Riconoscimento anzianità di servizio personale A.T.A. ex EE.LL.
Sentenza tratta da OrizzonteScuola.it
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL GIUDICE DEL LAVORO DEL TRIBUNALE DI TREVISO
dott. Massimo Galli
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
ex art. 281 sexies c.p.c.
nella causa civile di primo grado in materia di promossa con ricorso depositato il 28 ottobre 2005
da
rappresentata e difesa dagli avvocati Michele Leila e Andrea Nalesso come da mandato in calce al ricorso ed elettivamente domiciliata in Treviso presso lo studio di quest’ultimo.
PARTE RICORRENTE
CONTRO
MINISTERO dell’lSTRUZIONE dell’UNIVERSITÀ e della RICERCA Centro Servizi Amministrativi di Treviso rappresentato e difeso dalla dottoressa Maria Giuliana Bigardi dirigente del C.S.A. legalmente domiciliata presso Io stesso C.S.A. in Treviso
PARTE RESISTENTE
Oggetto: riconoscimento anzianità di servizio personale A.T.A. EX EE.LL.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
La ricorrente assunta dal Comune di Cabonera il 6 marzo 1991, con la qualifica di operatore presso istituti scolastici, per effetto della legge 124/1999, articolo 8 è transitata alle dipendenze dirette dello Stato ed è stata inquadrata a partire dall’1° gennaio 2000 alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione continuando a svolgere le stesse mansioni svolte in precedenza. II transito avrebbe dovuto essere effettuato con il riconoscimento dell’intera anzianità maturata al 31 dicembre 1999 nei ruoli dell’ente locale di provenienza, come previsto dal secondo comma dell’articolo 8 citato nonché dal successivo decreto 184/1999 articolo 3. In applicazione del criterio della cosiddetta “temporizzazione” in virtù del decreto ministeriale 5 aprile 2001 articolo 3 comma 1, l’amministrazione invece ha ritenuto di riconoscere alla ricorrente un anzianità ridotta.
La ricorrente in particolare ha evidenziato che l’applicazione della temporizzazione aveva comportato la perdita di tutto il salario accessorio previsto dai soli contratti degli enti locali.
Il peggiore trattamento economico non è stato contestato dall’amministrazione resistente la quale però ha sostenuto la legittimità del proprio operato osservando che ai sensi del comma 218 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005/266 (legge finanziaria per il 2006) il comma secondo dell’articolo 8 della legge 3 maggio 1990/124 doveva interpretarsi nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (A.T.A.) statale era inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico ossia senza il computo del trattamento accessorio e dell’anzianità di servizio maturata alle dipendenze dell’ente locale di provenienza. In virtù dell’articolo 2 comma secondo del decreto legislativo 165/2001 la precedente disposizione di legge (124/1999, articolo 8 ) che prevedeva il riconoscimento dell’intero trattamento economico, poteva essere derogata da successivi contratti o accordi collettivi. Secondo l’interpretazione sostenuta dalla pubblica amministrazione resistente tale deroga, nel caso di specie, era stata operata con l’accordo del 20 luglio 2000 intercorso tra A.R.A.N. e OO.SS.. Secondo tale accordo infatti al dipendenti A.T.A. trasferiti dagli enti locali allo Stato veniva attribuita la posizione stipendiale, tra quelle indicate nella allegata tabella, di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito da Stipendio e retribuzione individuale di anzianità.
La ricorrente osservava per contro la inapplicabilità-illegittimità della legge 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) per contrasto con la costituzione e l’impossibilità di considerare l’accordo del 20 luglio 2000 un accordo o contratto collettivo (e perciò avente efficacia derogatoria della legge 124/1999) poiché in realtà si trattava di un accordo adottato nell’ambito di procedure di informazione e di consultazione di cui all’articolo 47 commi da 1 a 4 della legge 428/90, come chiarito dalle stesse parti stipulanti, interpellate ex articolo 64 del decreto legislativo 29/93 dai tribunali di Milano e Venezia. La natura diversa dalla contrattazione collettiva poteva essere inoltre dedotta indirettamente dalla circostanza che tale accordo era stato recepito dal successivo decreto ministeriale del 5 aprile 2001 (evidentemente perché ritenuto non dotato di efficacia autonoma dalla stessa pubblica amministrazione contraente).
Il patrocinio della ricorrente osservava inoltre che il comma 218 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 non poteva trovare applicazione perché in contrasto con la normativa comunitaria in materia di trasferimento di azienda contenuta nella direttiva 77-187 CEE del consiglio del 14 febbraio 1977 (recepita dall’articolo 2112 del codice civile e dall’articolo 34 del decreto legislativo 29/93 (attuale articolo 31 del decreto legislativo 165/2001).
La Corte di Cassazione, con più pronunce, aveva ritenuto applicabile la disciplina dell’articolo 2112 del codice civile che, a seguito del richiamo di cui all’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001/165, disciplina in via generale i trasferimenti di attività nel settore pubblico.
In seguito all’ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia emessa dal Tribunale di Venezia nella causa C-108/2010 Scattolon, la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza 6 settembre 2011, ha confermato che il trasferimento del personale A.T.A. nei ruoli statali costituisce effettivamente un trasferimento di impresa ai sensi della direttiva del consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE. Tale direttiva, come già osservato, impedisce che ai lavoratori trasferiti venga applicato un trattamento retributivo sostanziale peggiore dì quello goduto nel periodo immediatamente precedente al trasferimento. La Corte inoltre ha osservato che l’assoluta equivalenza tra ì compiti svolti dal personale degli enti locali e quelli del personale già dipendente del ministero imponeva allo Stato italiano di qualificare l’anzianità maturata presso il cedente da un membro del personale trasferito come equivalente a quella maturata da un membro del personale del ministero. La Corte nella sentenza Scattolon ha affermato infatti che gli Stati dell’unione devono attenersi allo scopo della direttiva consistente nell’impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento.
Sotto altro aspetto va osservato che il passaggio del personale degli enti locali al ministero era stato considerato una trasferimento di impresa anche dallo stesso Stato italiano poiché nell’articolo 3 comma 2 del decreto interministeriale 184 del 23 luglio 1999 e nelle premesse del decreto ministeriale del 5 aprile 2001 era stato espressamente richiamato l’articolo 34 del decreto legislativo 29/1993 che disciplina appunto il trasferimento del personale tra pubbliche amministrazioni in conformità a quanto statuito dalla direttiva 77/187 e dell’articolo 2112 del codice civile.
La condotta dello stato italiano è inoltre stata censurata in sede comunitaria anche dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza Agrati del 7 giugno 2011. Con tale sentenza infatti la corte ha chiarito che il legislatore italiano con la legge finanziaria per il 2006 ha violato il principio della parità delle armi (il quale comporta l’obbligo di offrire ad ogni parte una ragionevole possibilità di presentare il suo caso in condizioni che non comportino un sostanziale svantaggio rispetto alla controparte). Quanto all’intervento normativo infatti lo Stato italiano si è inserito nell’amministrazione della giustizia per preservare i neri esigenze finanziarie. La corte in particolare ha osservato che la norma introdotto dalla legge finanziaria, viola sia l’articolo 6 della CEDU (carta dei diritti fondamentali dell’unione europea), sia l’articolo 1 del protocollo 1, in quanto la legge 266/2005 è stata adottata dopo cinque anni dal trasferimento del personale ausiliario degli enti locali con una disposizione non conforme all’originario contenuto della norma interpretata. La Corte di Giustizia ha infatti statuito che la carta dei diritti fondamentali dell’unione europea ha Io stesso valore giuridico dei trattati e che gli Stati membri sono tenuti non solo a interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme al diritto comunitario, ma anche a provvedere a non fondarsi sull’interpretazione di un testo di diritto derivato che entri in conflitto con i diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario e con gli altri principi generali del diritto comunitario. Infatti la corte ha affermato che quanto i diritti fondamentali, dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona è necessario tener conto della carta la quale ha ai temi articolo 6, e nel punto 1, primo comma, TUE, lo stesso valore giuridico dei trattati. Inoltre, sempre secondo la corte, l’articolo 52/3 precisa che laddove essa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU il significato la portata di tali diritti sono uguali a quelli il loro conferiti da detta convenzione e che secondo la spiegazione di tale disposizione, il significato la portata dei diritti garantiti sono determinati non solo dal testo della CEDU ma anche, in particolare dalla giurisprudenza della corte europea dei diritti dell’uomo.
Considerate pertanto le pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza Scattolon del 6 settembre 2011) e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza Agrati del 7 giugno 2011), questo Tribunale ritiene di dover disapplicare la norma contenuta nel comma 218 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 n. 266 del 23 dicembre 2005 perché contrastante con la normativa comunitaria e in particolare con la disciplina del trasferimento di impresa e con il principio di parità delle armi in ambito processuale.
Per effetto della disapplicazione della norma citata, deve essere riconosciuta alla ricorrente l’intera anzianità maturata sia nei ruoli dell’ente locale di provenienza essi eventualmente dei dipendenti di altre amministrazioni anche statali con conseguente provvedimento di nuovo inquadramento, con esclusione della criterio della temporizzazione, non previsto per legge arbitrariamente inserito nel decreto ministeriale 5 aprile 2001 ed applicato nell’interpretazione data dall’amministrazione del decreto di inquadramento definitivo individuale, unitamente ad ogni altro atto inerente e/o conseguente. La pubblica amministrazione resistente, pertanto dovrà essere condannata a riconoscere alla ricorrente ai fini economici e giuridici dell’anzianità tutto maturatasi alle dipendenze dell’ente locale di provenienza essi eventualmente dipendenze di altre amministrazioni anche statali dalla data di assunzione al 31 dicembre 1999 ed a corrispondere le differenze maturate a partire dal 1 gennaio 2000 tra lo stipendio tabellare dovuto in base alla categoria ed all’anzianità stabilite nel CCNL 26 maggio 1999 del comparto scuola e successive modificazioni ed il minore importo corrisposto, con interessi legali e eventuale rivalutazione monetaria a far data dal 1 gennaio 2000 sino al soddisfo, con conseguente provvedimento di nuovo inquadramento.
Non può essere accolta la domanda di risarcimento formulata in termini eccessivamente generici senza l’indicazione dei danni asseritamele subiti.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi euro 4981,07, di cui euro 4151.8 per onorari ed curo 829,27 per diritti.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente decidendo, ogni diversa e/o contraria domanda e/o eccezione respinta, accoglie il ricorso e per l’effetto:
1. disapplica la norma contenuta nel comma 218 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 n. 266 del 23 dicembre 2005 perché contrastante con la normativa comunitaria e in particolare con la disciplina del trasferimento di impresa e con il principio di parità delle armi in ambito processuale;
2. Accerta e dichiara il diritto della ricorrente all’intera anzianità maturata sia nei ruoli dell’ente locale di provenienza sia eventualmente alle dipendenze di altre amministrazioni anche statali;
3. Accerta e dichiara il diritto della ricorrente ad ottenere dall’amministrazione resistente un nuovo inquadramento, con esclusione del criterio della temporizzazione, non previsto per legge arbitrariamente inserito nel decreto ministeriale 5 aprile 2001 ed applicato nell’interpretazione data dall’amministrazione nel decreto di inquadramento definitivo individuale, unitamente ad ogni altro atto inerente e/o conseguente. Pertanto con inquadramento nella fascia 5/20 anni dal 1.1.2000 effettuando la relativa progressione stipendiale.
4. Condanna la pubblica amministrazione resistente, a riconoscere alla ricorrente ai fini economici e giuridici dell’anzianità tutta maturatasi alle dipendenze dell’ente locale di provenienza sia eventualmente alle dipendenze di altre amministrazioni anche statali dalla data di assunzione presso il Comune di Roncade ( 1.1.1982) al 31 dicembre 1999 ed a corrispondere le differenze maturate a partire dal 1 gennaio 2000 tra lo stipendio tabellare dovuto in base alla categoria ed all’anzianità stabilite nel CCNL 26 maggio 1999 del comparto scuola e successive modificazioni ed il minore importo corrisposto, con interessi legali o rivalutazione monetaria qualora superiore a far data dal 1 gennaio 2000 sino al soddisfo;
5. Condanna la pubblica amministrazione resistente a pagare in favore della ricorrente le spese di lite che si liquidano in complessivi euro 4981,07. di cui euro 4151,8 per onorari ed euro 829,27 per diritti.
Treviso, li 13 gennaio 2012
II Giudice
dott. Massimo Galli