Il superiore interesse del minore, e gli eventuali contrasti “educativi” tra scuola e famiglia

E’ prassi ormai ricorrente che le Famiglie cerchino di “condizionare” l’attività didattico-educativa dei docenti, così come è altrettanto frequente che gli Istituti scolastici non rispettino i diritti degli studenti, ed in particolare di quelli con bisogni educativi speciali.

Nel primo caso si sfocia a volte anche in episodi violenti (che impongono che il documento di valutazione dei rischi degli Istituti scolastici tenga conto del rischio aggressioni, e delle attività formative in merito, ai sensi del d.lgs n. 81/2008).

Nel secondo caso, “a farne le spese” sono migliaia gli studenti, che per inefficienza e disattenzione della Comunità Scolastica, rischiano di far parte del fenomeno della dispersione scolastica, e dell’insuccesso scolastico.

A titolo di esempio, l’Associazione Italiana Dislessia scriveva:

Bologna, 03 maggio 2021 – Sono sempre più numerose le segnalazioni di pesanti violazioni ai danni dei ragazzi e delle ragazze con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, che giungono ad Associazione Italiana Dislessia attraverso le sezioni provinciali sparse su tutto il territorio nazionale, e diversi studi legali. Oltre ad affrontare i problemi legati alla didattica a distanza, questi studenti vedono calpestati i diritti che ormai da un decennio sembravano essere tutelati dalla Legge n. 170/2010, la prima normativa a riconoscere, in Italia, i DSA in ambito scolastico. Molti degli strumenti che sono stati concordati a inizio anno scolastico nei Piani Didattici Personalizzati (PDP) si sono infranti davanti al muro di supposte esigenze organizzative di troppe istituzioni scolastiche, con il risultato che le misure e gli strumenti che avrebbero dovuto consentire di vivere con serenità il proprio percorso scolastico, di compensare adeguatamente le proprie difficoltà, di vivere un processo valutativo equo e inclusivo, sono venuti progressivamente a mancare con il procedere dell’anno scolastico.”

Forse alcuni episodi di forte contrasto nascono tra famiglie e scuola a causa di una cultura dei diritti, espressa in modo inappropriato e prepotente, ma certamente altri nascono da gravi inadempienze degli Istituti scolastici.

All’interno dei citati contrasti, di qualsiasi natura essi siano, la guida di condotta degli Istituti scolastici deve essere il principio giuridico dell’ “interesse superiore del minore”.

Tale principio è stato sancito per la prima volta dalla Carta dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’ONU del 1989 (ratificata dall’Italia con legge n. 176/1991).

L’art. 3 della citata Convenzione recita:

“In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.”

Sempre in merito, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000) recita all’art. 24, comma 2:

“2. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente.”

Pertanto il principio giuridico dell’interesse superiore del minore, è anche un principio dell’ordinamento giuridico nazionale.

Da ciò derivano importantissime conseguenze per gli Istituti scolastici, che per natura funzionale sono gli Enti pubblici a maggiore contatto con i minori.

In merito occorre ricordare preliminarmente alcune questioni:

  1. la libertà di insegnamento dei docenti, è vincolata dalla programmazione didattica, dalle metodologie didattiche, e dai criteri di valutazione deliberati dagli Organi collegiali competenti;
  2. il Consiglio di Istituto che delibera il Piano Triennale dell’Offerta Formativa, il Patto educativo di corresponsabilità, il Regolamento d’Istituto, e la Carta dei Servizi, è l’Organo democratico per eccellenza, in quanto rappresenta tutte le componenti della Comunità Scolastica;
  3. il potere normativo dell’Istituto scolastico, è subordinato alle norme di rango superiore;
  4. il progetto didattico-educativo della famiglia degli studenti minorenni, non è preminente, in ambito scolastico, rispetto al progetto didattico-educativo dell’Istituto scolastico, e alla sua programmazione ed impostazione metodologica; detto in altri termini non è prevista la “Scuola on demand”.

Tanto premesso, tutte le componenti dell’Istituto scolastico sono tenute a rispettare la normativa scolastica, e quanto deliberato dagli Organi collegiali.

Ma il piano triennale dell’offerta formativa, il patto educativo di corresponsabilità, il regolamento di istituto, e la carta dei servizi, oltre ovviamente alla vigente normativa scolastica, costituiscono anche la “barriera difensiva” nei confronti di ogni pretesa delle Famiglie, non conforme ad essi.

A monte l’Istituto scolastico deve sempre agire per il superiore interesse del minore, o più in generale dello studente.

Per cui, a titolo di esempio, se una famiglia si rifiuta di richiedere e/o firmare il Piano Educativo Individualizzato, o il Piano Didattico Personalizzato per il proprio figlio/a minorenne, ciò non esime l’Istituto scolastico dall’attivarsi in merito e di applicarli, e se del caso di contattare i servizi sociali del Comune di riferimento, o l’Autorità Giudiziaria competente.

D’altra parte si ricorda che la dolosa mancata applicazione di quanto previsto dai predetti documenti, e dalla normativa scolastica da parte dell’Istituto scolastico, può configurare vari tipi di responsabilità, compresa quella penale per reati quali, a titolo di esempio, l’omissione di atti di ufficio (art. 328 c.p.), e maltrattamenti (art. 572 c.p.).

In sintesi, l’Istituto scolastico deve favorire la collaborazione e la condivisione didattico-educativa con le Famiglie, ma le decisioni devono essere prese esclusivamente in riferimento ai citati documenti e alla vigente normativa scolastica, nel pieno rispetto del principio giuridico dell’interesse superiore del minore.

Se l’insoddisfazione non dipende da inadempienze dell’Istituto scolastico, la Famiglia potrà trasferire il proprio figlio in altra scuola con un piano triennale dell’offerta formativa più gradito; di certo l’Istituto scolastico non ha alcun obbligo di dare seguito a pretese infondate in diritto.

Se invece l’insoddisfazione è dovuta ad inadempienze dell’Istituto scolastico, le Famiglie hanno il diritto/dovere civico di segnalarle e di avere risposte in merito, interessando, in caso di mancata o insoddisfacente risposta da parte dell’Istituto scolastico, l’Ufficio Scolastico Regionale e/o il Ministero.

In merito si ricorda che la Carta dei Servizi e la sezione Amministrazione Trasparente di ogni sito scolastico, devono indicare, ai sensi del d.lgs n. 33/2013, gli Uffici e i Responsabili ai quali rivolgere i propri reclami, segnalazioni e richieste, con l’indicazione delle modalità e della modulistica.

L’esercizio dei propri diritti dovrà ovviamente avvenire nel rispetto della legge e delle regole della convivenza civile, ricordando che il dirigente scolastico e i docenti (per acclarata giurisprudenza) sono pubblici ufficiali, qualifica che aggrava la responsabilità penale di chi adotta nei loro confronti comportamenti minacciosi e/o violenti.

Giovanni Paciariello, dirigente scolastico in pensione, Presidente dell’Associazione Papa Giovanni Paolo II, che opera a tutela dei diritti degli studenti.