Cass. n. 4690/2008
(Sentenza inviata dall’Avv. Francesco Orecchioni)
Quando l’amministrazione statale sia stata in giudizio avvalendosi di un proprio dipendente, secondo lo schema di cui all’art. 417 bis c.p.c., la notifica della sentenza ai fini del decorso del termine di impugnazione va effettuata allo stesso dipendente.
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Sentenza n. 4690 del 22 febbraio 2008
(Sezione Lavoro, Presidente G. Ianniruberto, Relatore F. Curcuruto)
B.L.  e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe, tutti appartenenti alla  categoria del personale Amministrativo – Tecnico – e Ausiliario (c.d.  A.T.A) già dipendenti di ente locale, sono stati trasferiti, a decorrere  dal 1 gennaio 2000, in applicazione della L. 3 maggio 1999, n. 124,  art. 8, alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e  della Ricerca.
Il Ministero ha riconosciuto loro solo l’anzianità  equivalente al trattamento economico maturato presso l’ente di  provenienza (c.d. maturato economico).
Essi lo hanno pertanto  convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Grosseto, e ne hanno  chiesto la condanna al pagamento delle differenze retributive derivanti  dal riconoscimento integrale dell’anzianità maturata presso l’ente  locale di provenienza, invocando l’applicazione della L. n. 124 del  1999, art. 8, comma 2, sopra cit., che di tale anzianità garantisce il  riconoscimento “ai fini giuridici ed economici”.
2. Il primo Giudice ha accolto la domanda, con sentenza depositata il 10 aprile 2003.
3. Il Ministero ha impugnato la sentenza con ricorso depositato il 25 febbraio 2004. Gli appellati hanno resistito sollevando eccezione di tardività dell’appello e chiedendo comunque il rigetto del gravame.
4. La Corte d’appello di Firenze, respinta l’eccezione di tardività, ha accolto il gravame.
Nel  pervenire a tale decisione la Corte territoriale, ricordato che  l’Amministrazione era stata rappresentata e difesa nel giudizio di primo  grado da propri dipendenti a norma dell’art. 417 bis c.p.c., ed aveva  eletto domicilio presso il C.S.A. – Centro Servizi Amministrativi (ex  Provveditorato agli studi) di Grosseto, ha ritenuto irrilevante ai fini  del decorso del termine breve per l’impugnazione la notifica della  sentenza fatta il 7 gennaio 2004 presso il CSA, ed invece necessaria, ai  fini anzidetti, la notifica all’Avvocatura dello Stato secondo le  regole del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, comma 2, non derogate  dall’art. 417 bis c.p.c..
Quanto al merito, la Corte territoriale ha  osservato che la cit. L. n. 124 del 1999, art. 8, comma 2, era stato  validamente derogato, in senso peggiorativo, come consentito dal D.Lgs  n. 165 del 2001, art. 2comma 2, dall’Accordo 20 luglio 2000 fra l’ARAN e  le OO. SS, poi recepito nel decreto interministeriale 5 aprile 2001, il  quale, come era incontroverso, riconosceva al personale già dipendente  degli enti locali, transitato alle dipendenze dello Stato nel comparto  scuola, il solo maturato economico, ossìa l’anzianità equivalente al  trattamento economico maturato presso l’ente di provenienza e non  l’intera anzianità di servizio come invece stabilito dalla legge.
5.  I ricorrenti chiedono la cassazione di questa sentenza con ricorso  fondato su due motivi. Il Ministero resiste con controricorso, nel quale  eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancanza dell’esposizione  sommaria dei fatti, richiesta dall’art. 366, comma 1, n. 3, e per  mancata indicazione precisazione del tipo di vizio denunziato.
Il Ministero ha illustrato il controricorso con ampia memoria.
Motivi della decisione
6. Il ricorso è ammissibile. Il fatto rilevante ai fini del decidere emerge dalla complessiva lettura del ricorso. Il tipo di vizio denunziato è palesemente quello di violazione di legge, come risulta esplicitamente nel secondo motivo e, seppur meno immediatamente, nel primo motivo. Con esso i ricorrenti si dolgono della statuizione di tempestività dell’appello, denunziandone il contrasto con l’art. 417 bis c.p.c., che avrebbe dovuto essere applicata quale norma speciale rispetto al R.D. n. 1611 del 1933.
7. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti si dolgono invece del mancato riconoscimento del loro diritto all’inquadramento della L. n. 124 del 1999, ex art. 8, comma 2, erroneamente – a loro avviso- considerato derogabile da fonti sottordinate quali il decreto 5 aprile 2001, per falsa interpretazione del D.Lgs n. 165 del 2001, art. 2, e del D.Lgs n. 80 del 1998.
8.  Per decidere del primo motivo, che ha carattere pregiudiziale, occorre  far riferimento anzitutto all’art. 170 c.p.c., (“Notificazioni e  comunicazioni nel corso del procedimento”) il quale, nel testo  applicabile ratione temporis, non inciso peraltro per questa parte dalla  modifiche apportate dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, dispone al comma  1 che: “Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le  comunicazioni si fanno al procuratore costituito salvo che la legge  disponga altrimenti”, ed al comma 3, che: “Le notificazioni e le  comunicazioni alla parte che si è costituita personalmente sì fanno  nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto”.
Va poi  considerato l’art. 285 c.p.c., (“Modo di notificazione della sentenza”)  il quale dispone a sua volta che: “La notificazione della sentenza, al  fine della decorrenza del termine per l’impugnazione si fa, su istanza  di parte, a norma dell’art. 170, commi 1 e 3”.
Infine, il R.D. n. 30  ottobre 1933, n. 1611, art. 11, (“Approvazione del testo unico delle  leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio  dello Stato e sull’ordinamento dell’avvocatura dello Stato”), inserito  nel capo III di tale tu. ( recante la disciplina della “Citazione in  giudizio delle amministrazioni dello stato ed altre notificazioni alle  stesse”) prescrive che: “Tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto  di opposizione giudiziale, nonchè le opposizioni ad ingiunzione e gli  atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni  amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere  notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l’ufficio  dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’autorità  giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa, nella persona del  Ministro competente.
Ogni altro atto giudiziale e le sentenze devono  essere notificati presso l’ufficio dell’avvocatura dello Stato nel cui  distretto ha sede l’autorità giudiziaria presso cui pende la causa o che  ha pronunciato la sentenza.
Le notificazioni di cui ai comma  precedenti devono essere fatte presso la competente avvocatura dello  Stato a pena di nullità da pronunciarsi anche d’ufficio”.
La  disposizione appena richiamata, come questa Corte ha avuto occasione di  precisare (v. in proposito, nella motivazione, Cass. 28 aprile 1999, n.  4276) costituisce sviluppo della (ed è organicamente collegata con la)  regola fondamentale in materia di rappresentanza e difesa in giudizio  dello Stato, fissata dal cit. R.D. n. 1611 del 1933, art. 1, il cui  testo recita:
“La rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza in  giudizio delle amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad  ordinamento autonomo, spettano all’avvocatura dello Stato. Gli avvocati  dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni  ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi  nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando  che consti della loro qualità”.
Tale regola generale è accompagnata peraltro da ulteriori specificazioni.
L’art.  2 dello stesso testo, formato da due commi, prevede infatti nel primo  che: “Per la rappresentanza delle amministrazioni dello Stato nei  giudizi che si svolgono fuori della sede degli uffici dell’avvocatura  dello Stato, questa ha facoltà di delegare funzionari  dell’amministrazione interessata, esclusi i magistrati dell’ordine  giudiziario, ed in casi eccezionali anche procuratori legali, esercenti  nel circondario dove si svolge il giudizio” e nel comma 2, (aggiunto  dalla L. 10 maggio 1982, n. 271, art. 1) che “L’Avvocatura dello Stato  ha facoltà di conferire – in relazione a particolari accertate esigenze –  la delega di cui al comma 1, del presente articolo a procuratori legali  per quanto concerne lo svolgimento di incombenze di rappresentanza nei  giudizi, civili e amministrativi, che si svolgono nelle sedi degli  uffici dell’Avvocatura generale dello Stato o delle avvocature  distrettuali, relativi a materie riguardanti enti soppressi”  Inoltre,come disposto dal successivo art. 3. “Innanzi alle preture ed  agli uffici di conciliazione le amministrazioni dello Stato possono,  intesa l’avvocatura dello Stato, essere rappresentate dai propri  funzionari che siano per tali riconosciuti”.
A tali prescrizioni di  carattere generale, nelle quali non vi è menzione di specifiche materie  oggetto di controversia, ne è stata ora affiancata una di carattere  particolare con l’art. 417 bis c.p.c., (inserito dal D.Lgs. 31 marzo  1998, n. 80, art. 42, comma 1, e poi modificato, nel comma 3, dal D.Lgs.  29 ottobre 1998, n. 387, art. 19, comma 17).
L’art. cit. (rubricato come “Difesa delle pubbliche amministrazioni”) dispone infatti quanto segue:
1  Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle  pubbliche amministrazioni di cui all’art. 413, comma 5, limitatamente al  giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in  giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti.
2 Per le  amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della  rappresentanza e difesa in giudizio, la disposizione di cui al comma  precedente si applica salvo che l’Avvocatura dello Stato competente per  territorio, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi  notevoli riflessi economici, determini di assumere direttamente la  trattazione della causa dandone immediata comunicazione ai competenti  uffici dell’amministrazione interessata, nonchè al Dipartimento della  funzione pubblica, anche per l’eventuale emanazione di direttive agli  uffici per la gestione del contenzioso del lavoro. In ogni altro caso  l’Avvocatura dello Stato trasmette immediatamente, e comunque non oltre 7  giorni dalla notifica degli atti introduttivi, gli atti stessi ai  competenti uffici dell’amministrazione interessata per gli adempimenti  di cui al comma precedente.
3 Gli enti locali, anche al fine di  realizzare economie di gestione, possono utilizzare le strutture  dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno, alle quali  conferiscono mandato nei limiti di cui al comma 1″.
9. La questione posta dal ricorso, da risolvere sulla base del quadro normativo così individuato, consiste nello stabilire se quando l’amministrazione statale sia stata in giudizio avvalendosi di un proprio dipendente, secondo lo schema di cui all’art. 417 bis c.p.c., la notifica della sentenza ai fini del decorso del termine di impugnazione vada effettuata allo stesso dipendente a norma dell’art. 285 del c.p.c., che, come visto, rinvia in modo specifico a tale fine all’art. 170 commi 1 e 3, ovvero a norma del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, che, come pure s’è visto, impone la notifica di ogni altro atto giudiziale, diverso da quelli di cui al comma 1, e delle sentenze “presso l’ufficio dell’avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria presso cui pende la causa o che ha pronunciato la sentenza”.
10. Sulla questione, non risultano, a quanto consta, precedenti specifici. Possono esser tuttavia utilizzate, previa l’esatta individuazione della loro portata, le numerose decisioni rese da questa Corte in relazione sia alla ipotesi, sopraindicata, cui fanno riferimento al cit. R.D. 1933 del 1611, artt. 2 e 3, che a quella, contemplata nella L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, il quale dispone, nel comma 4, che nei giudizi di opposizione ad ordinanza – ingiunzione “L’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente; l’autorità che ha emesso l’ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati”. Va anche considerato l’orientamento di questa Corte in materia di notifica della sentenza nel processo tributario, a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 2.
11. Secondo un indirizzo ormai consolidato, la notifica, ai fini del decorso dei termini per la sua impugnazione, della sentenza pronunciata in un giudizio nel quale sia parte una amministrazione dello Stato e nel quale l’Avvocatura dello Stato abbia delegato per la rappresentanza della Amministrazione un procuratore legale esercente nel circondario dove si è svolto il giudizio, come consentitole dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 2, comma 1, deve essere effettuata all’Avvocatura dello Stato presso i suoi uffici, secondo il regime dettato dallo stesso R.D. n. 1611 del 1933, art. 11; pertanto la notifica effettuata al procuratore legale delegato è radicalmente nulla, con la conseguente inidoneità di tale notifica a far decorrere il termine breve per l’impugnazione della sentenza e impugnabilità della stessa sentenza entro il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., (Cass. Sez. U, Sentenza 2 maggio 1996, n. 4000; in senso conforme, Cass. 20 ottobre 1997, n. 10298; Id., 18 giugno 1998, n. 6098; Id., 9 ottobre 2000, n. 13448; Id., 25 giugno 2002, n. 9628; Id., 10 dicembre 2004, n. 21127).
12. Diverso è peraltro il  trattamento, fatto dalla giurisprudenza,del caso in cui  l’amministrazione sia stata difesa da un proprio funzionario.
Con  riferimento a tale specifica ipotesi, si è affermato infatti, seppur non  recentemente, che “Le disposizioni in tema di notifiche alle  amministrazioni dello Stato, di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611,  art. 11, modificato dalla L. 25 marzo 1958, n. 260, sono applicabili  soltanto quando l’Amministrazione sia rappresentata e difesa  dall’Avvocatura dello Stato; quando invece l’Amministrazione stessa si  avvalga della facoltà, prevista dall’art. 2 del citato R.D., di farsi  rappresentare in giudizio da un proprio funzionario, per tale  riconosciuto, la notificazione e comunicazione degli atti processuali  deve essere eseguita direttamente e personalmente al funzionario stesso,  unico e legittimo destinatario nella sua qualità di rappresentante  processuale. Ne consegue che la notifica della sentenza di primo grado  eseguita presso tale soggetto è idonea a far decorrere il termine breve  per la proposizione dell’appello. (Cass. 10 dicembre 1991, n. 13330; e  nello stesso senso Cass. 14 marzo 1988, n. 2432).
Sebbene le massime  possano indurre qualche incertezza interpretativa, dal momento che di  facoltà per l’amministrazione di farsi rappresentare da “funzionari per  tali riconosciuti” si parla non nell’art. 2, (che si riferisce ad un  potere non dell’amministrazione ma dell’Avvocatura di delegare  funzionari dell’amministrazione interessata ed eccezionalmente  procuratori legali) ma nel successivo R.D. n. 1611 del 1933, art. 3, il  principio che ne emerge è sostanzialmente chiaro e può esser ricostruito  nel senso che, la norma speciale di cui all’art. 11 del testo unico  cit., in tema di disciplina delle notificazioni e delle comunicazioni  all’Avvocatura dello Stato opera, anche per ciò che attiene alla  notifica della sentenza, nel caso normale in cui quell’ufficio assuma  direttamente la rappresentanza processuale dell’amministrazione  interessata.
Assolutamente pacifico è poi che nel giudizio di  opposizione a sanzione amministrativa della L. n. 689 del 1981, ex art.  23, le previsioni dei commi 2 e 4, di tale norma, laddove  rispettivamente stabiliscono che il decreto di fissazione dell’udienza  di comparizione delle parti debba essere notificato dalla cancelleria,  unitamente al ricorso introduttivo, all’opponente ed all’autorità che ha  emesso l’ordinanza impugnata, e che tali parti possono stare in  giudizio personalmente, potendo l’autorità opposta avvalersi di  funzionari appositamente delegati, allorquando detta autorità sia  un’amministrazione dello Stato, comportano una deroga al comma 1 del  R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, sull’obbligatoria notifica degli atti  introduttivi di giudizio contro le amministrazioni dello Stato  all’Avvocatura dello Stato ed inoltre, allorquando l’autorità opposta  sia rimasta contumace ovvero si sia costituita personalmente (o tramite  funzionario delegato), anche una deroga al comma 2, del suddetto art.  11, che prevede la notificazione degli altri atti giudizi ari e delle  sentenze sempre presso la stessa Avvocatura. Ne consegue che la  notificazione della sentenza che chiude il giudizio di opposizione, ai  fini del decorso del termine breve per l’impugnazione, deve essere  effettuata alla stessa autorità opposta e non presso l’ufficio  dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato,territorialmente competente,  trovando applicazione i principi generali di cui agli artt. 292 e 285  c.p.c., i quali disciplinano anche le controversie in cui sia parte  un’amministrazione dello Stato, in caso di inapplicabilità del predetto  art. 11, (in base a tali principi la Suprema Corte ha dichiarato  inammissibile il ricorso di un’amministrazione statale, la quale,  ancorchè le fosse stato notificata la sentenza impugnata, non aveva  osservato il termine breve per ricorrere), (Cass. Sez. un. 24 agosto  1999, n. 599; conf., fra le altre, Id., 3 agosto 2000, n. 10200; Id., 7  settembre 2001, n. 11481; 17 gennaio 2003, n. 655; Id., 7 luglio 2006,  n. 15596; Id., 19 giugno 2007, n. 14279).
13. Deve infine essere ricordato che la giurisprudenza di legittimità, in base alle analogie riscontrate con il menzionato giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, ha pressochè costantemente interpretato il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 2, (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nella L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 30) nel senso che la notifica della sentenza va effettuata all’ufficio finanziario che ha emesso l’atto impugnato a meno che quest’ultimo non si sia fatto assistere dall’Avvocatura dello Stato( Cass. 3 ottobre 1998, n. 9846; Id., 21 ottobre 1998, n. 10420; Id., 28 ottobre 1998, n. 10752; Id., 28 aprile 1999, n. 4276, cit). Nè qui rileva che tale orientamento sia stato superato dal legislatore,sancendo con la L. 133 del 1999, art. 21, (peraltro dichiarata illegittima da C.Cost. 22/11/2000, n. 525, proprio nella parte in cui estende anche al periodo anteriore alla sua entrata in vigore l’efficacia dell’interpretazione autentica) l’obbligo di interpretare il predetto D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, nel senso che la notifica va effettuata presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato e non presso l’Avvocatura generale, nè presso gli uffici finanziari che hanno emesso gli atti impugnati.
14. La formulazione testuale dell’art. 417 bis c.p.c. rende difficilmente contestabile che il legislatore abbia voluto introdurre con esso una norma che conferisce in generale alle pubbliche amministrazione, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro, la facoltà di stare in giudizio, in primo grado, mediante loro dipendenti, in piena coerenza del resto con quanto dispone l’attuale D.Lgs n. 165 del 2001, art. 12, introdotto anch’esso dallo stesso D.Lgs 31 marzo 1998, n. 80, art. 12, nell’attuazione della delega diretta alla devoluzione al Giudice ordinario delle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, con contestuale previsione di misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso: art. 11, comma 4, lett. g, circa la necessaria organizzazione del contenzioso del lavoro da parte delle amministrazioni pubbliche, nel segno dell'”efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti alle controversie” (così testualmente l’art. 12, cit.).
15. Tale attribuzione, nel  caso delle amministrazioni statali, deve evidentemente tenere conto  dello specifiche esigenza di raccordo con le funzioni di rappresentanza e  difesa dell’ufficio dell’Avvocatura dello Stato. Ad esse il legislatore  ha provveduto con la disposizione in base alla quale la facoltà  attribuita dall’art. 417 bis c.p.c., comma 1, cessa di operare, nei  singoli casi, qualora, il suddetto ufficio determini di assumere  direttamente la trattazione della causa.
Si è quindi alla presenza di  una disposizione che esprime due norme diverse e coordinate, la prima  delle quali conferisce, nella materia all’amministrazione statale, come  ad ogni altra amministrazione pubblica, la facoltà di stare in giudizio  direttamente mentre la seconda limita la facoltà così conferita.
D’altra  parte, nel disegno legislativo, qui piuttosto lontano da entrambe i  modelli di rapporto fra amministrazioni e ufficio dell’Avvocatura  delineati nel cit. R.D. n. 1611 del 1933, artt. 2 e 3, anche la  determinazioni di detto ufficio sono condizionate da valutazioni  correlate al rilievo giuridico o economico della questione. Ciò vuoi  dire che, pur nella discrezionalità inevitabile di siffatti  apprezzamenti, la norma di riferimento si preoccupa di definire in certo  modo gli ambiti rispettivi di intervento dell’amministrazione coinvolta  nella controversia e dell’ufficio cui di regola ne è affidata la  rappresentanza e difesa, differenziandosi anche per tale aspetto dagli  schemi somministrati dal R.D. n. 1611 del 1933.
16. Da ciò che s’è fin qui detto discende che, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione resistente nel controricorso e, soprattutto, nella memoria, pur riccamente argomentata, l’art. 417 bis c.p.c., non può esser ricondotto ad una ipotesi sostanziale di delega dall’Avvocatura dello Stato all’amministrazione, sicchè sono destinate a cadere tutte le argomentazioni che su tale ricostruzione si fondano.
17. Non  pare inoltre che la soluzione del problema nel senso patrocinato dalla  difesa della amministrazione possa derivare dalla circostanza che nel  caso delle controversie di lavoro con la p.a. il ricorso introduttivo  debba esser notificato a norma del cit. R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611,  art. 11, diversamente da quanto avviene in materia di opposizione a  sanzioni amministrative, in materia di contenzioso tributario (D.Lgs n.  546 del 1992 cit.) o di opposizione avverso il decreto di espulsione a  norma del D.Lgs 25 luglio 1998, n. 286.
Una volta qualificata la  fattispecie dell’art. 417 bis come ipotesi di difesa diretta non è dato  comprendere infatti come si possa escludere, quanto alla notifica della  sentenza, l’applicazione delle regole specifiche dettate per tale  ipotesi, in considerazione delle modalità di notificazione dell’atto  introduttivo.
La difesa dell’amministrazione controricorrente sembra  annettere, in definitiva, una valenza sistematica alla circostanza che  l’atto introduttivo sia notificato all’Avvocatura dello Stato, ma tale  valenza è affermata e non dimostrata. Vi sono anzi, ragioni per ritenere  che la soluzione adottata dal legislatore risponda esclusivamente ad  esigenze pratiche.
Al riguardo i lavori preparatori mostrano  anzitutto che nell’originario schema di disegno di legge dalla cui  versione definitiva è scaturita la norma in commento (Schema di D.Lgs.  contenente modificazioni al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, ai sensi  della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 11, comma 4, approvato dal Consiglio  dei Ministri il 10 febbraio 1998) era contenuta, nell’ari 28, una  disposizione esattamente contraria all’attuale art. 417 bis, c.p.c., in  base alla quale il ricorso in controversie di lavoro con i dipendenti  avrebbe dovuto essere “notificato direttamente presso l’amministrazione  destinataria ai sensi dell’art. 144, comma 4, del codice di procedura  civile anche quando trattasi di amministrazione dello Stato”.  Parallelamente, con il successivo art. 29 dello schema, veniva formulato  l’art. 417 bis prevedendosi, per quanto interessa, che le  amministrazioni statali e gli enti pubblici che si avvalgono del  patrocinio dell’Avvocatura dello Stato fossero tenuti a trasmettere  immediatamente copia degli atti introduttivi ai competenti uffici  dell’avvocatura dello Stato, per consentirle l’esercizio del potere di  assumere direttamente la trattazione dellacausa. Orbene, senza  ripercorrere le vicende della discussione parlamentare, basta qui  mettere in rilievo che la soluzione originaria venne poi giudicata  inopportuna e fu quindi mantenuto il regime di notifica degli atti  presso l’Avvocatura per il pericolo che un cospicuo numero di ricorsi  pervenisse a quest’ultima soltanto dopo l’avvio del processo” (v. lavori  della Commissione parlamentare consultiva in ordine all’attuazione  della riforma amministrativa ai sensi della L. 15 marzo 1997, n. 59,  seduta 18 marzo 1998).
La notifica del ricorso a norma del R.D. n.  1611 del 1933, art. 11, è quindi una delle possibili soluzione tecniche  al problema di raccordo di competenze posto dalla previsione normativa  dell’art. 417 bis, comma 1, ma nulla dice di per se circa lo specifico  problema qui esaminato.
18. Resta peraltro da accertare se  l’esplicita limitazione stabilita dall’art. 417 bis c.p.c., che  circoscrive al solo giudizio di primo grado la facoltà per  l’amministrazione di avvalersi di propri dipendenti fornisca, come  affermato dall’amministrazione resistente, argomenti contrari alla  conclusione che la sentenza debba, ai fini del decorso del termine di  impugnazione, esser notificata al dipendente del quale l’amministrazione  si sia avvalsa.
E’ opportuno al riguardo mettere in rilievo come la  giurisprudenza richiamata in precedenza, tanto in riferimento alle  specifiche norme del R.D. n. 1611 del 1933, sopra menzionate, quanto  alle disposizioni della L. n. 689 del 1981, abbia considerato  validamente effettuata la notificazione della sentenza al funzionario  che ha rappresentato l’amministrazione, benchè in entrambe i casi si  tratti di rappresentanza e difesa concernente giudizi di primo o di  unico grado. Va poi osservato che la disposizione concernente le  modalità di notifica della sentenza (art. 285 c.p.c.), è inserita nel  titolo 1 del libro secondo del c.p.c., relativo al giudizio dinanzi al  Tribunale, ossia al modello del giudizio di primo grado, Non rileva  invece che l’art. 326 c.p.c., sulla decorrenza del termine, faccia parte  delle norme sulle impugnazioni. La disposizione in ultimo citata  individua l’inizio di tale decorrenza nella data di notifica della  sentenza ma nulla dice circa le modalità con cui la notifica deve  avvenire. Tali modalità, per contro, trovano disciplina in una  disposizione specifica, che, come rimarcato, fa parte delle regole  tipiche del processo di primo grado.
Inoltre, l’art. 285 c.p.c., è,  in sostanza, diretto a stabilire per la notifica della sentenza modalità  di notifica analoghe a quelle degli atti da notificare nel corso del  procedimento del quale essa costituisce conclusione. Quindi ritenere che  se l’amministrazione è stata in giudizio mediante un proprio dipendente  ex art. 417 bis c.p.c., la sentenza deve esser egualmente notificata  all’Avvocatura dello Stato significa assegnare in questo caso alla  notifica della sentenza modalità diverse da quelle degli atti  endoprocessuali e trattare tale ipotesi ignorandone il tratto  caratteristico, costituito dalla difesa diretta da parte  dell’amministrazione, per assimilarlo al caso, eccezionale, di delega a  procuratore a norma della R.D. n. 1611 del 1933, art. 2. Nè, peraltro,  la norma risultante dalla complessiva considerazione degli artt. 285 e  170 c.p.c., si giustifica in relazione all’attribuzione al procuratore  costituito di poteri che travalicano il l’ambito del primo grado di  giudizio, dato che la valida notifica della sentenza al procuratore  presuppone solo che questi sia stato costituito nel giudizio, senza che  abbia rilievo alcuno l’estensione dei suoi poteri ai gradi successivi.  In sostanza, la qualità di esclusivo destinatario della notifica della  sentenza (con pacifica parallela inidoneità, ai fini del decorso del  termine breve, della notifica fatta alla parte personalmente: v., per  tutte, Cass. 22 novembre 2003, n. 17790) rappresenta un effetto legale  tipico dei poteri attribuiti dalla legge al difensore, nell’ambito del  giudizio cui la sentenza si riferisce.
Quindi, la ricordata  previsione normativa, nell’attribuire all’amministrazione la facoltà di  avvalersi dei propri dipendenti nel giudizio di primo grado va  interpretata nel senso che essa attribuisce in tal modo tutte le  capacità connesse alla qualità di difensore in tale giudizio, ivi  compresa quella di ricevere la notificazione della sentenza ai fini del  decorso del termine di impugnazione, ancorchè tale notificazione si  collochi necessariamente in un momento successivo alla conclusione del  giudizio stesso.
Si tratta di una interpretazione estensiva del  sintagma “giudizio di primo grado” da ritenersi consentita pur  trattandosi di una norma di deroga alla regola generale fissata  dall’art. 1 del RD 1933/1611 ( secondo cui “La rappresentanza, il  patrocinio e l’assistenza in giudizio delle amministrazioni dello Stato,  anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano all’avvocatura  dello Stato”) e agli sviluppi di essa fissati nel successivo art. 11  dello stesso testo(già più volte richiamato). Come, anche di recente,  precisato nelle giurisprudenza di questa Corte, le nonne eccezionali se  non sono suscettibili di interpretazione analogica possono essere  oggetto di interpretazione estensiva la quale costituisce il risultato  di un’operazione logica diretta ad individuare il reale significato e la  portata effettiva della norma, che permette di determinare il suo  esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente  segnato dalla sua formulazione testuale, e di identificare l’effettivo  valore semantico della disposizione, tenendo conto dell’intenzione del  legislatore, e quindi di estendere la “regula juris” a casi non  espressamente previsti dalla norma, ma dalla stessa implicitamente  considerati.(v. fra le più recenti, Cass. 26 agosto 2005, n. 17396).
Nè,  data la diversità della fattispecie, concernente un atto di  introduzione di un successivo grado di giudizio, tale estensione sipone  in contrasto con quanto precisato a proposito dell’art. 417 bis c.p.c.,  dalle Sezioni unite, di questa Corte, le quali con ordinanza 16 gennaio  2007, n. 752, resa in sede di regolamento di giurisdizione, hanno  ritenuto che la validità della notificazione del ricorso per cassazione  all’autorità amministrativa invece che all’Avvocatura dello Stato si  riferisce all’ipotesi eccezionale della L. 24 novembre 1981, n. 689,  art. 23, comma 4, che permette all’autorità (eventualmente organo  periferico) emittente l’atto sanzionatorio impugnato di stare in  giudizio personalmente, avvalendosi di un funzionario delegato; e che,  invece, la stessa conclusione non può essere adottata nell’ipotesi in  cui la pubblica amministrazione, parte del rapporto sostanziale di  lavoro subordinato, stia direttamente e attraverso un proprio dipendente  nel giudizio di primo grado, a norma dell’art. 417 bis c.p.c., dovendo  gli atti dei diversi gradi o fasi del giudizio essere notificati  all’Avvocatura dello Stato (art. 144 c.p.c.).
19. Infine, contro  la conclusione di cui si sta verificando la fondatezza non paiono  condivisibili le considerazioni svolte, in particolare nella memoria,  circa la lesione del diritto di difesa dell’ amministrazione.
Sul  presupposto che la proposizione dell’impugnazione spetta in via  esclusiva agli uffici dell’Avvocatura il controricorrente assume che  solo se il destinatario della notifica coincide con il titolare del  potere di impugnare il diritto di difesa è pienamente garantito.
Viene  poi prospettato, sempre sotto il profilo del vulnus all’art. 24 Cost.,  ed a sostegno di una diversa interpretazione costituzionalmente  conforme, che la violazione del diritto dì difesa sarebbe parimenti  grave nel caso in cui, mancando una sede dell’amministrazione nella  circoscrizione del Giudice adito (ipotesi peraltro quantomeno molto  marginale considerando la regola posta dall’art. 413 c.p.c., comma 5) la  notifica potrebbe esser fatta presso la cancelleria di quest’ultimo con  conseguente materiale impossibilità di conoscenza tempestiva da parte  dell’avvocatura.
20. Nessuno dei riferiti rilievi evoca  conseguenze tali da rendere impossibile o comunque eccessivamente  difficile il diritto di difesa dell’amministrazione.
Essi, in  particolare, non tengono conto che, come già detto, nella prospettiva  del legislatore l’affidamento della difesa all’amministrazione da un  lato si collega con il dovere di assicurare l’efficace svolgimento di  tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti alle  controversie, secondo le vincolanti indicazioni del già richiamato del  D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 12, e dall’altro presuppone che non siano  in gioco questioni di massima o di notevole rilievo economico. E’ facile  desumerne anzitutto che attraverso la notifica al dipendente  l’amministrazione sarà già in grado di effettuare una prima valutazione  sull’opportunità di impugnare, utile anche per l’ufficio che dovrà  provvedervi. Ma, soprattutto, le richiamate necessità organizzative  implicando l’adozione di misure tali da consentire un dialogo costante  fra l’amministrazione stessa e l’Avvocatura dello Stato, che dovrebbe  eliminare alla base ogni preoccupazione circa rallentamenti nello  scambio di informazioni tra i due soggetti.
Quanto alla possibilità  di notifiche presso la cancelleria del giudice adito, è appena il caso  di rilevare che nei doveri del dipendente che ha rappresentato  l’amministrazione senza effettuare (per necessità o per scelta) una  conveniente elezione di domicilio rientra anche quello di vigilare onde  poter acquisire notizia tempestiva delle notifiche fattegli presso la  cancelleria. Anche in tal caso quindi il diritto di difesa non riceve un  “vulnus” dalla norma di cui si tratta ma da eventuali disfunzioni  organizzative, ossia da circostanze che in questa sede non possono avere  rilievo.
21. Può conclusivamente affermarsi pertanto che quando l’amministrazione statale sia stata in giudizio avvalendosi di un proprio dipendente, secondo lo schema di cui all’art. 417 bis c.p.c., la notifica della sentenza ai fini del decorso del termine di impugnazione va effettuata allo stesso dipendente.
22. Sulla base di tale  principio va accolto il primo motivo diricorso con conseguente  assorbimento del secondo. La sentenza deve esser cassata senza rinvio,  dato che il processo non poteva esser proseguito, essendosi formato il  giudicato sulla sentenza di primo grado.
La Corte stima opportuno compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2008
