Scuola: permessi retribuiti per motivi personali, illegittimo il diniego del dirigente scolastico e temeraria la resistenza in giudizio del Ministero dell’Istruzione

Il Tribunale di Gela, Sezione Lavoro, con sentenza n. 123/2023, accoglie il ricorso di un insegnante cui era stata negata la concessione del permesso previsto dall’art. 15, comma 2 del CCNL, annullando la sanzione disciplinare irrogata.

Un insegnate aveva regolarmente richiesto la concessione di un giorno di permesso retribuito al proprio dirigente scolastico, il quale illegittimamente negava la concessione del permesso ed irrogava al docente, che si era comunque assentato, una sanzione disciplinare.

Il Tribunale di Gela, ha accolto il ricorso formulato dal nostro studio legale avverso l’irrogata sanzione disciplinare e ha, altresì, condannato il Ministero dell’Istruzione al pagamento di una somma per lite temeraria, avendo lo stesso resistito in giudizio a fronte di una palese violazione delle norme.

Il Giudice del Lavoro ha cosi motivato: ” Emerge che i docenti dipendenti del Ministero dell’Istruzione, possano godere, oltre dei tre giorni di permesso retribuito, di ulteriori sei giorni di ferie, con le stesse modalità e termini previsti per i permessi retribuiti. Ne discende che, in presenza di esigenze personali o familiare documentate – anche attraverso autocertificazione – la fruizione dei sei gironi di ferie non è subordinata ad alcuna scelta discrezionale dell’amministrazione datrice di lavoro, dovendosi riconoscere “a domanda” del docente.

Appare evidente dunque l’illegittimità della sanzione irrogata in quanto, ad onta delle affermazioni contenute nella contestazione di addebito, il docente non era tenuto a dare avviso della fruizione del giorno di ferie nell’affermato termine di tre giorni (per vero non previsto da alcuna norma né negoziale, né regolamentare) e nemmeno la sua concessione era subordinata alla discrezionalità dell’amministrazione convenuta, che non poteva, in aderenza alle disposizioni citate, sindacare sulle ragioni della richiesta né sulla possibilità di sostituzione dell’assente con altro docente.“.

Ancor più incisivo appare il passaggio in cui si condanna il Ministero al pagamento di una somma a titolo di risarcimento per lite temeraria: “La resistenza in giudizio del Ministero convenuto integra, altresì, l’ipotesi di responsabilità aggravata di cui all’art. 96 co. 3 c.p.c. (…) E’ stato evidenziato al precedente punto di motivazione come parte resistente, nonostante un chiarissimo quadro della normativa negoziale, il cui dettato non necessita di complicate interpretazioni, abbia irrogato la sanzione disciplinare.

Il Ministero, invece, piuttosto che prendere atto dell’errate conclusioni del Dirigente scolastico, annullando in autotutela la determinazione in oggetto, con un sicuro risparmio anche per le casse dell’ente delle spese di giudizio, ha scelto di resistere in giudizio.

In tal senso, le difese odierne si palesano tautologiche, in quanto l’amministrazione si è limitata a sostenere la legittimità della condotta sanzionatoria senza aggiungere alcun elemento nuovo alla vicenda oggetto di esame, né in punto di fatto che di diritto.

Stando così le cose, la sanzione a tale titolo irrogata deve ritenersi finalizzata all’assolvimento di due obiettivi. In primo luogo, mira a sensibilizzare la pubblica amministrazione resistente ad assumere le proprie determinazioni con maggiore accortezza. In secondo luogo, serve a porre in luce come la risorsa giustizia non sia inesauribile e che sia auspicabile come, nell’ottica deflattiva per cui è pensata la norma oggetto di applicazione, l’autorità giudiziaria sia impegnata solo in ipotesi realmente controverse“

Avv. Simone Morgana