Collaboratore scolastico preserva la sua carriera: azione disciplinare intrapresa avverso il personale Ata per i servizi paritari dichiarati in domanda, a seguito di un procedimento penale avviato contro i titolari dell’istituto scolastico paritario

QUESTA È STATA L’ACCURATA DIFESA, PORTATA AVANTI DALLO STUDIO LEGALE ESPOSITO SANTONICOLA.

 

I FATTI OGGETTO DI CONTESTAZIONE

Con la presentazione delle domande per l’inserimento nelle graduatorie ATA di terza fascia per il triennio 2018-2021, molti collaboratori scolastici hanno indicato i periodi di servizio svolti presso scuole paritarie. Questi periodi sono stati convertiti in punteggio, utili sia per la stipula dei contratti annuali sia per il raggiungimento dei ’24 mesi’ richiesti per l’inserimento nelle graduatorie permanenti, funzionali all’immissione in ruolo.

Tuttavia, a seguito di indagini penali, è stato emesso un provvedimento cautelare nei confronti dei titolari di alcune scuole paritarie, accusati di aver rilasciato certificati di servizio ‘non veritieri’ ai collaboratori ATA.

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, insieme alle sue diramazioni periferiche, è stato informato e ha identificato i collaboratori scolastici che avevano indicato ‘periodi di servizio paritario’ nelle loro domande di inserimento o aggiornamento nelle graduatorie ATA. Di conseguenza, è stato disposto un controllo approfondito delle dichiarazioni dei ‘servizi paritari presumibilmente fittizi’, al fine di valutare se i collaboratori avessero ottenuto un punteggio maggiore in modo illecito.

In seguito a questo controllo, alcuni collaboratori a tempo indeterminato sono stati sottoposti a procedimenti disciplinari che puntavano al licenziamento senza preavviso. Altri collaboratori precari sono stati esclusi dalle graduatorie per ‘dichiarazioni false’, perdendo i punteggi ‘accumulati per i servizi nel frattempo prestati’, a partire dall’anno scolastico 2018/19.

 

L’ARTICOLATA MEMORIA DIFENSIVA DEGLI AVVOCATI ESPOSITO SANTONICOLA

Assumendo la difesa di alcune posizioni con una memoria difensiva articolata, ultimamente inviata al Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto (A.T. di Vicenza), gli avvocati Aldo Esposito e Ciro Santonicola hanno presentato i seguenti argomenti a difesa del loro assistito:

  • In base all’art. 55-ter del D.Lgs 165/2001, nei casi in cui l’accertamento dei fatti addebitati al dipendente sia particolarmente complesso e l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari non disponga di elementi sufficienti per motivare l’applicazione di una sanzione superiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, è possibile sospendere il procedimento disciplinare fino alla conclusione del procedimento penale. L’art. 96 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del comparto scuola per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007 prevede che, nel caso in cui vengano commessi fatti di rilevanza penale durante il servizio, l’amministrazione avvierà sia il procedimento disciplinare che la denuncia penale, ma il procedimento disciplinare sarà sospeso fino alla sentenza definitiva. Analogamente, se l’obbligo di denuncia penale emerge durante un procedimento disciplinare già avviato, anche in quel caso il procedimento disciplinare sarà sospeso.
  • L’art. 7 del D.M. 640/2017 impone ai dirigenti scolastici l’obbligo di effettuare controlli sulle dichiarazioni dei candidati riguardanti i titoli utili per l’accesso e quelli valutabili per l’attribuzione del punteggio nelle graduatorie del personale ATA. Questi controlli devono essere effettuati al momento del primo rapporto di lavoro e devono riguardare tutte le situazioni dichiarate dal candidato nelle diverse graduatorie in cui è inserito. Durante la fase di costituzione delle graduatorie, si fa riferimento esclusivamente ai dati riportati dal candidato nel modulo di domanda per determinare l’inclusione nelle graduatorie richieste e il calcolo del punteggio sulla base dei valori indicati nella tabella di valutazione. Una volta costituite le graduatorie, ai sensi degli articoli 71 e 72 del D.P.R. 445/2000, è necessario effettuare i controlli sulle dichiarazioni dei candidati. Questi controlli devono essere tempestivamente attivati dal dirigente scolastico che assegna la supplenza e devono riguardare tutte le situazioni dichiarate dal candidato nelle diverse graduatorie in cui è inserito. Se i dati dichiarati non vengono convalidati, il dirigente scolastico deve assumere le conseguenti determinazioni, che possono includere l’esclusione o la rideterminazione dei punteggi. Il candidato deve essere informato di tali decisioni, e il dirigente scolastico deve comunicarle anche alle istituzioni scolastiche indicate dal candidato nel modulo D3. Se la convalida dei dati è positiva, il dirigente scolastico che gestisce il primo rapporto di lavoro deve comunicare alle altre scuole interessate l’avvenuta verifica e convalida dei dati. È evidente che, nel caso in esame, il lungo periodo di tempo trascorso tra la stipula del primo contratto e l’emissione dell’avviso di contestazione disciplinare indica un grave inadempimento da parte dell’Amministrazione scolastica. Il termine “tempestivamente” indicato dalla normativa non fornisce un periodo di tempo specifico, tuttavia, nei procedimenti amministrativi tra la Pubblica Amministrazione e il cittadino, la durata è disciplinata dalla legge 69/2009. Pertanto, i controlli dovrebbero essere effettuati entro i canonici 30 giorni dalla data di assunzione in servizio. Il lungo periodo di tempo trascorso tra la prima supplenza (settembre 2018) e l’avviso disciplinare ( /02/2023) rende illegittimo il comportamento dell’Amministrazione.
  • L’art. 21-nonies della legge n. 241/90, come modificato dalla Legge 7 agosto 2015 n. 124 (c.d. Riforma Madia), stabilisce che un provvedimento amministrativo illegittimo, ad eccezione di alcuni casi specifici, può essere annullato d’ufficio entro un termine ragionevole, non superiore a diciotto mesi dalla sua adozione, qualora sussistano ragioni di interesse pubblico. Tale annullamento può essere effettuato dall’organo che ha emesso il provvedimento o da un altro organo previsto dalla legge. Inoltre, il comma 3 dello stesso articolo stabilisce che i provvedimenti amministrativi basati su false rappresentazioni dei fatti o su dichiarazioni false o mendaci possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi, se queste condotte costituiscono reato e sono state accertate con sentenza passata in giudicato. La ragione dietro l’introduzione del termine di diciotto mesi per l’annullamento d’ufficio è che il legislatore ha voluto innovare la tradizionale regola che affidava alla discrezionalità amministrativa, nel rispetto del canone di “ragionevolezza” (soggetto a controllo giurisdizionale), la gestione del limite temporale per l’avvio dei procedimenti di riesame di secondo grado. Ora, invece, si stabilisce un limite temporale preciso che prevale in modo astratto e generale sugli interessi in conflitto. Tuttavia, l’amministrazione può ancora riesaminare le proprie azioni se violano il paradigma normativo di riferimento, ma con il limite temporale preclusivo di diciotto mesi, oltre il quale si presume (con insuperabile presunzione) che le legittime aspettative private prevalgano, soprattutto quando il privato ha basato le proprie scelte su facoltà giuridiche già acquisite o ha ottenuto vantaggi o sostegni finanziari che influenzano la programmazione della propria attività economica. Nel caso specifico dell’Istituto Comprensivo Statale in questione, una volta effettuati i controlli previsti dall’art. 7 del DM 640/2017, è stato rilasciato un certificato protocollato (allegato n.1) che ha convalidato il punteggio di 14,30 per il profilo di Collaboratore Scolastico nella graduatoria di terza fascia ATA per il triennio 2018/2021. Questo provvedimento ha permesso all’aspirante supplente di lavorare nel suddetto triennio e di accumulare il relativo punteggio giuridico. È importante precisare che nel presente caso non sembra applicabile la disposizione dell’art. 21-nonies della legge n. 241/90, comma 3, secondo cui il termine di 18 mesi può essere superato solo in caso di condotte del privato che siano state condannate penalmente e accertate con una sentenza passata in giudicato. Tale termine può essere superato esclusivamente in presenza di “false rappresentazioni dei fatti o dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci, derivanti da condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato”. Tuttavia, è essenziale sottolineare che il dipendente non ha fornito dichiarazioni mendaci e non è nemmeno sotto indagine. Infatti, il procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica è diretto verso i titolari dell’istituto scolastico paritario, non verso il dipendente in questione.
  • Dall’analisi dell’avviso con protocollo n… risulta che gli addebiti disciplinari concernono la presunta mancata accettazione del servizio prestato dal signor B. presso l’Istituto paritario…di… nel periodo che va dal…09.2016 al …08.2017. Tale servizio è stato indicato nella domanda di inserimento nelle graduatorie di terza fascia del personale ATA nella provincia di Vicenza per il triennio 2018/2021. Tuttavia, diversi documenti dimostrano che il signor … ha effettivamente prestato servizio regolare come Collaboratore Scolastico presso l’Istituto paritario in questione. Questi documenti includono il certificato di servizio (allegato n.2), la Comunicazione Obbligatoria UNILAV della Regione Campania (allegato n.3), i cedolini delle retribuzioni percepite (allegato n.4), la Certificazione Unica 2017 (allegato n.5) e l’estratto contributivo INPS (allegato n.6). L’Istituto Comprensivo Statale ….di … (VI), dopo aver effettuato i controlli previsti dall’art. 7 del DM 640/2017, ha convalidato il punteggio di 14,30 per il profilo di Collaboratore Scolastico. È fondamentale sottolineare che, al momento della presentazione della domanda di inserimento, l’aspirante supplente non ha rilasciato dichiarazioni false o mendaci, indicando accuratamente i periodi di servizio presso l’Istituto paritario. Eventuali problemi legati all’operato dell’Istituto paritario dovrebbero essere affrontati e risolti direttamente da quest’ultimo, in base a dati amministrativi che solo l’ente stesso può conoscere. Il principio dell’auto-responsabilità della persona che presenta la dichiarazione non sembra applicabile in questa situazione, poiché tale principio può essere invocato solo per circostanze che rientrano nella sfera di conoscenza diretta dell’interessato. Questo non è il caso presente. Infatti, solo adesso, a oltre cinque anni dalla conclusione del rapporto di lavoro presso l’Istituto paritario, il Collaboratore Scolastico è stato informato della presunta non validità dei titoli di servizio menzionati, a causa di questioni amministrative che non era tenuto a conoscere. Né l’Istituto in questione, né l’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, responsabile della verifica della legittimità delle scuole paritarie, hanno mai comunicato all’interessato alcuna informazione sulla validità del servizio svolto. Non sono stati adottati atti di revoca o annullamento fino ad oggi. Pertanto, la dichiarazione contenuta nella domanda di inserimento risulta veritiera, poiché la questione riguardante la validità del servizio paritario rappresenta un’ulteriore e distinta questione amministrativa.
  • Anche nel caso in cui si consideri come non valido il titolo di servizio dichiarato, l’Amministrazione dovrebbe comunque tener conto della buona fede del richiedente, valutando l’incolpevole affidamento riposto nella validità del titolo di servizio. Un caso analogo è stato esaminato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3787/2016 (allegato n.7), in cui è stata riconosciuta la laurea di un ricorrente che si era laureato presso l’Università Statale di Milano, basandosi su un diploma di maturità successivamente rivelatosi non valido. Secondo il Consiglio di Stato, dal quadro dei fatti emergeva chiaramente che lo studente era completamente all’oscuro dell’invalidità del suo titolo di studio, essendo stato una “vittima inconsapevole di reati commessi a suo danno”. Pertanto, vista l’assenza dell’elemento soggettivo di falsità nell’autodichiarazione, veniva meno il presupposto per l’emanazione di un provvedimento di autotutela da parte dell’Università.
  • Anche senza considerare il punteggio derivante dal servizio paritario, il ricorrente avrebbe comunque svolto servizio come Collaboratore Scolastico nel triennio 2018/2021. Si fa riferimento a una tabella che indica i punteggi minimi necessari per essere convocati per l’assegnazione di una supplenza nell’Ambito Territoriale di Vicenza nel triennio 2018/2021. Da tale tabella risulta che un punteggio di almeno 8,20 è richiesto per il profilo di Collaboratore Scolastico. Si suggerisce all’Amministrazione scolastica di verificare se, effettivamente, i trenta istituti scolastici della provincia di Vicenza, indicati dal ricorrente nella domanda di inserimento nelle graduatorie ATA di terza fascia per il triennio 2018/2021, abbiano stipulato contratti di lavoro a tempo determinato con Collaboratori Scolastici che avevano un punteggio pari o inferiore a 11,30. La giurisprudenza della Corte di Cassazione stabilisce che la falsa dichiarazione o la produzione di documenti falsi in occasione dell’accesso al pubblico impiego può comportare la decadenza o la risoluzione del contratto solo se l’infedeltà determina l’assenza di un requisito che avrebbe impedito l’instaurazione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione. Pertanto, nel caso in cui l’assunzione si sarebbe verificata anche senza la falsa dichiarazione, la decadenza non si applicherebbe. Se la dichiarazione relativa ai titoli di servizio paritario non abbia effettivamente comportato alcun vantaggio al lavoratore nel diritto di accedere ai contratti di lavoro a tempo determinato per il raggiungimento dei 24 mesi di servizio statale, si potrebbe sostenere che non sia stata violata alcuna norma o principio che giustifichi un licenziamento.

In definitiva, l’illegittimità del licenziamento deriva dalla circostanza che la dichiarazione ritenuta falsa non ha influenzato l’idoneità o la capacità di ottenere il lavoro.

 

LA RISPOSTA DELL’ORGANO DISCIPLINARE

Avendo letto le deduzioni dei legali, il Dirigente Responsabile UPD, operante presso l’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto (UFFICIO VIII – AMBITO TERRITORIALE DI VICENZA), ha disposto, in data 21.06.2023, con soddisfazione dei legali e del dipendente, la sospensione del procedimento disciplinare.