Sordità, lingua dei segni, scuola: diritti e tutele

Riflessioni a margine di una recente ordinanza del Tribunale di Padova

(Tribunale di Padova, 9.12.2019 3841/2019 R.G.)

Rodolfo ROMITO avvocato in Padova (romito@legalinet.eu)

 

PREMESSA (e un po’ di storia del linguaggio dei segni )

La sentenza in commento – sul diritto al bambino di avere un’istruzione scolastica con quella che è definita la “lingua dei segni” è spunto per un po’ di riflessioni, aldilà dell’aspetto squisitamente tecnico.

Per “lingua dei segni” si intende la lingua che  trasmette i propri significati attraverso un sistema codificato di segni delle mani, espressioni del viso e movimenti del corpo. E’ in uso, ma non esclusivamente, fra la comunità dei sordi e dei sordomuti.

Ancora nel Rinascimento si discuteva sulla possibilità e l’utilità di impartire un insegnamento ad un soggetto come il sordomuto che non poteva recepire e non poteva esprimere. C’è uno scambio fra Leonardo da Vinci e Gerolamo CARDANO sulla questione; ma CARDANO è tranchant “impedire l’insegnamento al sordomuto è un crimine (crimen est!).

Per il popolo dei sordi, i giorni felici sono  quelli del religioso francese Abbé de l’Épée. Nel 1760 a Parigi l’abate incontrò due ragazzine sorde e analfabete, e decise d’insegnar loro le basi della dottrina cristiana. Cominciò dal francese scritto, ma dopo aver imparato qualche nome di oggetti quotidiani le bambine non riuscivano ad andare avanti, vanificando gli sforzi del povero abate, il quale non sarebbe riuscito a conquistarle sulla via della salvezza dell’anima. Allora l’abate ebbe sapientemente a ribaltare la prospettiva e diventare lui steso “allievo delle sue allieve”, imparando i gesti che le piccole avevano inventato per comunicare e usando quei segni per esprimere i concetti astratti di cui aveva bisogno per insegnare il vangelo. Ben presto riuscì a fare lezione alle sorelline due volte a settimana, gratis e a casa sua, e ben presto raccolse un’altra decina di allievi, fin ad accogliere più di settanta ragazzi alle sue lezioni. La morte dell’Abbé de l’Épée coincise con l’inizio della rivoluzione francese (1789)  e l’anziano religioso fu definito un campione dei “diritti dell’uomo e del cittadino”. Secondo i rivoluzionari, il suo sistema di gesti era “la lingua degli angeli”. 

Poi un “buio” per c.d. medievale.

Non è passato molto tempo da quando la lingua dei segni era messa in ridicolo, chiamata “lingua delle scimmie” e considerato spesso, anche tra i sordi stessi, grossolano, pagano e primitivo, una forma di regressione a una condizione arcaica e pre-umana. Nel 1880 si tenne a Milano una conferenza internazionale per discutere dell’istruzione dei cosiddetti sordomuti e valutare i meriti di tre sistemi diversi: il metodo gestualista, basato sui gesti e sui segni; quello oralista, derivato dalla forma scritta di una delle lingue principali e basato sulla “lettura delle labbra” e l’articolazione dei suoni; e il metodo bilingue o misto, che implicava sia l’uso dei segni sia quello della parola. L’Italia era famosa per le sue scuole oraliste e alcuni delegati riferirono di conversazioni in cui non erano riusciti a distinguere uno degli alunni più grandi delle scuole per sordi da un udente. Il corrispondente del Times arrivò a dire che dal punto di vista linguistico i sordi italiani erano superiori ai loro compatrioti, dato che non avevano l’irritante abitudine di agitare le braccia mentre parlavano. L’11 settembre 1880 il congresso di Milano approvò con 160 voti a 4 la scelta esclusiva del metodo oralista per l’istruzione dei sordi.

Quel giorno viene ancora ricordato dai sostenitori della lingua dei segni come il più nero della loro storia, dato che da quel giorno la lingua dei segni – perlomeno in Italia – è stata costretta ad una sostanziale “clandestinità”.

Per quasi un secolo c’è stata, tuttavia, un’onda contro-culturale (studentesca e ribelle ) che l’ha sostenuta e portata alla riscossa. Oggi sono accettate in tutte le scuole per sordi, dove spesso s’insegnano e si usano per comunicare. Un’impalcatura didattica formale, sostenuta da filmati e riprese video, sta dando alle lingue dei sordi la stabilità e l’uniformità che finora non avevano mai avuto.

Nel 2003, dopo una lunga campagna di sensibilizzazione, le associazioni  hanno convinto il governo britannico ad accettare la BSL (l’acronimo inglese della lingua dei segni o LIS secondo l’acronimo nostrano) come “lingua a pieno titolo, con un suo vocabolario, una grammatica e una sintassi”. Il ministero del lavoro e delle pensioni ha riconosciuto la BSL come la lingua usata da circa 70mila persone in tutta la Gran Bretagna “per partecipare alla vita quotidiana” e ha chiesto che fosse protetta come altre lingue minoritarie europee.

Ritengo che tutti – sordi o non sordi – dovrebbero leggere quell’illuminante libro di Oliver Sacks “Vedere voci”, nel quale – come in altri casi  di menomazione – Sacks riesce a scoprire una grande ed intramontabile verità ovvero “che il meno può anche nascondere un più”: nella specie e nel caso dei sordi,  una capacità acutissima di sviluppare l’esperienza visiva, sulla cui base si è formato un affascinante linguaggio visivo, i «Segni» per l’appunto, che permette ai sordi di costituire un consesso umano e, dunque, una comunità.

Il diritto del disabile affetto da sordità all’istruzione

Questa è la storia.

Ci dobbiamo preoccupare se ed in quanto la lingua dei segni abbia una protezione costituzionale o, quantomeno, sia in qualche maniera tutelato il suo uso a supporto del disabile (affetto da sordità in particolare).

La Costituzione della Repubblica italiana all’art. 3, sancisce il principio di eguaglianza formale e sostanziale davanti alla legge di tutti i cittadini, in primo luogo tale principio è posto in relazione a quei diritti inviolabili della persona che la Repubblica stessa riconosce e garantisce ai sensi dell’art. 2 della Costituzione.

In particolare l’art. 3, comma 2 della Costituzione demanda al legislatore il compito di rimuovere tutti gli ostacoli di ordine economico e sociale che possono ostacolare l’attuarsi in concreto del principio di eguaglianza. E’ proprio sulla base di questa specifica previsione costituzionale che va inquadrata tutta la legislazione ordinaria in tema di disabilità, ivi compreso l’aspetto dell’assegnazione al minore affetto da sordità di personale tecnico con conoscenza del linguaggio dei segni al fine di garantire l’uguaglianza in tema di diritto all’istruzione del disabile.

Piu’ nello specifico, l’art. 38, comma 3, Cost., disponendo che  “gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”, viene attuando  i principi generalissimi che, in relazione ai “diritti inviolabili dell’uomo”, sono espressi dall’art. 2 Cost. e che, in relazione alla “pari dignità sociale” sono dichiarati dal predetto art. 3 Cost., quando afferma che il principio di eguaglianza sia modulato in funzione anche delle “condizioni personali”.

In relazione ai cennati principi, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 215 del 1987, ha affermato che “la partecipazione del disabile al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato”; dal ché consegue il dovere dello Stato (art. 38, comma 4 Cost.) di rendere concretamente fruibile il diritto all’istruzione attraverso “misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicap la frequenza degli istituti di istruzione”.

L’Italia ha ratificato con L. n. 18 del 2009 la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (del 13 dicembre 2006) che, all’art. 24 statuisce che “Gli Stati Parti riconoscono il diritto all’istruzione delle persone con disabilità. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità, gli Stati Parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati: a) al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; (..) c) a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a una società libera. 2. Nell’attuazione di tale diritto, gli Stati Parti devono assicurare che:(..) b) le persone con disabilità possano accedere su base di uguaglianza con gli altri, all’interno delle comunità in cui vivono, ad un’istruzione primaria, di qualità e libera ed all’istruzione secondaria; c) venga fornito un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno; d) le persone con disabilità ricevano il sostegno necessario, all’interno del sistema educativo generale, al fine di agevolare la loro effettiva istruzione; e) siano fornite efficaci misure di sostegno personalizzato in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione, conformemente all’obiettivo della piena integrazione … 5. Gli Stati Parti garantiscono che le persone con disabilità possano avere accesso all’istruzione secondaria superiore, alla formazione professionale, all’istruzione per adulti ed all’apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita senza discriminazioni e su base di uguaglianza con gli altri. A questo scopo, gli Stati Parti garantiscono che sia fornito alle persone con disabilità un accomodamento ragionevole.”

Il legislatore nazionale ha dato attuazione al suddetto precetto costituzionale attraverso la L. n. 104 del 1992 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) la quale “detta i principi dell’ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona handicappata” (all’ art. 1) e, come perfettamente espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 80 del 2010 “..è volta a perseguire un evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile, quale è quello di garantire in tutto il territorio nazionale un livello uniforme di realizzazione di diritti costituzionali fondamentali dei soggetti portatori di handicaps» (sentenza n. 406 del 1992)…”

Pertanto ed in definitiva, la legge 5 febbraio 1992 n. 104 ha espressamente riconosciuto al disabile (all’art. 12 L. 104 cit.) il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione dalla scuola materna all’università, prevedendo che la fruibilità di tale diritto sia assicurata, tra l’altro, con il ricorso a personale docente specializzato di sostegno mediante, per l’appunto, l’assegnazione di docenti specializzati (art. 13 comma terzo L. n. 104 del 1992) per i quali – in seguito alla dichiarazione di illegittimità costituzionale (sentenza n. 80/10) dell’art. 2 comma 414 L. n. 244 del 2007 – deve addirittura ritenersi sussistente la possibilità di assunzioni in deroga al rapporto docenti-alunni previsto dalla medesima legge in presenza di handicap particolarmente gravi.

Ciò detto, a questo punto, è opportuno osservare come il richiamato art. 12 della legge n. 104 del 1992 preveda che, una volta intervenuto l’accertamento sanitario che dà luogo al diritto a fruire delle prestazioni previste dalla norma, deve essere elaborato un profilo dinamico-funzionale (PDF) ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato (PEI). Tale profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell’alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona affetta da disabilità. All’elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale seguono – con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie –  verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l’influenza esercitata dall’ambiente scolastico.

Con specifico riferimento al  linguaggio LIS la recente Legge della Regione Veneto n. 11 del 23 febbraio 2018 (“Disposizioni per l’inclusione sociale, la rimozione delle barriere alla comunicazione e il riconoscimento e la promozione della lingua dei segni italiana e della lingua dei segni italiana tattile”, ha espressamente disposto – all’art. 3 – che: “…La Regione del Veneto per le finalità di cui all’articolo 1 favorisce e sostiene:…..b)   la possibilità per il bambino sordo, sordocieco o con disabilità uditiva, o con disabilità che comporta deficit di comunicazione e linguaggio come nei disturbi generalizzati dello sviluppo ed altre patologie del sistema nervoso centrale e comunque non collegate alla sordità, di sperimentare gli interventi logopedici e protesici per l’abilitazione linguistica orale precoce e di apprendere la LIS o la LIS tattile;  c)   le azioni di supporto agli studenti che rientrano nelle categorie di cui all’articolo 2 , nell’ambito di tutte le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e in quelle universitarie, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale, nel rispetto delle diverse autonomie, attraverso servizi specialistici di assistenza alla comunicazione e interpretariato nella lingua dei segni, il ricorso a programmi di riconoscimento vocale e scrittura veloce e l’impiego di ogni altro mezzo tecnico o misura idonei a favorire l’apprendimento e la comunicazione dei soggetti di cui all’articolo 2; d)   la diffusione e l’uso della LIS, della LIS tattile e di ogni mezzo tecnico, anche informatico, attraverso la collaborazione tra le Aziende ULSS, gli enti pubblici e del privato sociale e le istituzioni scolastiche ed educative, al fine di attuare interventi integrati a favore dei soggetti di cui all’articolo 2…”.

Sulla scia di tale normativa regionale, l’ALLEGATO A ALLA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO N. 147 DEL 23 OTTOBRE 2018 (cfr. doc. 12), in relazione alle disposizioni di cui alla L.R.V. n. 11 del 2018, al punto A.3 prevede che:

 In tutto il territorio regionale viene garantita l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità sensoriali, attraverso attività educativo-didattiche di supporto all’allievo per facilitare la comunicazione e superare le difficoltà di apprendimento connesse alla disabilità sensoriale, da svolgere in collaborazione con la scuola, la famiglia, i servizi socio-sanitari, secondo un progetto individualizzato (interventi integrati di supporto alla comunicazione e all’apprendimento). Questo servizio, rivolto specificamente agli alunni con disabilità sensoriali (alunni/studenti sordi, ipovedenti e ciechi): − è garantito su tutto il territorio regionale; − viene erogato su istanza del genitore o esercente la responsabilità genitoriale (in caso di allievo minorenne) o su istanza dell’allievo (se maggiorenne); − viene svolto presso il domicilio dell’utente e/o l’istituto scolastico frequentato: − il periodo di svolgimento del servizio coincide, di norma, col calendario scolastico stabilito dalla Regione del Veneto, con eventuale prosecuzione in funzione della preparazione agli esami (licenza media, diploma di maturità e/o qualifica professionale). Tale servizio storicamente garantito dalle Province e dalla Città metropolitana di Venezia, con la L.R. n. 19 del 30/12/2016, da ultimo la L.R. n. 45 del 20 dicembre 2017 “Collegato alla legge di stabilità regionale 2018” sono state riallocate in capo alla Regione che con DGR n. 819 del 8 giugno 2018 ha definito un modello organizzativo e gestionale, che considera quanto sino ad ora positivamente garantito e sviluppato in termini di competenze e risorse. In ambito universitario (atenei veneti) viene già offerto agli studenti sordi segnanti, su richiesta degli stessi, il servizio di interpretariato LIS e di stenotipia..”.

Il medesimo allegato A, dunque, dispone espressamente che gli interventi di sostegno scolastico – a favore delle persone ex art. 2 della LR 11/2018, mirati a garantire i servizi di integrazione nelle scuole di ogni ordine e grado e nei centri di formazione professionale accreditati in relazione ai percorsi per l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione formazione – sono attuati dalle Aziende ULSS e dagli Uffici Scolastici territoriali.

In sostanza, alla luce anche della normativa regionale, è compito della Regione, e per essa dell’ azienda  ULSS locale  provvedere – su richiesta dei genitori del bambino disabile – a garantire i servizi di integrazione nelle scuole di ogni ordine e grado e quindi provvedere a far sì che all’alunno sia assicurato le personale tecnico-riabilitativo con conoscenza LIS.

§ § §

Fin qui il dato normativo, che gli enti dovrebbero spontaneamente applicare ma che  –  complici spicce esigenze di budget e risorse carenti – spesso restano solo sulla “carta”.

Per l’attuazione della norma e per stanare l’amministrazione “renitente”, esiste uno strumento particolarmente efficace costituito (oltreché  dalla L. 104/92 ed alle norme regionali citate) dalla L. 1.3.2006 n. 67.

La legge  1.3.2006, n. 67 («Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni»), infatti,  con espresso richiamo all’art. 3 Cost., intende promuovere «la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità di cui all’art. 3, l. 5.2.1992, n. 104, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali» (art. 1, 1° co.),

Dopo aver enunciato la nozione di discriminazione diretta e indiretta (art. 2: «1. Il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità. / 2. Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga. / 3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone. …»  .

La l. n. 67/2006 prevede dunque un assoluto divieto di discriminazione in danno delle persone disabili – già introdotto in precedenza nel campo del diritto del lavoro dal d.lg. n. 216/2003 – per favorire quanto più possibile, in attuazione del principio di uguaglianza sostanziale sancito nell’art. 3 Cost., il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali; nella sentenza n. 80 del 2010 – come detto – la Corte Costituzionale individua anche il limite della discrezionalità legislativa in tale materia nel “rispetto del nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati”. E’ fuor di dubbio che il predetto limite debba trovare applicazione anche con riferimento all’attività (amministrativa od anche solo di fatto) della pubblica amministrazione che vada ad incidere sul diritto all’istruzione dei disabili.

Ora, secondo l’insegnamento della Consulta, “il diritto del disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale” il cui esercizio è assicurato tramite “misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti d’istruzione” insieme agli altri studenti normodotati e che “tra le varie misure previste dal legislatore viene in rilievo quella del personale docente specializzato, chiamato per l’appunto ad adempiere alle ‘ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno’ a favore degli alunni diversamente abili”,

La sentenza del Tribunale di Padova 9.12.2019

Bernardo (chiamiamolo così il bambino della sentenza con un nome che evoca il piu’ famoso compagno sordomuto di una delle serie cult della nostra infanzia …) è un bambino frequentante la 3^ classe primaria (8 anni), con sordità profonda e segnante (ossia riusciva ad esprimersi ed a comprendere solo con la lingua dei segni).

 Su 27 ore curriculari (in cui tutti gli altri bambini avevano un insegnante frontale), aveva l’interprete LIS (dei segni) per 10 ore ed il resto delle ore completamente inoperativo …dato che non era in grado di comprendere la lezione svolta dall’insegnante (non segnante).  

L’ULSS opponeva all’incremento orario le dotazioni regionali; la vastità degli utenti; l’applicazione delle linee guida regionali … ed, in definitiva, riteneva di aver adempiuto alle necessità di qusto tipo di “utenti” con l’assegnazione a TUTTI di 10 ore di insegnate LIS  (poi elevati a 12).

Seguiva il  ricorso al Giudice di Padova sulla falsariga della L. 67/2003 denunciando la discriminazione cd. indiretta.

Il Giudice ritenuto ha ritenuto ricorrere presupposti per disporre la cessazione della condotta discriminatoria e per rimuoverne ogni effetto, ordinando all’ente di assegnare 20 ore si assistenza LIS (contro le originarie 10).

Il ragionamento del Giudice di Padova, può essere riassunto nei termini che seguono:

a) la Regione Veneto, nell’esplicazione delle proprie attribuzioni, ha del tutto legittimamente determinato di individuare un monte di complessive 314.100 ore di assistenza LIS, poi ripartito fra le varie Province, tenendo conto delle rispettive necessità ed assegnando quindi a quella di Padova un totale di 56.000 ore;

b) tuttavia, incidentalmente ben potrebbero essere sindacate queste scelte della Regione, ato che a piu’ riprese è stato affermato che la posizione giuridica soggettiva dei disabili non può trovare un limite nel principio di equilibrio di bilancio sancito dall’art. 81 Cost., atteso che, nel bilanciamento costituzionale di quest’ultimo con i diritti fondamentali, sebbene non sia configurabile un diritto incondizionato all’assistenza ottimale, è comunque la garanzia dei diritti incomprimibili a prevalere sul bilancio e non l’equilibrio di questo a condizionare la doverosa erogazione dei primi, sussistendo pur sempre un nocciolo duro di garanzie atto ad impedire che il diritto allo studio dei soggetti disabili possa essere semplicemente nominale e quindi sacrificato sull’altare delle disponibilità finanziarie (cfr. Corte Cost. 16.12.16 n. 275);

c) appaiano in effetti riscontrabili fondati elementi di discriminazione in danno del minore, ove si consideri che il medesimo risulta destinatario di sole dodici ore di assistenza LIS, le quali sono state reputate del tutto insufficienti, da parte del corpo docente e del dirigente scolastico, ad assicurargli parità di condizioni con gli altri alunni normodotati (cfr. verbale del Gruppo di lavoro per l’inclusione del 28.10.19) ove si tengano presenti:

– i contenuti educativi assai più complessi proposti nel corso della terza classe della scuola primaria da parte dei docenti;

  – già nell’ambito del PEI dell’anno precedente si era dato atto della stringente opportunità di un intervento dell’assistente alla comunicazione durante le ore in cui si dà corso alla spiegazione di concetti astratti, ed in quello dell’anno successivo si era ribadito il concetto evidenziando la criticità della situazione stante l’esiguo numero di ore di assistenza alla comunicazione riconosciute in favore del minore;

d) la sicura infondatezza dell’affermazione secondo cui ogni valutazione sul punto competerebbe unicamente all’UVMD:

– poiché essa è solo uno dei soggetti chiamati a contribuire alla elaborazione del Piano Educativo Individualizzato,

– inoltre, perchè la determinazione delle esigenze del minore dal punto di vista scolastico e la valutazione della sua risposta cognitiva agli stimoli provenienti dai docenti non può che competere all’istituzione scolastica;

e) la palese semplificazione della problematica operata da parte della ULSS ove si consideri come la stessa non ha fornito alcuna prova di aver compiuto, nel caso di specie, quella valutazione, ai fini della assegnazione delle ore di assistenza alla comunicazione, “delle caratteristiche e peculiarità di ogni specifica situazione di bisogno”, viceversa espressamente indicata nell’ambito delle “Linee Guida per lo svolgimento del servizio di assistenza scolastica integrativa” dal momento che, nel considerare le situazioni dei 130 alunni residenti nella Provincia di Padova che risultano affetti da disabilità sensoriale, la medesima si è limitata a predisporre due sole categorie di riferimento, una delle quali prevedente l’assegnazione di nove ore di assistenza e l’altra di dodici, tra loro assai poco differenziate e quindi del tutto inidonee a tenere conto delle assai più varie situazioni di disabilità riscontrabili in concreto;

f) Consegue una doppia discriminazione, dato che risulta :

– positivamente dimostrato che B. risulti attualmente discriminato riguardo agli alunni normodotati,

– ben presumibile che egli lo sia anche rispetto ad altri alunni disabili i quali, vertendo in ipotesi in condizioni di difficoltà più lievi delle sue, ciò nonostante risultano assegnatari di un numero di ore di assistenza sostanzialmente identiche a quelle riconosciute in suo favore, laddove la convenuta non risulta aver ottemperato all’onere, posto dal quarto comma dell’art. 28 del D. Lgs. 1.9.11 n. 150, di provare l’insussistenza della lamentata discriminazione;

Gli spunti operativi della sentenza in commento.

Aldilà delle peculiarità del caso, si possono indubbiamente ricavare delle importanti affermazioni di principio.

–  la  LIS (o lingua dei segni) è presidio imprescindibile per l’apporto educativo dei sordi;

– conseguentemente il servizio LIS andrà adattato in relazione alle peculiarità di ciascuno degli alunni affetti (mentre non sono pensabili distribuzioni orarie a pioggia ed in maniera aspecifica)

– nodo fondamentale per settare l’attribuzione è la redazione del PEI da parte delle scuole, sulla base del profilo dinamico funzionale (redatto dalle UVMD in sede di PDF ma al quale possono concorrere anche altre istituzioni pubbliche o private): all’interno dell’atto presupposto di questa sequela procedimentale, come nell’atto finale dovrà essere chiaro il grado di gravità della sordità, l’utilità (ed anzi l’imprescindibilità) dell’apporto dell’interprete LIS in relazione alle specifiche fasi formative (che se possiamo pensare sia meno stringente laddove NON si veicolino concetti astratti, si pensi alla scuola dell’infanzia, risulterà imprescindibile nella scuola dell’obbligo);

– il “migliore dei mondi possibili”  dovrebbe essere  un categoria di insegnanti di sostegno specializzati nella LIS (la cui attività non sarà di mera traduzione, ma potranno anche veicolari i concetti al pari del medesimo insegnante); ma in mancanza  di essi

– si dovrà, comunque, assicurare che accanto all’insegnante di sostegno per un numero di ore adeguato alla gravità, vi sia anche l’interprete LIS (pena in difetto di una condanna del bambino segnate ad una costante frustrazione, non percependo egli (o percependo solo per poche ore ) gli insegnamenti istituzionali).

Di qui la discriminazione indiretta, che potrà trovare tutela davanti al G.O. con richiesta di cessazione e risarcimento del danno.

Carl Marx alla stazione di Parigi veniva rimproverato – lui paladino dei diritti dell’egualitarismo – perché viaggiava in prima classe, in barba alla reclamata uguaglianza.

Memorabile la risposta : “la vera uguaglianza è andare tutti in prima classe”, con ciò indirettamente indicando il vero grado di civiltà di una nazione.

Rodolfo ROMITO –  romito@legalinet.eu