I “volontari” alle interrogazioni: qualche indicazione giuridica

Di Davide Gambetta, giudice arbitro, shadow presso uno studio legale, blogger e contributore di riviste. 

 

Nessuna norma disciplina specificamente la prassi della volontaria sottoposizione a verifica. Eppure, si può ragionevolmente affermare che il momento della valutazione coinvolge direttamente i fondamentali diritti dello studente. L’atto in cui tali diritti trovano la più esaustiva e sistematica disciplina è lo Statuto degli Studenti e delle Studentesse. All’art. 2, il DPR pevede l’obbligo, per docenti e dirigenti, di attivare con gli studenti un “dialogo costruttivo” anche in relazione ai “criteri di valutazione”. È quindi necessario, in prima battuta, consultare il docente e prospettare la possibilità di calendarizzare le verifiche. È il docente, di concerto con gli studenti ed in base agli specifici obiettivi didattici della classe, ad “accogliere” i volontari. Può anche rifiutarli, ma dovrebbe quantomeno giustificare la propria scelta. Ad avviso di chi scrive, è davvero poco condivisibile l’idea che lo studente, non sapendo la data della verifica, sia tendenzialmente sempre preparato. Se la verifica è sistematica e ben organizzata, lo studente si gioverebbe (senza danno per il docente o per la propria preparazione) della possibilità di programmare lo studio in previsione dell’interrogazione.  Se il professore è sordo ad ogni richiesta, la richiesta di intervento può essere rivolta al Consiglio di Classe nel suo complesso od al Dirigente Scolastico, che assumono i provvedimenti ritenuti più opportuni. In linea di massima, ogni studente ha il diritto di conferire sugli argomenti di studio il più spesso possibile e con serenità.

Dato che solo gli studenti  sono a conoscenza delle eventuali sovrapposizioni di verifiche diverse nel corso dello stesso periodo, possono formulare suggerimenti od osservazioni ai docenti affinché il calendario possa essere ridisegnato in modo da garantire maggiore sinergia e coordinamento. I docenti possono confutare le osservazioni, ma, se la loro condotta è causa di una lesione evidente e grave del diritto dello studente ad una verifica frequente, equa e serena, ne rispondono nelle sedi competenti.

Una soluzione per tabulas può rintracciarsi nel P.O.F., il Piano dell’Offerta Formativa, un documento di cui ogni istituto deve dotarsi e che contiene una disciplina di dettaglio di molte procedure operative relative alla conduzione della didattica. Non è raro trovarvi espressi riferimenti alle modalità di verifica ed, eventualmente, proprio alla prassi dei “volontari”.

In sintesi, nessuna norma esclude di proporsi per la verifica. Eppure, il docente ha il diritto di declinare l’offerta. Se ne assume, in certa misura, responsabilità. Il giudizio finale attribuito dal docente può essere oggetto di ricorso innanzi al T.A.R. se lo studente non è stato valutato sulla base di un congruo numero di verifiche o se è stato valutato in modo parziale o discriminatorio.

È sempre consigliabile, per il docente, acconsentire alla richiesta dello studente che si offra spontaneamente, nel caso in cui un esito positivo possa consentirgli di recuperare gravi deficienze conoscitive o di dar prova di aver suturato lacune emerse precedentemente. Un colpevole e negligente rifiuto esporrebbe il voto finale del docente alla possibilità del sindacato innanzi al giudice amministrativo.

Nessun obbligo, nessuna norma serafica ed assertiva, dunque. Una cornice policroma e plastica di diritti, all’interno della quale studenti e docenti dovrebbero collaborare per garantire la massima rendita e  preparazione, col minimo sacrificio personale.