Corte d’Appello di Perugia – Sentenza n. 448 del 03 novembre 2011

Reiterazione contratti a tempo determinato; non sussiste il diritto alla conversione del rapporto o al risarcimento del danno, anche nell’ipotesi di supplenze su organico di diritto.

 

I contratti a termine del settore scolastico, tanto per il personale docente quanto per quello amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), sono disciplinati non già dal D.Lgs n. 368/01, bensì dalle norme speciali dettate in materia, ossia il D.Lgs 16 aprile 1994, n. 297, modificato dalla legge n. 124/99, oltre che da tutte le fonti inte­grative, rappresentate dai contratti collettivi nazionali di lavoro e dai regolamenti ministeriali per le supplenze.

Questo complesso di norme (in particolare, il D.Lgs n. 297/94 e la legge n. 124/99), avente indubbiamente carattere speciale rispetto alla disciplina contenuta nei decreti legislativi n. 165/01 (norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche am­ministrazioni) e 368/01 (disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato), non è stato né abrogato né modificato dall’art. 36, comma l° del testo unico del pubblico impiego.

Lo stesso D.Lgs n. 165, del resto, all’art. 70, comma 8, dopo aver previsto che la disciplina da esso dettata si applica anche al personale della scuola, precisa: “Sono fatte salve le procedure di reclutamento del personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni”.

Nell’ambito del pubblico impiego il divieto di conversione del contratto a ter­mine trova giustificazione nella previsione dell’art. 97, terzo comma Cost., secondo cui “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. La disciplina sulla conversione del contratto a tempo determinato violerebbe, per l’appunto, il principio secondo cui agl’impieghi pubblici si accede mediante concorso, procedura idonea ad assicurare, anche nel reclutamento del personale, il rispetto dei criteri di buon andamento e imparzialità, cui dev’essere informata l’attività della pubblica amministrazione, come pre­vede il primo comma dello stesso art. 97. Il divieto in questione, dunque, poiché è diretto a garantire l’osservanza di un principio di rango costituzionale, non può essere ritenuto incom­patibile con la disciplina in tema di assunzioni a tempo determinato, dettata in via generale dal D.Lgs n. 368/01.

 

La scelta di disciplinare in modo differente le conseguenze della nullità o invalidità della clausola di apposizione del termine di durata al rapporto di lavoro, secondo che il datore sia privato o pubblico, non determina una violazione della disciplina comunitaria, contenuta nella direttiva del Consiglio dell’Unione europea 28 giugno 1999, n. 70, emanata in attuazione dell’accordo quadro sui contratti a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999.

La conversione del rapporto non è prevista come l’unica sanzione possibile dell’illegittima successione di contratti a termine, poiché è rimesso alla legislazione dei singoli Stati membri e alla contrattazione collettiva indi­viduare le condizioni che possono determinare un simile effetto.

Da ciò discende che deve considerarsi legittima una diversificazione normativa che ten­ga conto della specialità del settore del pubblico impiego e salvaguardi i principi generali di rango costituzionale che disciplinano la materia.

I singoli contratti a termine sono stipulati ai sensi di una specifica disposizione legislativa, regolamentare o ministeriale, che contiene in sé l’enuncia­zione delle ragioni organizzative poste a fondamento dell’assunzione a tempo determinato. In sostanza, il legislatore, con una valutazione compiuta ex ante e in via generale e astratta, richiamata per relatìonem in ciascun contratto concluso con il singolo lavoratore, ha esplicitato le ragioni dell’assunzione a termine, diretta a garantire l’erogazione di un servizio pubblico di rilevanza costituzionale.

Pertanto, quand’anche si ritenesse applicabile a questa materia il D.Lgs n. 368/01, si dovrebbe escludere l’illegittimità delle assunzioni per l’omessa indicazione delle ragioni organiz­zative, tecniche e produttive che sono destinate a soddisfare.

Nessun abuso può essere ipotizzato nelle ipotesi di assunzione per la sostituzione di do­centi assente per malattia o altra causa, con diritto alla conservazione del posto, né in quelle di supplenze su organico di fatto, giacché le esigenze che esse soddisfano sono effettivamen­te contingenti e imprevedibili, e tali da far escludere, di per sé, una condotta abusiva.

Anche nel conferimento delle supplenze su organico di diritto da parte dell’amministra­zione scolastica non sembra potersi ravvisare alcun abuso.

Occorre tener presente, anzitutto, che ciascun incarico è svincolato dai precedenti, di cui non costituisce né prosecuzione né proroga, e spesso attiene alla copertura di posti situati in sedi diverse. In secondo luogo, l’amministrazione scolastica – a differenza del datore privato, che può scegliere liberamente il lavoratore con cui stipulare il contratto – ha l’obbligo di at­tenersi alle graduatorie permanenti provinciali, per gl’incarichi su organico di diritto, o, per le supplenze su organico di fatto o temporanee, alle graduatorie interne d’istituto o di circolo. Il supplente chiamato a ricoprire l’incarico, poi, non è “nominato”, bensì è “individuato” se­condo criteri predeterminati, che l’amministrazione è tenuta a rispettare.

È anche da considerare che questa reiterazione rafforza sempre più la posizione del “precario”, il quale, vedendosi attribuire punteggio per ogni periodo di servizio prestato, acquisisce sem­pre maggiori titoli per il conferimento di successivi incarichi.

Il miglioramento del punteggio e l’avanzamento nella graduatoria, inoltre, rilevano anche sotto un altro aspetto. L’assunzione a tempo indeterminato nella scuola avviene, oltre che con l’espletamento di concorsi per esami e titoli, peraltro sempre più sporadico, anche e so­prattutto con il sistema delle immissioni in ruolo, nel quale la selezione dei lavoratori da as­sumere in pianta stabile avviene attingendo alle graduatorie permanenti.

 

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