Note per la corretta gestione dei permessi ex legge n. 104/1992

La legge n. 104/1992 recitava all’art. 33, comma 3, in riferimento ai giorni di permesso retribuiti per l’assistenza a soggetti disabili, quanto segue:

“Successivamente  al  compimento  del  terzo  anno  di  vita  del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap  in  situazione  di  gravità, nonché colui che assiste una persona con handicap in  situazione  di gravità, parente o affine entro il terzo  grado,  convivente,  hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche  in  maniera continuativa a condizione che la persona con handicap  in  situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.”

Il testo sopra riportato, è stato modificato dall’art. 24 della legge n. 183/2010:

“3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente”.

La norma indica condizioni ben precise, per il diritto alla fruizione dei tre giorni lavorativi mensili per l’assistenza a persona disabile:

  • in primis la certificazione di disabilità deve fare riferimento all’art. 3., comma 3, della legge n. 104/1992, che recita:

“3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.”

  • la persona disabile non deve essere ricoverata a tempo pieno (ad esempio in ospedale, RSA, casa di riposo); la giurisprudenza ha stabilito che possono beneficiare dei permessi in oggetto coloro che assistono persone disabili ricoverate in strutture che non garantiscono in modo continuativo i servizi di cura e di assistenza alla persona, o persone disabili in stato terminale o vegetativo permanente, o per accompagnare fuori della struttura la persona disabile per visite mediche e terapie specialistiche certificate;
  • la persona che assiste, deve avere rapporti di parentela/affinità con la persona disabile, a seconda dei casi, almeno di terzo/quarto grado;
  • i permessi possono essere fruiti solo da una persona in riferimento ad un soggetto disabile, ad eccezione dei genitori (anche adottivi) nei confronti del figlio disabile

I permessi in oggetto, nel numero di tre ogni mese:

  • sono retribuiti;
  • sono coperti da contribuzione previdenziale;
  • non riducono le ferie;
  • non riducono la tredicesima;
  • non sono soggetti a recupero.

In merito alla loro fruizione, sussiste differenza tra il personale docente e quello ATA.

Per il personale docente vige quanto previsto dall’art. 15, comma 6, del CCNL 2007 (confermato dal CCNL 2016/18), che recita:

“6. I permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 sono retribuiti come previsto dall’art. 2, comma 3 ter, del decreto legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito dalla legge 27 ottobre 1993 n. 423, e non sono computati ai fini del raggiungimento del limite fissato dai precedenti commi nè riducono le ferie; essi devono essere possibilmente fruiti dai docenti in giornate non ricorrenti.”

Invece l’articolo 32 del CCNL 2016/18, in riferimento al personale ATA, recita:

“I dipendenti ATA hanno diritto, ove ne ricorrano le condizioni, a fruire dei tre giorni di permesso di cui all’ art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Tali permessi sono utili al fine delle ferie e della tredicesima mensilità e possono essere utilizzati ad ore nel limite massimo di 18 ore mensili.”

In sintesi i docenti non hanno diritto al frazionamento orario dei giorni di permesso, mentre il personale ATA può, in alternativa ai tre giorni di permesso, beneficiare di permessi orari mensili fino a 18 ore.

Il possesso dei requisiti per godere dei permessi in oggetto può essere autocertificato ai sensi del DPR n. 445/2000, con le conseguenti responsabilità amministrativi, disciplinari, civili, e penali, nel caso di dichiarazioni false.

Più in generale non è necessario presentare un’apposita domanda di autorizzazione per fruire dei permessi in oggetto all’Istituto scolastico, essendo sufficiente inoltrare una copia del modello SR08_ Hand 2.

Salvo particolari esigenze, la fruizione dei permessi in oggetto deve essere programmata a livello mensili; in ogni caso il dirigente scolastico non ha discrezionalità nel concedere o meno i predetti permessi, essendo la loro fruizione un diritto soggettivo sancito da norma di legge, avendo solo titolo di verificare la sussistenza dei requisiti per poterne beneficiare.

A monte i controlli sul corretto utilizzo dei permessi in oggetto possono essere disposti sia dall’INPS che dall’Istituto scolastico.

Giovanni Paciariello, Presidente dell’Associazione Papa Giovanni Paolo II, che opera a tutela dei diritti degli studenti, dirigente scolastico in quiescenza