Mobbing-Straining: Differenze tracciate da Cassazione Civile, sezione lavoro, ordinanza 19.02.2018 n. 3977.

 

Nel dibattito attuale sul mobbing si inserisce ora anche la differenziazione con una nuova figura, il c.d. “straining”.

La differenza consiste in sostanza e dal punto di vista normativo, nell’interpretazione di una norma chiave: l’articolo 2087 cod.civ. che, come noto, tutela le condizioni di lavoro del lavoratore.

Nel mobbing. dunque, si ravvisano non solo una privazione di queste condizioni, ma anche delle vere e proprie lesioni che possono concernere, oltre la salute fisica, anche il patrimonio.

È noto infatti che, nei danni da inattività lavorativa, una certa interpretazione riconosce, laddove vengano ad essere lesi gli emolumenti del lavoratore, una forma sia pure più blanda di mobbing.

Così sarebbe nel caso di straining.

In sostanza, nello straining, il lavoratore non viene tanto leso e danneggiato, quanto viene reso oggetto di azioni ostili.

Ne è un esempio proprio il casus decisus della sentenza di Cassazione Cassazione Civile, sezione lavoro, ordinanza 19/02/2018 n° 3977.

Nella fattispecie, un’impiegata del Ministero dell’Istruzione, dichiarata inidonea all’insegnamento, era stata assegnata alla segreteria della scuola ed era entrata in conflitto con la dirigenza scolastica allorquando aveva rappresentato la necessità di ulteriore personale per l’espletamento dei servizi amministrativi: il dirigente scolastico aveva reagito sottraendole gli strumenti di lavoro; attribuendole mansioni didattiche, nonostante l’accertata inidoneità; privandola, infine, di  ogni  mansione  e  lasciandola  totalmente  inattiva  (c.f.r.:  http://www.altalex.com/documents/news/2018/02/21/straining).

Come evincibile, dunque, non ci sono danni di tipo biologico, ma, in sostanza, solo atti di arbitrio in danno della lavoratrice.

Secondo la Corte di Cassazione, dunque, “al principio di diritto enunciato il Collegio intende dare continuità perché dell’art. 2087 c.c. questa Corte ha da tempo fornito un’interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata al rispetto di beni essenziali e primari quali sono il diritto alla salute, la dignità umana e i diritti inviolabili della persona, tutelati dagli artt. 32, 41 e 2 Cost.; l’ambito di applicazione della norma è stato, quindi, ritenuto non circoscritto al solo campo della prevenzione antinfortunistica in senso stretto, perché si è evidenziato che l’obbligo posto a carico del datore di lavoro di tutelare l’integrità psicofisica e la personalità morale del prestatore gli impone non solo di astenersi da ogni condotta che sia finalizzata a ledere detti beni, ma anche di impedire che nell’ambiente di lavoro si possano verificare situazioni idonee a mettere in pericolo la salute e la dignità della persona; la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. sorge, pertanto, ogniqualvolta l’evento dannoso sia eziologicamente riconducibile ad un comportamento colposo,  ossia  o all’inadempimento  di  specifici  obblighi  legali  o  contrattuali  imposti  o  al  mancato  rispetto  dei principi generali di correttezza e buona fede, che devono costantemente essere osservati anche nell’esercizio dei diritti” (C.f.r. sent. Cit., parte motiva, in: http://www.altalex.com/documents/news/2018/02/21/straining).

Dunque, anche laddove non sorgano lesioni, le condizioni di lavoro del lavoratore vanno tutelate perché, grazie all’interpretazione estensiva delle norme, i Giudici di Legittimità ritengono che non si possono ledere diritti fondamentali.

Avv. Michele Vissani