Tar Veneto – Sentenza n. 1060 del 22 luglio 2014

 

T.A.R. Veneto, Sez. III, sent. n. 1060 del 2014.

 

Esame di Stato – alunni affetti da D.S.A. – mancata ammissione – illegittimità – conseguenze – ammissione cautelare – superamento della prova – riconoscimento del diritto all’attribuzione del credito scolastico –

Con questa interessante pronuncia il Tar Veneto ha statuito che il superamento delle prove scritte ed orali a seguito del provvedimento di ammissione con riserva emesso in sede cautelare comporta il riconoscimento del diritto del ricorrente a vedersi attribuiti “i crediti scolastici mancanti per il punteggio finale utile per la promozione … almeno nella misura dovuta a seguito dell’ammissione all’esame di Stato”.

Commento a cura dell’avvocato Anna Roberta Cavazza

 

Con la sentenza n. 1060/2014 la Terza Sezione del TAR Veneto si è pronunciata sul ricorso di uno studente, frequentante l’ultimo anno di un istituto professionale, il quale aveva impugnato il provvedimento che aveva sancito la sua mancata ammissione all’esame di Stato conclusivo del corso di studi dell’istruzione secondaria superiore.
Il ricorrente, affetto da diagnosticati disturbi specifici di apprendimento (D.S.A.), lamentava di non essere stato ammesso a sostenere la prova per il secondo anno consecutivo e, nello specifico, contestava all’istituto scolastico di non aver predisposto il Piano Didattico Personalizzato (P.D.P.), di non aver applicato nei propri confronti le necessarie misure compensative e dispensative, di aver agito in violazione delle norme in materia di D.S.A. in ambito scolastico e del Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.) ed infine di non aver motivato il giudizio di non ammissione con riferimento alla propria particolare situazione.

E’ opportuno ricordare che gli studenti affetti da D.S.A., secondo le previsioni di cui all’art. 5 L. 8 ottobre 2010 n. 170, “hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari”; al contempo, gli istituti scolastici devono garantire “a) l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate; b) l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere; c) per l’insegnamento delle lingue straniere, l’uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche, ove risulti utile, la possibilità dell’esonero”; tali misure, inoltre, “devono essere sottoposte periodicamente a monitoraggio per valutarne l’efficacia e il raggiungimento degli obiettivi”; infine, a tali studenti devono essere garantite “adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all’università nonché gli esami universitari”.

Con decreto presidenziale pronunciato in sede cautelare il giorno antecedente l’inizio dello svolgimento degli scritti, l’alunno veniva ammesso con riserva a sostenere l’esame e, con l’ausilio delle opportune misure compensative e dispensative, superava tutte le prove. Il TAR Veneto, quindi, ha necessariamente dichiarato il ricorso inammissibile in rito “…ritenuto che, conformemente al consolidato orientamento giurisprudenziale, il superamento dell’esame di Stato, anche se a seguito di ammissione con riserva, comporta la sopravvenuta inammissibilità della causa per carenza di interesse…” (si confrontino, sul punto, Consiglio di Stato, sez. VI, 31/3/2009 n. 1892, in Foro amm. CDS 2009, 3, 866 e, nella giurisprudenza di merito, T.A.R. Catanzaro, sez. II, 6/3/2013 n. 258, in Foro amm. TAR 2013, 3, 1000; T.A.R. Bologna, sez. I, 5/10/2012 n. 614, in Foro amm. TAR 2012, 10, 3097; T.A.R. Roma, sez. III, 21/4/2011 n. 3500, in Foro amm. TAR 2011, 4, 1284).

Il provvedimento in esame si segnala di particolare interesse laddove, pur nel dichiarare l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso, ha al contempo statuito che all’alunno debba essere attribuito il punteggio relativo al credito scolastico necessario per la determinazione del voto finale.

Può non essere superfluo ricordare che il voto finale dell’esame di maturità è determinato dalla somma di diverse voci, alcune direttamente correlate all’esito delle prove d’esame e altre commisurate alla carriera scolastica dello studente. Tra queste, vi è appunto il punteggio relativo al c.d. “credito scolastico”, che viene attribuito dal Consiglio di Classe nel corso dello scrutinio finale di ciascuno degli ultimi tre anni di scuola secondaria superiore e che “esprime la valutazione del grado di preparazione complessiva raggiunta da ciascun alunno nell’anno scolastico in corso, con riguardo al profitto e tenendo in considerazione anche l’assiduità della frequenza scolastica, ivi compresa, per gli istituti ove è previsto, la frequenza dell’area di progetto, l’interesse e l’impegno nella partecipazione al dialogo educativo, alle attività complementari ed integrative ed eventuali crediti formativi” (cfr. art. 11, 2° comma D.P.R. 23 luglio 1998, n. 323).

L’attribuzione del credito scolastico per l’ultimo anno avviene contestualmente alla formulazione del giudizio di ammissione all’esame di Stato. Nella fattispecie in questione, tuttavia, il Consiglio di Classe aveva deliberato di non ammettere all’esame lo studente e pertanto non gli aveva nemmeno assegnato il punteggio corrispondente al credito scolastico. Il ricorrente, quindi, si sarebbe trovato nella condizione non soltanto di non poter conoscere la propria votazione definitiva, se non in seguito all’adempimento spontaneo dell’Istituto; ma anche nella situazione, paradossale, di non raggiungere il punteggio minimo di 60/100, necessario al superamento dell’esame di Stato, pur avendo superato le relative prove.

Per ovviare a tale paradosso, quindi, il TAR ha disposto che l’Istituto assegni allo studente il punteggio relativo al credito scolastico ed ha altresì indicato il parametro di riferimento per tale attribuzione.

Nella sentenza, in particolare, si rileva che la decisione di dichiarare il ricorso inammissibile per carenza sopravvenuta di interesse “non è inficiata dalla circostanza che l’Amministrazione scolastica non abbia attualmente provveduto in via definitiva, in quanto i crediti scolastici mancanti per il punteggio finale utile per la promozione devono comunque essere corrisposti, almeno nella misura dovuta a seguito dell’ammissione all’esame di Stato, essendo questa equipollente al caso, in esame, di superamento delle relative prove di esame”.

In altri termini, la Terza sezione ha ritenuto in primo luogo che, pur in assenza di una determinazione definitiva dell’Istituto in punto di attribuzione del credito scolastico, quest’ultimo è comunque dovuto al ricorrente in una misura almeno equipollente a quella che gli sarebbe spettata, secondo la media scolastica ed i crediti conseguiti nell’ultimo triennio di studi, in sede di ammissione all’esame. Pertanto, il superamento delle prove a seguito di ammissione con riserva è stato considerato, ai fini dell’attribuzione del credito scolastico, equivalente alla deliberazione che il Consiglio di Classe adotta durante lo scrutinio finale dell’ultimo anno, nel corso del quale si formula il giudizio di ammissione all’esame.

Secondariamente, il TAR ha espressamente disposto che l’Istituto debba operare in favore del ricorrente l’attribuzione dei crediti scolastici “mancanti al punteggio finale per la promozione”.

Tale affermazione appare coerente con quanto sostenuto dalla giurisprudenza sopra richiamata, secondo cui l’esito positivo delle prove d’esame a seguito dell’ammissione con riserva “supera” il giudizio negativo originariamente formulato dal Consiglio di Classe. Inoltre, e più specificamente, essa appare sottendere la necessità che lo studente, una volta sostenute con profitto le prove, ottenga effettivamente il bene della vita cui aspira e quindi sia effettivamente posto dall’Istituto in condizione di ottenere almeno il punteggio di 60/100, che sancisce il positivo e definitivo superamento dell’esame di maturità.

La pronuncia in commento, quindi, oltre ad aver implicitamente riconosciuto che le prove d’esame costituiscono il nucleo dell’esame di Stato conclusivo del ciclo d’istruzione superiore, in quanto consentono di saggiare l’effettiva preparazione dell’alunno, sembra avere altresì inteso evitare l’irrazionalità di una situazione, potenzialmente verificabile, in cui un candidato che abbia positivamente superato tali prove si trovi impossibilitato a raggiungere il punteggio minimo soltanto perché non ha un credito scolastico sufficiente.
La decisione, infine, deve essere analizzata alla luce della fattispecie concreta su cui il TAR Veneto è stato chiamato a pronunciarsi.

Il fatto che il Collegio abbia ordinato all’Istituto di attribuire al ricorrente il credito scolastico necessario al raggiungimento del punteggio minimo per il superamento dell’esame va a confermare, sostanzialmente, l’illegittimità dell’originaria deliberazione di non ammissione adottata dal Consiglio di Classe in sede di scrutinio. L’avvenuto superamento delle prove d’esame sostenute con l’ausilio degli strumenti compensativi e dispensativi, infatti, denota con ogni evidenza che se l’Istituto scolastico avesse predisposto tali misure durante l’anno scolastico lo studente avrebbe potuto superare o quantomeno limitare grandemente le proprie difficoltà di apprendimento, potendo così raggiungere una media dei voti tale da consentirgli l’immediata attribuzione del punteggio di credito scolastico adeguato ai risultati didattici raggiunti.