Considerazioni sulla responsabilità disciplinare del personale docente e sul potere sanzionatorio del Dirigente Scolastico alla luce della recente Ordinanza della Corte di Cassazione n. 28111 del 30.10.2019

di Giuseppe Sabbatella, avvocato del foro di Napoli specializzato in diritto del lavoro e diritto scolastico.

Premessa

La materia disciplinare nel pubblico impiego è regolamentata da una serie di fonti stratificatesi nel tempo tanto di rango legislativo – in particolare il D.lgs 165 del 2001 –  che di rango contrattuale – la contrattazione collettiva relativa ai singoli comparti –  che rendono il quadro giuridico di riferimento molto articolato e complesso.

Senza dilungarci in questa sede sulle riforme succedutesi negli anni che hanno spostato il baricentro prima a favore della legge (riforma Brunetta), poi a favore della contrattazione collettiva (riforma Madia), con questo breve contributo ci proponiamo di analizzare le peculiarità della normativa applicabile in materia scolastica con specifico riferimento al personale docente.

I regimi disciplinari nel comparto scuola

Come è noto, l’organizzazione dell’istruzione e la disciplina del personale scolastico sono da sempre oggetto di disposizioni di carattere speciale.

Tale specialità si ripercuote anche sull’azione disciplinare, con particolare riferimento al personale docente, in virtù della peculiare e delicata funzione educativa che questi è chiamato a svolgere.

Il nuovo CCNL 2016-2018 per il comparto Istruzione e Ricerca, infatti,  differenzia il personale ATA, per il quale detta disposizioni in materia di responsabilità disciplinare (artt. 10-17) dal personale docente, per il quale rinvia ad una specifica sessione negoziale la definizione della tipologia delle infrazioni e delle sanzioni, nonché l’individuazione di una specifica procedura di conciliazione non obbligatoria (art. 29).

La sessione, che si doveva concludere entro il mese di luglio 2018, è attualmente in fase di stallo. Nelle more della sessione negoziale, per effetto della esplicita disposizione del terzo comma dell’art. 29, rimane fermo quanto stabilito dal Capo IV Disciplina, Sezione I, Sanzioni Disciplinari del D.Lgs. n. 297/1994.

Pertanto, per quanto concerne il personale docente, poiché l’intervento riformatore avutosi con la legge Madia (D.lgs 75/17) ha toccato il procedimento di irrogazione, ma non anche le condotte da considerare illecite e le sanzioni, queste continuano ad essere regolate dalla legge previgente.

Tenendo presente questo aspetto è possibile operare il presente discrimen circa le fonti della responsabilità disciplinare:

  • Per il personale ATA la fonte principale è individuabile nel CCNL oltre alle norme della riforma Brunetta e della riforma Madia espressamente qualificate come imperative, ossia non derogabili dalla contrattazione collettiva;
  • Per il personale Docente dal T.U. istruzione (D.lgs. 297/1994) che rappresenta la fonte principale per le sanzioni disciplinari in quanto l’art. 29 CCNL comparto istruzione e ricerca espressamente testualmente dispone che per il personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado, continuano ad applicarsi le norme di cui al Titolo I, Capo IV della parte III del D.lgs. 297/94 nonché dalle norme della riforma Brunetta e della riforma Madia espressamente qualificate come imperative e quindi, come si è detto, non derogabili dalla contrattazione collettiva;

La responsabilità disciplinare dei docenti nella contrattazione collettiva e nelle specifiche fonti di riferimento

Per il personale docente ed educativo, come si è detto, l’art. 29, comma 1, del CCNL 2016-2018, rinvia la definizione della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni ad una successiva sessione negoziale, disponendo però l’immediata introduzione di due nuovi casi di destituzione che si aggiungono a quelli previsti dal Testo Unico istruzione. Essi sono:

  • Atti e comportamenti o molestie a carattere sessuale che riguardano gli studenti affidati alla vigilanza del personale, anche ove non sussista la gravità o la reiterazione;
  • Dichiarazioni false e mandaci che abbiano l’effetto di far conseguire, al personale che la ha rese, un vantaggio nelle procedure di mobilità territoriale o professionale.

Nelle more della sessione negoziale, in materia il CCNL lascia in vigore quanto stabilito dal D.lgs. 297/1994 con le modifiche ad esso apportato in relazione ai suddetti casi di destituzione.

Le sanzioni disciplinari del personale docente sono individuate quindi dal T.U. istruzione (D.lgs. 297/1994) e consistono nella:

  • Censura: è una dichiarazione di biasimo scritta e motivata, che viene inflitta per mancanze non gravi riguardanti i doveri inerenti alla funzione docente o i doveri d’ufficio (art. 493);
  • Sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio: consiste nel divieto di esercitare la funzione docente, con la perdita della retribuzione per il relativo periodo.

A tal proposito, l’art. 494 prevede la sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese per:

  1. a) per atti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione o per gravi negligenze in servizio;
  2. b) per violazione del segreto d’ufficio inerente ad atti o attività non soggetti a pubblicità;
  3. c) per avere omesso di compiere gli atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza.

L’art. 495 invece prevede la più grave sanzione consistente nella sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio da oltre un mese a sei mesi per:

  1. a) nei casi previsti dall’articolo 494 qualora le infrazioni abbiano carattere di particolare gravità;
  2. b) per uso dell’impiego ai fini di interesse personale;
  3. c) per atti in violazione dei propri doveri che pregiudichino il regolare funzionamento della scuola e per concorso negli stessi atti;
  4. d) per abuso di autorità.
  • Sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio per un periodo di sei mesi e utilizzazione – decorso il periodo di sospensione – nello svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente (art. 496) per il compimento di uno o più atti di particolare gravità integranti reati puniti con pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni, per i quali sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna ovvero sentenza di condanna nel giudizio di primo grado confermata in grado di appello, e in ogni altro caso in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici o della sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori. In ogni caso gli atti per i quali è inflitta la sanzione devono essere non conformi ai doveri specifici inerenti alla funzione e denotare l’incompatibilità del soggetto a svolgere i compiti del proprio ufficio nell’esplicazione del rapporto educativo
  • Destituzione: risoluzione del rapporto di pubblico impiego (art. 498) per:
  1. a) per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione;
  2. b) per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie;
  3. c) per illecito uso o distrazione dei beni della scuola o di somme amministrate o tenute in deposito, o per concorso negli stessi fatti o per tolleranza di tali atti commessi da altri operatori della medesima scuola o ufficio, sui quali, in relazione alla funzione, si abbiano compiti di vigilanza;
  4. d) per gravi atti di inottemperanza a disposizioni legittime commessi pubblicamente nell’esercizio delle funzioni, o per concorso negli stessi;
  5. e) per richieste o accettazione di compensi o benefici in relazione ad affari trattati per ragioni di servizio;
  6. f) per gravi abusi di autorità.

Dirigente scolastico, quali competenze nelle sanzioni disciplinari?

Alla luce di quanto affermato, ci si domanda se il Dirigente Scolastico in virtù dei poteri attribuitigli dall’ D. lgs. 165 del 2001 art. 55  comma 9 quater (così come modificato dalla riforma Madia) abbia la competenza ad emettere sanzioni disciplinari superiori alla censura (segnatamente la sospensione dal servizio sino a 10 giorni) ovvero, visto il rinvio della contrattazione collettiva alla vecchia disciplina di cui al T. U. scuola, debba invece limitarsi all’applicazione della mera censura.

La Cass. Civ. Sez. Lavoro, Ord., (ud. 09.07.2019) pubblicata il 31.10.2019, n. 28111 ha affermato il principio di diritto per cui il potere disciplinare di sospensione dei docenti spetta all’ufficio per i procedimenti disciplinari.

Dalla ricostruzione normativa effettuata dai giudici di legittimità circa la disciplina applicabile alla fattispecie in esame – relativa a fatti accaduti prima delle modifiche apportate al D.lgs 165/01 dal D.lgs 75/2017 – Madia) risulta che al personale docente si applicano in base al rinvio operato dall’art. 29 del CCNL Istruzione e Ricerca del 2016-2018.

Ciò posto la Corte, come già espresso in precedenti pronunce, ha affermato che la competenza ad iniziare, istruire e concludere un procedimento disciplinare dev’essere determinata in ragione della sanzione disciplinare come stabilità in astratto, in relazione alla fattispecie legale e contrattuale che viene in rilievo.

Secondo la Suprema Corte è fondamentale individuare in modo univoco e chiaro l’organo competente a prescindere e, comunque, anteriormente rispetto ad uno specifico procedimento disciplinare (Cass. Civ. Sez. Lav. n. 29181 del 2018) perché la corretta determinazione della competenza si riverbera sulle regole procedurali da applicare nelle fasi di contestazione dell’addebito, dell’istruttoria e dell’adozione della sanzione (Cass. Sez. Lav. n. 7177 del 2017).

Per tale motivo il Supremo Collegio ha stabilito che, relativamente al personale docente ed educativo della scuola, poiché le infrazioni di cui all’art. 494, comma 1 del D.lgs. 297/94 lettere a) per atti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione o per gravi negligenze in servizio; b) per violazione del segreto d’ufficio inerente ad atti o attività non soggetti a pubblicità; c) per avere omesso di compiere atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza, la fattispecie legale di riferimento è quella della sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio sino ad un mese per la quale, sussiste unicamente la competenza dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari e non del Dirigente Scolastico, trattandosi di infrazioni punibili con una sanzione più grave rispetto a quella della sospensione dal servizio e della retribuzione per dieci giorni.

Si consideri, inoltre, che seppure l’art. art. 55  comma 9 quater  del D.lgs 165 del 2001 fa riferimento ad un potere dirigenziale  di sospensione sino a dieci giorni, ad oggi non esiste alcun illecito specifico che può essere sanzionato sino a dieci giorni, ma il minimo grado di sospensione che è previsto genericamente, rientra fino ad un mese di sospensione. Pertanto il Dirigente che contesta determinati illeciti disciplinari sanzionabili ai sensi dell’art. 492 Testo Unico Scuola astrattamente continua ad avere un potere sanzionatorio che può arrivare sino ad un mese di sospensione, la cui competenza è dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari e non del Dirigente Scolastico.

Dalla disamina della recente pronuncia è pertanto deducibile il seguente principio di diritto: il potere di sospensione del personale docente, seppure previsto dalla legge quale competenza del dirigente della struttura, risulta tuttavia, in concreto, non esercitabile in quanto non vi è una fattispecie legale o contrattuale a cui poterlo applicare, non potendo il dirigente scolastico  fare una valutazione ex ante della sanzione irrogabile al caso concreto sulla base di valutazioni ipotetiche e discrezionali riguardanti la minore o maggiore gravità dei fatti.