Rimozione del nuovo “vincolo quinquennale alla mobilità dei docenti” – Dall’emendamento politico per l’abolizione ai profili di costituzionalità

A decorrere dalle immissioni in ruolo, disposte per l’anno scolastico 2020/2021, i docenti, a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato, possono richiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in altra istituzione scolastica, ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso, soltanto dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nella scuola di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero.

Tale vincolo quinquennale – previsto dal D.L.126/2019 (convertito dalla Legge n. 159 del 2019) – garantirebbe la continuità didattica, a fronte della vastità ed ampiezza della compagine organizzativa scolastica e fatte salve mirate eccezioni (“La disposizione … non si applica al personale di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge 05 febbraio 1992, n. 104, purché le condizioni ivi previste siano intervenute successivamente alla data di iscrizione ai rispettivi bandi concorsuali, ovvero all’inserimento periodico nelle graduatorie…” ad esaurimento).

Eppure si discute in merito ai possibili profili d’incostituzionalità del nuovo “blocco forzato”, nella sede di titolarità, considerato che emergono trattamenti fortemente differenziati, in base al momento d’assunzione e al regime normativo nel quale ricade la singola procedura di reclutamento.

Da un lato, la contrattazione collettiva integrativa scolastica ha ripetutamente derogato al vincolo di cui al comma 3 dell’art. 399 del D. Lgs. n. 297/94, come modificato da successive disposizioni normative (D.L. n. 104/2013, convertito dalla legge 08.11.2013, n. 128), per gli anni scolastici fino al 2018/19;

Viceversa, per l’anno scolastico 2019/20, è stato introdotto un nuovo vincolo di permanenza, all’esito dei movimenti, e la facoltà di derogare allo stesso, da parte della contrattazione collettiva, è stata esclusa dalla normativa successiva – legge 20.12.2019 n. 159 (di conversione del D.L. 29.10.2019, n. 126) – che ha previsto l’obbligo di permanenza quinquennale nella scuola di titolarità (e, quindi, il divieto di presentare domanda di trasferimento e di assegnazione provvisoria, prima di aver maturato cinque anni scolastici di effettivo servizio).

Con riferimento agli assunti in ruolo dalle graduatorie di merito del concorso Secondaria-bandito con D.D.G. 2018, n. 85/18- approvate dopo il 31 agosto 2018, è stato imposto un vincolo quinquennale, ritenuto illegittimo da quanti si ritengono “avviati al ruolo” nel regime normativo antecedente, dettato dal decreto ministeriale 631/18 e riferito all’anno scolastico 2018/19, prima dell’entrata in vigore della legge impositiva del blocco pluriennale.

Stando così le cose ci si domanda: è costituzionalmente legittimo, in termini di rispetto del principio d’uguaglianza, l’operato del legislatore, laddove abbia imposto un vincolo così invasivo delle “esigenze familiari”, preclusivo al ricongiungimento, riservato a taluni insegnanti che – pur avendo superato la procedura concorsuale (D.D.G. 85/18, Secondaria) – si trovino “vincolati” (a differenza di altri colleghi, provenienti dallo stesso reclutamento, che hanno preso servizio un anno prima), semplicemente perché immessi “in ritardo”, il 01 settembre 2019, per causa agli stessi non imputabile e attraverso Graduatorie di merito pubblicate dopo il 31 Agosto 2018?

Le risposte perverranno dal mondo politico, essendo stato presentato apposito emendamento, volto ad abolire detto vincolo di permanenza quinquennale, nonché dagli scenari giudiziari.

Avv.ti Aldo Esposito e Ciro Santonicola