News sostegno: prima sentenza del Tar Lazio che annulla il decreto di rigetto seguito a sentenza di ottemperanza, e condanna il ministero per palese violazione dei principi della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Di notevole interesse nel panorama giurisprudenziale ad oggetto il riconoscimento dei titoli sul sostegno conseguiti all’estero (in Romania), la sentenza n° 5222 del 27 marzo 2023 del TAR Lazio-Roma sez IV BIS, che ha annullato l’ulteriore decreto di rigetto emanato dal Ministero Istruzione, a seguito di sentenza di ottemperanza, accogliendo il ricorso patrocinato dall’Avv. Maurizio Danza Prof. Diritto Unione Europea Università Teseo- e dall’Avv. Pietro Valentini.

La pronuncia appare di rivelante interesse -così il Prof. Maurizio Danza- poichè, costituisce una delle prime ed evidenti applicazione dei principi fissati dalla pronuncia Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n°22/2022, proprio con riferimento ai titoli di specializzazione sul sostegno conseguiti in Romania.

A ben vedere, il Collegio presieduto dalla Dott. ssa Biancofiore nella prima parte della motivazione, stigmatizza la assenza assoluta di comparazione tra il titolo estero ed il sistema italiano, annullando il decreto per difetto di motivazione  “ 2.1. In primo luogo merita accoglimento la censura con cui parte ricorrente ha sostanzialmente dedotto la violazione del giudicato, rappresentato dalla sentenza del Tar Lazio n. 735/2021, che, richiamando i principi già enunciati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha annullato per difetto di motivazione il precedente provvedimento di diniego, in quanto “non risulta possibile sussumere dallo stesso il compimento di valutazioni e comparazioni delle competenze della formazione sul sostegno conseguite dalla ricorrente in Romania, in distonia con quanto statuito dagli artt. 16, 17, 18 e 19 del d.lgs. n. 206/2007 e degli artt. 11 e 13 della direttiva 2005/36/CE, così come modificata dalla direttiva 2013/55/CE, ovvero dei richiamati precedenti della CGUE”.

Pertanto, in esecuzione della predetta sentenza, l’amministrazione avrebbe dovuto effettuare un confronto tra la formazione svolta all’estero e quella prevista in Italia e, in caso di inidoneità della prima, avrebbe potuto imporre adeguate misure compensative, secondo quanto previsto dall’art. 22 D.lgs. 206/2007. Nulla di tutto ciò è stato fatto dall’amministrazione, che si è invece limitata ad affermare l’assenza di un elemento formale, costituito dall’attestato di abilitazione rilasciato dal Ministero rumeno, senza procedere, previo parere del Ministero dell’Università e della Ricerca, alla comparazione sostanziale tra i due percorsi di formazione.

Quanto poi, alla violazione della disciplina di diritto europeo delineata dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nel punto “2.2 della motivazione, così si esprime il Collegio “ Fermo quanto appena esposto, il provvedimento impugnato è comunque palesemente contrastante con la disciplina europea come ricostruita dalla recente Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 18, 19, 20, 21, 22 del 2022), che proprio con riferimento ai titoli di formazione conseguiti in Romania (v. in particolare Ad. Pl. n. 22/2022) ha affermato che:

– l’Adeverinta “è riconducibile alla ‘attestazione di qualifica’ ai sensi dell’art. 13 della Direttiva 2005/36/Ce, perché rilasciata all’esito del percorso formativo previsto nel Paese d’origine per l’accesso alla professione, al quale l’appellato è stato ammesso a seguito del formale riconoscimento di equivalenza della laurea italiana a quella rumena da parte del CNRED”;

– “Il Ministero appellante deve dunque esaminare le istanze di riconoscimento del titolo formativo conseguito in Romania, tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite, e verificando che «la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno». Il Ministero valuterà dunque l’equipollenza dell’attestato di formazione, disponendo opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE, come sta del resto già accadendo in analoghi casi già pervenuti all’attenzione di questo Consiglio di Stato in sede di ottemperanza.”;

– peraltro “anche laddove non si voglia riconoscere la piena o la diretta applicabilità della Direttiva 2005/36/CE, come assume la Commissione nel già citato parere del 31 luglio 2019, persiste l’obbligo per le autorità italiane, come sostiene la stessa Commissione, di valutare le domande pertinenti ai sensi delle disposizioni più generali del TFUE in vista di un eventuale riconoscimento della formazione seguita, per quanto in assenza delle garanzie e dei requisiti di cui alla direttiva 2005/36/CE, e non è precluso alle stesse autorità di adottare queste garanzie, in modo estensivo, anche alla vicenda qui controversa.

Con specifico riferimento poi all’insegnamento di sostegno, la sentenza citata evidenzia che i docenti, come l’odierno ricorrente, “dopo aver visto riconosciuto in Romania il percorso di studi universitari svolto in Italia, conseguono l’abilitazione all’insegnamento sul sostegno in Romania all’esito di specifico corso di studi. Costoro hanno, dunque, acquisito tutte quelle competenze e conoscenze didattiche e psico-pedagogiche richieste ai fini del conseguimento di quella professionalità ulteriore che deve caratterizzare la figura dell’insegnante di sostegno, in Romania come in Italia. Si tratta di percorsi che comprendono la preparazione nelle materie afferenti alla specializzazione (a mero titolo esemplificativo: psicologia dell’educazione, dello sviluppo, tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni nell’educazione inclusiva, psicologia delle persone con bisogni speciali, ecc.), nonché un’attività di tirocinio di 120 ore, sia presso istituti rumeni che rientrano nell’ambito delle scuole cd. “speciali” previste in Romania, e sia in scuole che prevedono, come in Italia, la scolarizzazione degli alunni disabili con la loro integrazione nell’istruzione ordinaria.”.

Sulla base di quanto appena esposto, l’Adunanza Plenaria ha affermato il principio di diritto secondo cui “spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE”.

Nel caso in esame l’amministrazione, a fronte della produzione di un Adeverinta attestante il percorso specialistico svolto e valido quale attestato di competenza professionale, ha completamente omesso la predetta valutazione e comparazione. Il provvedimento, pertanto, è anche per tale profilo illegittimo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente per le ragioni indicate in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato in epigrafe indicato.

Avv. Maurizio Danza