Dress code, PTOF, regolamento d’istituto, e patto educativo di corresponsabilità

Con l’avvicinarsi della stagione calda, puntualmente si riapre sui mass-media la pubblicazione di casi in cui dirigenti scolastici impongono con circolari indicazioni sull’abbigliamento degli studenti, e/o studenti che si presentano a scuola vestiti in modo eccentrico, o non attinente al proprio sesso.

Di per sé il vestiario ha rilevanza penale ai sensi dell’art. 726 c.p., solo in circostanze particolari.

Il bene giuridico protetto dalla norma penale in oggetto è la pubblica decenza, intesa come rispetto delle regole sociali che impongono una certa continenza nell’esprimere il proprio pensiero.

In merito la sentenza della Corte di Cassazione pen. n. 39860/2014 recita:

“Ai fini della integrazione del reato di cui all’art. 726 cod. pen. non è sufficiente che l’agente indossi un abbigliamento trasgressivo e spinto per arrecare offesa alla pubblica decenza, occorrendo invece che lo stesso accompagni all’uso di tali forme di vestiario comportamenti idonei ad offendere concretamente il bene giuridico tutelato, in modo da suscitare nell’uomo medio del tempo presente e in relazione al contesto spazio-temporale della condotta, un senso di riprovazione, disgusto o disagio.”.

In altri termini un abbigliamento succinto, e/o trasgressivo, e/o non normalmente attribuibile al sesso della persona che indossa gli indumenti in oggetto non costituisce offesa alla pubblica decenza, e non ha quindi rilievo penale.

D’altra parte la libertà di pensiero che si estrinseca anche in manifestazioni esteriori come l’abbigliamento, è un diritto costituzionalmente protetto.

Pertanto può un dirigente scolastico emanare una circolare in cui si danno indicazioni sul vestiario con il quale gli studenti devono presentarsi a scuola? Premesso che la circolare dovrebbe riguardare tutti i soggetti che vivono l’ambiente scolastico, la risposta è certamente no, se mancano alcuni passaggi preliminari.

1^ Step.

Il Collegio dei Docenti deve inserire nel piano Triennale dell’Offerta Formativa, quale life-skill, l’area della comunicazione ed interazione personale, evidenziando anche l’importanza dei segnali comunicativi esteriori non verbali, quali quelli connessi all’abbigliamento.

2^ Step.

Il Consiglio di Istituto deve indicare nel Regolamento di Istituto l’abbigliamento non ritenuto consono al contesto scolastico, indicando nel Regolamento di disciplina per gli studenti le sanzioni in caso di inosservanza del Regolamento in oggetto. La potestà regolamentare del Consiglio di Istituto è sancita dall’art. 10, comma 3, lett. a, del d.lgs n. 297/1994, per cui è ben possibile dare indicazione del tipo in oggetto, nel rispetto dei principi dell’azione amministrativa, anche alla luce del fatto che il Consiglio di Istituto è un organo democratico, che rappresenta tutti gli stakeholders interni alla vita di un istituto scolastico.

3^ Step.

Quanto indicato al punto 2 deve essere inserito anche nel Patto educativo di corresponsabilità.

Naturalmente se è vero che l’esempio è la migliore forma di educazione, una regolamentazione in merito dovrà riguardare anche il dirigente scolastico, il personale docente, e il personale ata.

A titolo di esempio si ricorda che il vigente R.D. n. 965/1924, all’art. 15, recita:

Il preside tutela e diffonde la buona riputazione del suo istituto; ogni iniziativa che valga allo scopo è in sua facoltà.”

D’altra parte l’art. 2104 del codice civile, in riferimento al dovere di diligenza del lavoratore, può anche essere riferito all’abbigliamento e allo stato esteriore del prestatore d’opera.

Infine l’art. 10 del DPR n. 62/2013 rimanda al concetto di danno di immagine (anche se in ambito extralavorativo), nel quale può certamente rientrare l’utilizzo di un abbigliamento non congruo alla funzione di dipendente pubblico.

In sintesi una questione di non poco conto, che mette in gioco interessi contrastanti tra la libertà individuale, e comportamenti socialmente ritenuti congrui ai valori e senso del decoro della Società.

Ma, forse più che un problema, un’opportunità di confronto e dialogo educativo, ricordando che occorre riflettere non molto, ma moltissimo, prima di limitare la libertà di espressione di una persona, ed in particolare di uno studente, che però d’altra parte deve imparare a riconoscere e rispettare la “sacralità” di certi ambienti, e la Scuola è uno di questi.

Gianni Paciariello

Presidente dell’Associazione Papa Giovanni Paolo II che tutela i diritti degli studenti, e dirigente scolastico in quiescenza