Il Consiglio di Stato consiglia di motivare con sentenza le pronunce sulle abilitazioni scientifiche

 

E’ utile dopo le pronunce estive fare il punto in materia di abilitazione scientifica. Il Tar del Lazio continua con numerose Ordinanze cautelari a verificare irregolarità e discrepanze nella attività della Commissione per l’abilitazione scientifica nazionale. Il Consiglio di Stato pur confermando l’orientamento cautelare del Tar del Lazio, con numerose Ordinanze (Cons. St., sez. VI, ord., 23 luglio 2014, n. 3263; id. 16 luglio 2014, n. 3137; 9 luglio 2014, n. 2990; 25 giugno2014, n. 2739) ha messo una sorta di freno e di appoggio alla Amministrazione Universitaria, limitando il senso degli accoglimenti e disponendo nei seguenti termini: “Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie parzialmente l’appello cautelare, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto, in parziale riforma dell’ordinanza impugnata, accoglie la domanda cautelare di primo grado ai soli fini di cui all’art. 55, comma 10, cod. proc. Amm.”.

In realtà in alcuni casi il Tar del Lazio ha potuto verificare che il giudizio di valutazione è stato incredibilmente ripetuto per ogni commissario con identiche parole ed anche identicamente espresso nel giudizio complessivo, tanto da far gravemente dubitare della stessa espressione di valutazione da parte di ciascun commissario, nonché da far dubitare di un reale momento valutativo individuale e/o collettivo, e comunque da rendere impossibile la comprensione dell’iter logico giuridico che ha portato al provvedimento impugnato e, pertanto come minimo, da far ritenere immotivata la determinazione amministrativa, secondo i principi fondamentali della legge n.241/90 e del pubblico concorso.

L’accoglimento delle istanze cautelari in questi casi è fondato sulla evidente gravissima carenza di motivazione, sotto questo profilo si ritiene che la natura specificamente tecnica della attività di ricerca avrebbe ben consigliato una specifica motivazione oppure la richiesta di espressione del parere pro veritate ai sensi dell’art. 16, comma 3, lett. i) L. 240/2010, richiamato anche quale criterio nel verbale n.1 del 1/03/2013 della stessa Commissione.

E’ noto che l’impianto normativo che disciplina la materia è rintracciabile nelle seguenti fonti: D.p.r. 222 del 14 settembre 2011; D.M. n.76 del 7 giugno 2012; art. 16 comma 3, lettera a) b) e c) della L. 240/2010; artt. 4, 6 commi 4 e 5 del D.p.r. n.222/2011; D.D. n.222 del 20 luglio 2012 delibere Anvur 50, 64 e 7 del 2012 e C.M. Miur n.754 dell’11 gennaio 2013.

La Commissione teoricamente ha proceduto coerentemente con le norme stabilendo di: “predeterminare i criteri e parametri per procedere alla valutazione di titoli e pubblicazioni presentati dai candidati; effettuare la ricognizione delle domande presentate ..per poter programmare la propria operatività; procedere alla valutazione delle domande nell’ordine con il quale vengono presentate dal sistema..; esperire progressivamente una pre ricognizione dei titoli e delle pubblicazioni dei concorrenti allo scopo di individuare l’eventuale necessità di acquisire pareri scritti pro veritate da parte di esperti revisori; prevedere un incontro collegiale per la verbalizzazione dei giudizi individuali e la formulazione di quelli collegiali; prevedere un incontro collegiale per il riscontro complessivo degli atti concorsuali, la redazione della relazione riassuntiva dei lavori svolti, ed il successivo inoltro al Miur.”.

Inoltre, con riferimento alle indicazioni di cui al D.M. n.76 del 7/6/2012 artt. 3 e 5, facendo propria l’indicazione del Cun, la Commissione ha stabilito i seguenti criteri di attività valutativa “..per i professori di seconda fascia occorre aver dato contributi originali di rilievo alla ricerca scientifica che vadano oltre quelli ottenuti nel primo periodo di formazione scientifica e che dimostrino una acquisita autonomia come ricercatore creativo, la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche di ciascun candidato alle funzioni di professore di seconda fascia è volta ad accertarne mediante la formazione di un motivato giudizio di merito, la maturità scientifica, intesa come riconoscimento di un positivo livello della qualità e della originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca” .

Il Consiglio di Stato dispone in sostanza che soltanto la fissazione celere del merito e una sentenza potrà far ben giudicare in relazione a questa vicenda particolarmente delicata. Aspettiamo quindi per il prossimo anno che le pronunce cautelari del Tar del Lazio siano confermate, come appare plausibile visti i gravissimi errori commessi dalla P.A..

Avv. Elena Spina