Commento a sentenza TAR Lazio-Roma, sez. I, n. 551/2012
La vicenda giudiziaria trae origine dalla partecipazione ad un concorso per il reclutamento di 134 dirigenti pubblici da destinare, previa frequenza di un ciclo formativo presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione, ad amministrazioni statali. La procedura selettiva – in modo del tutto assimilabile al concorso, in via di svolgimento, per l’assunzione di 2.386 Dirigenti Scolastici – era organizzata attraverso il preventivo superamento di una prova preselettiva e quindi di due prove scritte (un elaborato a carattere teorico ed uno di soluzione di un caso pratico), per il superamento delle quali era previsto il punteggio minimo di 25/35 in ciascuna prova, cui sarebbe seguita la prova orale.
Il ricorrente, non ammesso alla prova orale, aveva impugnato i verbali della commissione esaminatrice del concorso ed il decreto di approvazione della graduatoria lamentando, in particolare, l’insufficienza del giudizio valutativo espresso unicamente attraverso l’attribuzione di un voto numerico e la congruità dei tempi di correzione.
Il TAR Lazio, con sentenza depositata il 17.01.12, respinge le censure evidenziando, quanto al primo motivo del ricorso, che la commissione esaminatrice nelle due prime sedute aveva opportunamente provveduto ad enucleare i criteri di valutazione delle prove scritte ed a predisporre, per ciascuna delle due prove, una “check list” in cui venivano sintetizzati gli elementi su cui avrebbe fondato la valutazione, raggruppati in cinque “campi” (completezza, capacità di analisi, padronanza, originalità, esposizione).
La Corte, rifacendosi a quello che ormai può considerarsi uno ius receptum, richiama la motivazione della sent. n. 913/2011 del Consiglio di Stato, la quale ha confermato che il voto numerico attribuito da una Commissione d’esame nell’ambito di un concorso pubblico esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della Commissione stessa, contenendo in sè la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni (quale principio di economicità amministrativa di valutazione). Stante la preventiva fissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, dei criteri di massima della valutazione, il voto numerico assicura anche la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute e quindi la significatività delle espressioni numeriche del voto sotto il profilo della sufficienza motivazionale.
Solo in caso di mancanza di criteri di massima e precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, si può ritenere illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica.
Inoltre, afferma il TAR richiamando la sent. n. 175/2011 della Corte Costituzionale (che ha dichiarato infondata la questione di legittimità avanzata nei confronti di alcune norme della legge sull’ordinamento della professione forense nella parte in cui consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati agli esami di abilitazione all’esercizio della professione siano motivati con l’attribuzione di un mero punteggio numerico), le esigenze di buon andamento della pubblica amministrazione rendono inesigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un determinato giudizio, “avuto riguardo sia ai tempi entro i quali le operazioni concorsuali o abilitative devono essere portare a compimento, sia al numero dei partecipanti alle prove”.
La sentenza in commento respinge anche il secondo motivo di ricorso, concernente la brevità dei tempi di correzione, assunta come indice di un eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria.
Anche in questo caso appare consolidato in giurisprudenza il principio della non sindacabilità della congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame dei candidati, innanzitutto perché manca una predeterminazione, ad opera di leggi o regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti, in secondo luogo perché non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato.
Si può aggiungere che ridotti tempi di correzione non possono di per sé costituire indice presuntivo di illegittimità dell’operato della commissione esaminatrice, apparendo illogico presumere che un breve tempo di correzione implichi necessariamente, secondo l’id quod plerumque accidit, superficialità ed incompletezza della valutazione operata dalla commissione esaminatrice. Inoltre appare impossibile inferire unicamente dalla brevità dei tempi l’esistenza di vizi di legittimità inficianti la regolarità delle operazioni di correzione.
Poiché la contrastata procedura selettiva, in corso di svolgimento, per l’assunzione di dirigenti scolastici ha già visto fiorire centinaia di ricorsi giurisdizionali avverso la prova preselettiva, appare verosimile ipotizzare che non mancheranno, da parte di eventuali non ammessi alla prova orale, ulteriori tentativi di vincere i concorsi per via giudiziaria anziché per meriti. I principi richiamati dalla sentenza in commento possono pertanto considerarsi un suggerimento per il corretto operare delle commissioni d’esame e un invito ad evitare contenziosi destinati al fallimento.