Sul diritto al reinserimento dei depennati Gae

 

Corte d’Appello L’Aquila, sentenza n. 90 del 28 gennaio 2016.

Graduatorie ex permanenti ora “ad esaurimento” del personale scolastico ex l. n. 124/1999. Mancata presentazione della domanda di permanenza nei termini di legge. Cancellazione dalla graduatoria. Giurisdizione. Giurisdizione del giudice ordinario. Sussistenza.

Diritto di ottenere il reinserimento da parte di docente depennato. Fondatezza.

 

Corte d’Appello di Firenze, sentenza n. 91 del 28 gennaio 2016.

Graduatorie ex permanenti ora “ad esaurimento” del personale scolastico ex l. n. 124/1999. Mancata presentazione della domanda di permanenza nei termini di legge. Cancellazione dalla graduatoria. Giurisdizione. Giurisdizione del giudice ordinario. Sussistenza.

Diritto di ottenere il reinserimento da parte di docente depennato. Esclusione.

 

Con sentenze pronunciate nello stesso giorno, due Corti d’Appello giungono ad opposte conclusioni in ordine al riconoscimento del diritto dei depennati dalle G.A.E. di ottenere il reinserimento nelle suddette graduatorie.

La questione discende dalla trasformazione delle graduatorie di cui alla l. n.124/1999 da graduatorie permanenti in graduatorie “ad esaurimento”.

Con l’entrata in vigore della legge n. 296/2006 (l. finanziaria 2007), infatti, tali graduatorie si trasformarono in graduatorie “ad esaurimento”, prevedendo però una certa flessibilità per coloro che avevano già intrapreso dei corsi finalizzati all’inserimento nelle graduatorie medesime[1].

Il D.L. 7 aprile 2004, n. 97 (convertito con l. 4 giugno 2004, n. 143) che all’art.1, comma 1- bis, aveva previsto  che  la permanenza dei docenti nelle graduatorie doveva avvenire “su domanda dell’interessato”[2].

La mancata presentazione della domanda comportava una cancellazione temporanea dalla graduatoria.

Infatti, “A domanda dell’interessato (..) è consentito il reinserimento nella graduatoria, con il recupero del punteggio maturato all’atto della cancellazione” (cfr. art.1, comma 1-bis, l. cit.).

Con ogni evidenza, nell’ottica di un equo bilanciamento degli interessi, il legislatore decideva di “alleggerire” le graduatorie, lasciando nello stesso tempo la possibilità di ottenere il reinserimento a coloro che erano stati provvisoriamente depennati.

Dunque, la cancellazione disposta era soltanto provvisoria, potendo gli interessati riottenere il reinserimento, con lo stesso punteggio precedentemente maturato.

La successiva legge n. 296/2006 chiudeva la possibilità di nuovi ingressi, nulla disponendo però per il reinserimento di quegli aspiranti già iscritti.

In occasione dell’aggiornamento delle graduatorie, l’Amministrazione emanava il D.M. n.42/2009 che invece precludeva agli aspiranti già iscritti di ottenere il reinserimento.

Veniva pertanto impugnato il suddetto decreto di fronte al Giudice Amministrativo che ne sanciva l’illegittimità in parte qua con sentenze Tar Lazio, sez.III bis, n. 21793 del 30 giugno 2010 e Consiglio di Stato n. 3658 del 14 luglio 2014[3].

Al di là delle censure del giudice amministrativo in ordine alla legittimità della cancellazione,  la questione va esaminata (e risolta) sulla base di quanto previsto dalla normativa in subiecta materia ed in particolare dall’art.1, comma 1-bis l. n.143/2004.

Come si è visto, la norma in esame consente il reinserimento a domanda dei docenti provvisoriamente cancellati dalla graduatoria.

Se è vero che la legge n. 296/2006 ha trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, è altrettanto vero che ha previsto la possibilità di nuovi inserimenti[4].

Se dunque da un lato il legislatore ha espressamente previsto delle eccezioni alla “blindatura” delle graduatorie per gli aspiranti inseriti in un percorso formativo, nulla ha disposto per quanto riguarda il reinserimento dei candidati precedentemente depennati.

 

Il silenzio della legge n. 296/2006 sulla questione dei reinserimenti. Due opposte conclusioni.

 

La Corte d’Appello di Firenze – a differenza della Corte d’Appello di L’Aquila- ritiene che nel caso de quo, la previgente disciplina sarebbe stata implicitamente abrogata dalle nuove disposizioni.

Tale interpretazione, a parere dello scrivente, non può essere condivisa.

Come si è visto, il legislatore si è premurato di garantire a coloro che avevano già intrapreso un apposito percorso di studi l’inserimento nella graduatoria medesima, in applicazione del principio dell’affidamento.

Non era infatti, logico né ragionevole che molti giovani neolaureati (iscritti ad appositi corsi di specializzazione, con dispendio di energie umane e finanziarie per ottenere l’inserimento nelle graduatorie) si trovassero all’improvviso la strada sbarrata da un successivo intervento legislativo.

Orbene, a parere dello scrivente non sarebbe plausibile un’interpretazione della norma secondo cui il legislatore avrebbe deciso di tutelare coloro che non vantavano ancora alcun diritto soggettivo all’iscrizione e non coloro che tale diritto vantavano, in virtù di espressa previsione legislativa[5].

Il silenzio del legislatore sulla questione – a parere dello scrivente- sta chiaramente ad indicare la volontà di mantenere in vigore la disposizione de qua.

Va ricordato quanto previsto dall’art.15 delle Disposizioni sulla legge in generale in ordine all’abrogazione delle leggi e l’interpretazione che di tale norma ha elaborato la giurisprudenza.

Costituisce ormai jus receptum -stante la regola generale che l’abrogazione non si presume (gravando sul legislatore un preciso onere di abrogazione espressa) – che l’abrogazione tacita si configura unicamente quando la nuova regolamentazione della materia si appalesa come del tutto inconciliabile, dal punto di vista sia logico che formale, rispetto a quella precedentemente prevista.

“Si deve ritenere che l’effetto dell’abrogazione tacita di una disposizione normativa esiga che tra quest’ultima e quella successiva sia ravvisabile un rapporto di assoluta incompatibilità, esclusivamente configurabile nell’ipotesi in cui la seconda regoli la medesima situazione disciplinata dalla prima in modo che il nuovo regime e quello previgente siano incompatibili” (Cons. Stato, Sez. VI, 25/06/2008, n. 3228).

e ancora: “L’incompatibilità tra le nuove disposizioni e quelle precedenti si verifica soltanto quando fra le leggi considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicché dall’applicazione ed osservanza della nuova legge non possono non derivare la disapplicazione e/o l’inosservanza dell’altra”(Corte di Cassazione– 28.6/28.9.2001, n. 12118/01).

Il silenzio del legislatore -su una fattispecie già regolata dalla legge- non può essere certamente interpretato come abrogazione della norma, quanto piuttosto volontà di conservazione della disciplina previgente (“Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”).

Si consideri che la legge finanziaria 2007 – con l’art.1, comma 605- ha regolato una fattispecie (quella dei nuovi ingressi) non sovrapponibile a quella del reinserimento di chi nella graduatoria era già presente da tempo.

Infatti, si tratta di istituti sostanzialmente diversi.

Il reinserimento non è un nuovo inserimento.

Non a caso, il reinserimento viene disposto sulla base del punteggio già maturato (“A domanda dell’interessato (..) è consentito il reinserimento nella graduatoria, con il recupero del punteggio maturato all’atto della cancellazione” -cfr. art.1-bis, l. l. n.143/2004 cit.).

Con ogni evidenza, non si tratta di un inserimento ex novo, ma del  mero ripristino di una situazione già esistente.

Non si condivide pertanto l’affermazione- contenuta nella sentenza della Corte toscana- secondo cui “la sua successiva domanda non potrebbe avere che il senso di un nuovo inserimento”.

Come si è visto, il reinserimento disposto col punteggio già maturato è fattispecie del tutto diversa da un inserimento ex novo.

Non avendo la nuova legge nulla disposto sulla questione del reinserimento e non sussistendo tra le due norme “una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione”, appare evidente la perdurante vigenza della precedenti disposizioni e, conseguentemente, della possibilità di reinserimento di coloro che risultavano già iscritti, pienamente compatibile con la regola del divieto di inserimenti ex novo.[6]

                                                                      Avvocato Francesco Orecchioni

 

***

[1]Sono fatti salvi gli inserimenti nelle stesse graduatorie da effettuare per il biennio 2007-2008 per i docenti già in possesso di abilitazione, e con riserva del conseguimento del titolo di abilitazione, per i docenti che frequentano, alla data di entrata in vigore della presente legge, i corsi abilitanti speciali indetti ai sensi del predetto decreto-legge n. 97 del 2004, i corsi presso le scuole di specializzazione all’insegnamento secondario (SISS), i corsi biennali accademici di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID), i corsi di didattica della musica presso i Conservatori di musica e il corso di laurea in Scienza della formazione primaria” ( cfr. art.. 1, comma 605, lett. c),  legge n. 296/2006)

[2] La ratio della disposizione era quella di evitare un eccessivo affollamento nelle graduatorie, in quanto poteva avvenire che soggetti- inizialmente inseriti nelle graduatorie- non fossero più interessati a permanervi (per motivi familiari, per aver trovato altra occupazione, ecc.), costringendo comunque l’Amministrazione – in occasione delle nomine per supplenze- ad estenuanti convocazioni sulla base dello scorrimento delle graduatorie.

[3] Il Collegio ha osservato che, qualora dalla mancata presentazione della domanda dovesse derivare la cancellazione “perenne” dalla graduatoria, il decreto ministeriale avrebbe dovuto prevedere l’obbligo dell’Amministrazione di comunicare ai docenti già iscritti nelle graduatorie ad esaurimento gli effetti della legge n. 143/2004, “avvertendoli dell’onere di presentare detta domanda di conferma entro un termine prefissato, pena la cancellazione da quest’ultima”(Tar Lazio, sez.III bis, sentenza n. 21793 del 30 giugno 2010). Nello stesso senso, Consiglio di Stato n. 3658 del 14 luglio 2014, conferma Tar Lazio, sez.III bis, sentenza n. 21793 del 30 giugno 2010). Il massimo organo di giustizia amministrativa fondava la sua decisione sui parametri costituzionali desumibili dagli artt. 3, 4 e 97 Cost. nonchè sulla base dei principi generali dell’attività amministrativa di cui alla legge n.241 del 1990 (partecipazione dell’interessato al procedimento amministrativo).

[4] Cfr. nota 1, supra.

[5] Il citato art.1, comma 1-bis, l. 143/2004.

Se il legislatore avesse voluto effettivamente vietare il reinserimento, lo avrebbe fatto, abrogando la precedente disposizione, la quale  invece risulta a tutt’oggi in vigore.

Pertanto, l’unica disposizione che impediva il reinserimento all’epoca della presentazione della domanda era il citato D.M. n. 42/2009, dichiarato definitivamente illegittimo dal Giudice amministrativo.

[6] Dopo qualche oscillazione iniziale, a seguito della pronuncia del Consiglio di Stato n. 3658 del 14 luglio 2014, la giurisprudenza è orientata in senso favorevole al riconoscimento del diritto al reinserimento. Vedasi in tal senso: Trib. Frosinone  proc. n. 7414/14, Trib. Cosenza, proc. n. 5382/14, Tribunale di Napoli, proc. n. 2779/15, sentenza dell’8 luglio 2015, Tribunale di Pavia, sentenza n. 143 del 6 agosto 2015, Tribunale di Pescara, sentenza n. 874 del 6 novembre 2015, Tribunale di Pescara, sentenza n. 882 del 10 novembre 2015,  Tribunale di Monza, sentenza n. 642 del 4 dicembre 2015, Tribunale di Reggio Calabria, sentenza n.64 del 20 gennaio 2016).