A cura degli avvocati Aldo Esposito e Ciro Santonicola
Nel recente caso giudiziario esaminato dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR Lazio), il docente interessato ha richiesto il riconoscimento in Italia del “Curso superior de Especialización en atención a las necesidades específicas de apoyo educativo” conseguito presso l’Universidad Cardenal Herrera-CEU di Valencia, Spagna. Questo corso, finalizzato alla specializzazione didattica sul sostegno educativo per la scuola secondaria di secondo grado, è stato oggetto di diniego da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito, per quanto riguarda l’omologazione del titolo estero. La questione è stata quindi sottoposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Ter) al vaglio della Corte di Giustizia dell’Unione Europea per l’emissione di un parere pregiudiziale.
Le problematiche sottoposte alla Corte di Giustizia Europea
Le problematiche sollevate riguardano l’interpretazione dell’articolo 13 della Direttiva 2005/36/CE, come modificata dalla Direttiva 2007/55/UE, in merito al riconoscimento delle qualifiche professionali tra gli Stati membri dell’Unione Europea.
Primo Quesito
Il primo quesito chiede se l’articolo 13 della Direttiva, alla luce dell’obiettivo di libera circolazione di persone e servizi, osti all’applicazione di una normativa nazionale che consenta il riconoscimento di una qualifica professionale anche quando il titolo di formazione conseguito nello Stato membro d’origine:
– Non permetta l’esercizio della professione corrispondente in quello Stato.
– Non sia legalmente riconosciuto come titolo abilitante in quello Stato.
Secondo Quesito
Il secondo quesito si pone nel caso in cui la risposta al primo quesito sia negativa, ovvero che l’articolo 13 non costituisca un ostacolo. In tal caso, si chiede se le autorità competenti in materia di riconoscimento delle qualifiche, ricevuta la relativa istanza, siano sempre e comunque tenute a:
– Valutare il contenuto di tutti i documenti presentati a supporto della qualifica professionale, anche se non abilitante nello Stato membro d’origine;
– Valutare la conformità della formazione attestata dai documenti con le condizioni richieste per ottenere la qualifica professionale nello Stato membro ospitante;
– Applicare, se del caso, misure di compensazione.
Più Semplicemente…
A)Il primo quesito chiede se un titolo di studio acquisito in un altro paese dell’Unione Europea, che non sia ufficialmente riconosciuto in quel paese, possa comunque trovare riconoscimento in Italia. In termini pratici, se l’interessato ha acquisito un titolo abilitante in un altro paese dell’UE che non è ufficialmente valido in quel paese, lo stesso può essere ritenuto valido in Italia?
B)Il secondo quesito chiede se le autorità italiane debbano comunque valutare tutti i documenti presentati dal richiedente, anche se il titolo non è ufficialmente riconosciuto nel paese d’origine, e se devono considerare l’applicazione di misure compensative per colmare eventuali differenze. Tornando al caso pratico, anche se il titolo abilitativo estero non è ufficialmente valido nel paese dove è stato acquisito, le autorità italiane devono comunque esaminare i documenti e valutare se siano realizzabili corsi aggiuntivi o esami che possano far riconoscere il diploma in Italia?
La portata della Decisione del TAR Lazio…
La decisione del TAR Lazio di rimettere la problematica alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea è funzionale al chiarimento delle normative sul riconoscimento delle qualifiche professionali, nell’ottica di assicurare agli aspiranti – ai fini della commutazione della qualifica estera in abilitazione italiana – di non essere penalizzati dai disallineamenti tra le normative nazionali.