuta la prescrizione nei confronti del signor XXX.
Spese compensate.

Manda alla Segreteria per il seguito di competenza.

Così deciso in Aosta, nella camera di consiglio del 23 aprile 2009.

Il Giudice estensore
(Gerardo de Marco)
Il Presidente
(Sergio Annunziata)