Il “potere debole” del dirigente scolastico, e il problema della sua valutazione

Le funzioni del dirigente scolastico sono principalmente definite da:

  • 396 del d.lgs n. 297/1994;
  • 25 del d.lgs n. 165/2001;
  • 52 del CCNL Area V 2019.

Oltre a quanto previsto dalla sopra citata normativa e norma contrattuale, in base alla vigente normativa il dirigente scolastico è:

  • considerato datore di lavoro ai sensi del d.lgs n. 81/2008 e smi:
  • considerato titolare del trattamento dei dati ai sensi del d.lgs n. 196/2003, del Reg. U.E. n. 679/2016, del d.lgs n. 101/2018.

Inoltre ai sensi dell’art. 55 bis del d.lgs n. 165/2001 il Dirigente Scolastico ha poteri disciplinari nei confronti del personale dell’Istituto scolastico per le sanzioni disciplinari di minore gravita, ossia fino alla sospensione disciplinare di dieci dal servizio (anche se la giurisprudenza non riconosce tale potere disciplinare di sospensione dal servizio nei confronti dei docenti).

Parallelamente, in qualità di legale rappresentante dell’Istituto scolastico, il dirigente scolastico è titolare delle relazioni sindacali di Istituto e della contrattazione integrativa, in rappresentanza della parte pubblica, ai sensi del comma 2, dell’art. 25 del d.lgs n. 165/2001.

Il dirigente scolastico, in base alla vigente normativa ed in primis in base al d.lg n. 297/1994, è inoltre membro di diritto, in posizione sostanzialmente paritaria, nei seguenti Organi collegiali: Consiglio di Istituto, Collegio dei Docenti, Consiglio di Classe, Giunta Esecutiva, Comitato di valutazione dei docenti.

Quanto sopra indicato, evidenzia un contesto professionale fatto più da oneri e responsabilità che da autonomo potere manageriale, in quanto di fatto l’azione dirigenziale è sempre fortemente contenuta ed eterodiretta da gli altri Organi collegiali.

La verità di fondo è che in modo autonomo, un dirigente scolastico non può decidere quasi nulla.

In relazione al PTOF il suo unico potere autonomo, e non di certo vincolante, è l’atto di indirizzo che deve presentare ai sensi dell’art 1, comma 14, comma 4, della legge n. 107/2015, mentre nei confronti del DSGA ha solo poteri di direttiva, come previsto dall’art. 25, comma 5, del d.lgs n. 165/2001.

Dal punto di vista amministrativo-contabile ha solo il potere di predisporre il programma annuale ai sensi dell’art. 5, comma 8, del D.I. n. 129/2018, ma ai sensi dell’art. 6, comma 1, qualora il Consiglio di Istituto non approvi il programma annuale nei termini di legge, non ha potere sostitutivo, in quanto l’Ufficio Scolastico Regionale è tenuto a nominare un commissario ad acta per procedere alla predetta approvazione.

Infine il potere premiale-incentivante del dirigente scolastico previsto dalla legge n. 107/2015 (anche se già in origine contenuto nell’ambito dei criteri di valutazione stabiliti dal Comitato di valutazione) è stato di fatto nuovamente assorbito nella contrattazione integrativa di Istituto.

In ambito democratico i “pesi e contrappesi” tra poteri sono essenziali per garantire controllo ed assenza di abusi.

Un Dirigente Scolastico “con pieni poteri” potrebbe essere pericolosissimo se non è in grado di gestire in modo appropriato i propri doveri e le sue competenze professionali, ma è chiaro che nonostante il clamore mediatico che fece seguito all’approvazione della legge n. 107/2015, tale figura professionale è rimasta senza alcun potere caratterizzante la funzione dirigenziale, con la conseguente necessità di una seria riforma della governance degli Istituti scolastici.

Ma se di fatto il dirigente scolastico non può decidere nulla in modo autonomo e quindi con propria personale responsabilità, come è possibile una sua valutazione, già resa difficilissima dal particolare “output” degli istituti scolastici, ossia la formazione degli studenti, certamente determinata da una pluralità di fattori, anche extrascolastici?

Non esaminando quanto prodotto dal MIUR nel corso degli anni in tema di valutazione dei dirigenti scolastici sia in termini normativi che di sperimentazione, mi rifaccio al d.lgs n. 150/2009 che giustamente colloca la valutazione della performance individuale all’interno della performance organizzativa generale, e mi pongo, oltre alla precedente, alcune domande, tra cui: come può essere valutata la performance individuale di un dirigente scolastico, se non può selezionare il personale, e se nulla può decidere autonomamente sull’attività didattica e gestionale dell’Istituto, pertanto non risultando responsabile della performance organizzativa, limitato di fatto nel ruolo di esecutore di “altrui” delibere?

La verità è che un Collegio dei Docenti e/o un Consiglio di Istituto pregiudizialmente “ostativi” possono essere “letali” per ogni spinta innovativa e migliorativa proposta dal dirigente scolastico, che potrà trovarsi nella condizione e nell’obbligo di dover attuare delibere che non condivide e che può considerare persino dannose.

Ecco perché non è corretto parlare di ipotesi di valutazione del dirigente scolastico, prima che sia stata riformata la governance degli Istituti scolastici, e prima che siano stabiliti ed adottati precisi indicatori di “successo scolastici”, fortunatamente presenti nella letteratura scientifica di settore.

Giovanni Paciariello

Dirigente Scolastico e Presidente dell’Associazione Papa Giovanni Paolo II, che opera a difesa dei diritti degli studenti.