Decreto sviluppo: norma interpretativa o innovativa?

Nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 13-5-2011 è stato pubblicato il Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia).

La versione definitiva differisce dallo schema di decreto pubblicato sul sito del governo, contenente le norme oggetto dei rilievi di cui all’articolo che segue.

Prendiamo pertanto atto della sopravvenuta eliminazione di una disposizione la cui illegittimità era già stata segnalata dagli osservatori più attenti.

(N.d.R.)

 

***

 

Precari: Profili di illegittimità della norma licenziata dal C.d.M.

Decreto sviluppo: norma interpretativa o innovativa?

E’ quanto ci si chiede ad una prima lettura del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 5 maggio 2011.

Mi riferisco in particolare all’art. 9, comma 19, del d.l., che – nel rafforzare il divieto di trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato in attuazione dell’accordo quadro europeo in subiecta materia – introduce un’interpretazione autentica della legge 124/99 (art. 4, comma 14-bis).

Sarà utile riportare il testo della norma “interpretata”:
14-bis. I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie previste dalla presente legge e dall’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n.296, e successive modificazioni».

Secondo la norma interpretativa, invece,
19. Il comma 14-bis dell’articolo 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124 si interpreta nel senso che i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente e Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (ATA), in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, né consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della immissione in ruolo, da attuarsi, sulla base delle graduatorie previste dalle disposizioni vigenti, esclusivamente su posti vacanti e disponibili, previa procedura autorizzatoria di cui all’articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni.

Come si vede, l’inciso relativo alla questione del non riconoscimento dell’anzianità maturata è del tutto estraneo sia al testo che ad ogni possibile interpretazione del medesimo.

Si tratta, dunque, con ogni evidenza, di norma innovativa, piuttosto che interpretativa e – in quanto tale – non suscettibile di applicazione retroattiva.

La giurisprudenza ha da tempo chiarito che perché una norma possa definirsi di interpretazione autentica, non è sufficiente la sua autoqualificazione.
“Affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario che la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente, che non integri il precetto di quest’ultima e, infine, che non adotti un’opzione ermeneutica non desumibile dall’ordinaria esegesi della stessa” (C.d.S., sez. V, 2 luglio 2002, n. 3612); “l’efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell’affidamento dei consociati nella certezza dell’ordinamento giuridico, con la conseguenza dell’illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (Corte Costituzionale 27 novembre 2000, n. 525)”. (Consiglio di Stato – n. 872/2005).

La recente sentenza della Corte Costituzionale sulla vexata quaestio dell’inserimento “a pettine” (n. 41 del 7 febbraio 2001) è tornata sulla questione, ricordando che “per quanto attiene alle norme che pretendono di avere natura meramente interpretativa, la palese erroneità di tale auto-qualificazione (ove queste non si limitino ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto e riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario), potrà costituire un indice di manifesta irragionevolezza (ex plurimis, sentenze n. 234 del 2007, n. 274 del 2006).
“Dal raffronto dei due testi normativi deve escludersi il carattere interpretativo dell’art. 1, comma 4-ter, del d.l. n. 134 del 2009, in quanto esso non individua alcuno dei contenuti normativi plausibilmente ricavabili dalla disposizione oggetto dell’asserita interpretazione”.
“La norma impugnata ha, dunque, una portata innovativa con carattere retroattivo, benché si proponga quale strumento di interpretazione autentica”.
Come si ricorderà, la Suprema Corte, su tali basi, ha decretato l’illegittimità costituzionale della legge per manifesta irragionevolezza.

E’ facile immaginare, pertanto, che l’introduzione della norma citata – lungi dal risolvere la questione del precariato – è destinata ad alimentare ulteriore contenzioso.

Avvocato Francesco Orecchioni