Corte dei Conti (Trentino Alto Adige) – Sentenza n. 29 del 06 settembre 2011

Commissione di atti di violenza sessuale ai danni di studentesse – responsabilità dell’insegnante nei confronti dell’amministrazione scolastica per danno all’immagine e per danno patrimoniale – non sussiste.

 

Sintesi dello svolgimento dei fatti.

Il convenuto, nella sua qualità di insegnante di educazione fisica presso una scuola media della Provincia di Trento, durante le ore di lezione aveva commesso a danno di alcune studentesse reiterati atti di violenza sessuale, aggravata dall’età della vittima inferiore a 14 anni, con violenza ed abuso della sua qualità di insegnante.

Con sentenza del 7.5.2009, il G.U.P. del Tribunale di Trento condanna l’insegnante alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per il reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) continuata (art. 81 c.p.) ed aggravata dall’età delle vittime inferiore a 14 anni (art. 609-ter c.p.) e dall’aver commesso il fatto abusando della propria autorità di insegnante.

Successivamente, la Provincia Autonoma di Trento, a seguito di procedimento disciplinare, commina all’insegnante la sanzione del licenziamento senza preavviso.

Per la Procura regionale della Corte dei conti la condotta dell’insegnante era stata anche causa di danni patrimoniali – il compimento degli atti di violenza sessuale nel corso dell’orario di lavoro aveva interrotto (istantaneamente ma con effetti permanenti) il sinallagma contrattuale tra la retribuzione e la prestazione lavorativa – e di danni non patrimoniali all’immagine per l’amministrazione scolastica.

 

Sintesi delle motivazioni della sentenza.

Va rigettata la domanda di risarcimento del danno all’immagine, poiché presupposto imprescindibile dell’azione di responsabilità amministrativa per danno all’immagine è una sentenza penale irrevocabile di condanna per uno dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, mentre nella concreta fattispecie risulta una sentenza irrevocabile ma per un reato comune di violenza sessuale, benché aggravato dall’abuso della qualità di pubblico ufficiale (di insegnante).

Nella fattispecie, certamente lede in modo diretto il funzionamento e l’immagine della p.a. la violenza sessuale consumata con concussione o abuso di ufficio (l’insegnante che abusa della sua qualità per costringere delle alunne a subire una violenza sessuale); mentre non vi è diretta incidenza sul  funzionamento e l’immagine della p.a. nel caso di violenza sessuale comune, semplicemente aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale (l’insegnante di ginnastica che, violando i suoi doveri di ufficio, approfitta dell’occasione fornita dalle lezioni per toccare delle alunne), caso in cui non si ha un anomalo esercizio della funzione pubblica ma un reato del dipendente pubblico, al limite agevolato o aggravato da tale qualità.

Va rigettata la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, poiché il reato contestato è stato commesso in modo istantaneo e comunque senza interruzione della normale attività lavorativa di insegnamento, onde non vi è stata sottrazione di energie lavorative all’ente; in altri termini, la violazione dei doveri di ufficio ha determinato una prestazione inesatta e danni a terzi ma non danno diretto all’ente, e quindi rileva a fini disciplinari e penali, ma non risarcitori.

 

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