Condanna civile per un caso di “straining”

Si segnala una esemplare sentenza emessa dal Tribunale di Gela – Sezione Civile-Lavoro – su un caso di “straining”.

Si tratta del recentissimo pronunciamento N. R.G. 1127/2017, reso dal Tribunale di Gela in data 18 settembre 2023, che accogliendo la richiesta di “risarcimento del danno da mobbing e demansionamento e l’illegittimità della sanzione disciplinare dell’avvertimento scritto irrogata” contro il Ministero dell’Istruzione e del Merito, nella persona del Ministro pro tempore  e del Dirigente Scolastico prof. XXXXX XXXXX, all’epoca dei fatti, risalenti all’a.s. 2015/2016, Dirigente Scolastico del XXXXX e attualmente in servizio presso XXXXX,  promossa dall’insegnante XXXXXXX XXXXXXX, assistita dagli avvocati Pietro Sciortino e Salvatore Arancio, condanna i resistenti, in solido, al risarcimento del danno alla ricorrente e alla corresponsione delle relative spese legali.

Il Giudice del Lavoro pur riconoscendo che “… risulta non essere stata provata una condotta di mobbing, quindi un atteggiamento persecutorio di carattere sistematico posto in essere da XXXXXXX. …, … Tuttavia, dall’elencazione delle condotte imputate al dirigente scolastico, è possibile individuare una serie di atti sequenziali del dirigente scolastico che, per modalità e intensità psicologica, è certamente ascrivibile nell’ambito dello straining.”

Infatti, come si legge nella sentenza, “Il giudice di merito, quindi, pur se accerti l’insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare gli episodi in modo da potersi configurare una condotta di mobbing, è tenuto a valutare se, dagli elementi dedotti – per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto – la fattispecie possa essere qualificata come straining. Tale tipologia di condotta illecita, più lieve del mobbing, si configura in presenza di elementi che, per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale evidenziano la creazione, ad opera del datore di lavoro medesimo, di condizioni lavorative stressogene, tali da provocare nel prestatore una modificazione in negativo, costante e permanente, della situazione lavorativa, atta a incidere sul diritto alla salute, costituzionalmente tutelato (Cass. n. 16580/2022)”.

Ed invero, il Giudice di merito, in una delle vicende lamentate dalla ricorrente, relativa alla concessione di un giorno di permesso retribuito e di tre giorni di ferie, protrattasi dal 26 febbraio 2016, data di presentazione della domanda, al 25 maggio 2016, data di irrogazione della sanzione disciplinare, ha dichiarato che “la complessiva condotta del dirigente ha certamente i connotati vessatori denunciati dalla ricorrente”.

Del danno è stato chiamato a risponderne, in via solidale, “il Ministero convenuto, ai sensi dell’art. 2087 c.c., in quanto, colposamente, non è intervenuto per eliminare le condizioni di stress, fonte di danno alla salute della lavoratrice, generato dalla condotta di straining accertata (cfr. ex multis Cass. 19 febbraio 2016, n. 3291)”.

“Per questi motivi, sono stati condannati, quindi, in solido il MIM e il prof. XXXXXX XXXXXX al risarcimento del danno non patrimoniale in favore della ricorrente nella misura di € 10.000,00 oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo; è stata dichiarata illegittima la sanzione disciplinare dell’avvertimento scritto irrogata; è stato rigettato nel resto il ricorso; sono state condannate le parti resistenti, in solido al pagamento, in favore di parte ricorrente delle spese processuali, che si liquidano in complessivi € 9.257,00, per compensi, oltre IVA, CPA e spese forfettarie al 15%, come per legge, oltre € 259,00 per il rimborso delle spese vive.”

Dott.ssa Concetta Amato